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Andrà tutto bene? Dal Covid-19 un'opportunità unica per cambiare paradigma

Andrà tutto bene? Dal Covid-19 un'opportunità unica per cambiare paradigma

Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 11/04/2020

DOC-3056. ROMA-ADISTA. La vita ai tempi del coronavirus è, come da molti è stato evidenziato, crisi e opportunità. E, soprattutto, l'occasione, come ha sottolineato la psicologa Francesca Morelli, per imparare la lezione, per «riflettere e impegnarci».

«La crisi sanitaria globale scatenata dal Covid-19 – scrive l'economista Eloi Laurent, docente della Stanford University (Alternatives Économiques, 10/03) – è, alla sua origine, una crisi ambientale»: come altri virus, il Covid-19 è «una patologia della frontiera essere umano-animale» legata all'avanzata distruzione degli ecosistemi, alla conquista della biodiversità e alla mercificazione degli esseri viventi.

E sono diversi gli studi che sottolineano il nesso tra la sua diffusione e l'inquinamento.

Ancora, la pandemia ha mostrato ancora una volta, a livello mondiale, la crudeltà intrinseca del capitalismo, con la sua opzione per il profitto al di sopra della salute dei cittadini. Come scrive Nicoletta Dentico, «uno dei motivi per cui il diritto alla salute subisce così tante violazioni deriva dal fatto di essere un diritto che non vive in isolamento. Si trascina molti altri diritti sociali, in costante attrito con i profitti della finanza e le leggi dell’economia». Compresi, naturalmente i profitti legati all'industria delle armi, come mostra, per esempio, il caso italiano, con lo status privilegiato concesso dal governo all’industria della difesa e delle produzioni militari, autorizzati a decidere autonomamente quali produzioni tenere aperte e quali no. Del resto, come ricorda ancora Dentico, «al contrario della Nato, tutte le strutture dell’Oms create per promuovere un sistema di allerta e risposta immediata sono prive di fondi e dotate di pochissimo personale».

Insomma, evidenziando le contraddizioni del modello neoliberista seguito un po' ovunque nel mondo, la pandemia ha rilanciato il ruolo dello Stato, a partire proprio dalla necessità di investire nella sanità pubblica.

In molti, allora, si chiedono: questa crisi di proporzioni planetarie ci offrirà l'occasione per rinsavire, per cambiare strada, per iniziare la transizione verso un altro paradigma? Le tante forme di solidarietà emerse man mano che l'isolamento sociale è diventato più duro, la creatività che tante persone hanno messo in campo per aiutarsi e per aiutare, il senso di comunità che qua e là è stato ritrovato potrebbero costituire il preludio di un futuro migliore? Oppure, quando la crisi sarà passata, lasciando una scia di morte, di sofferenza e di disoccupazione, tutto tornerà come prima? E, anzi, dopo il rallentamento obbligato del sistema produttivo, economico e finanziario, tutto riprenderà a correre a ritmi ancora più vertiginosi, sacrificando - ancora una volta e in modo ancor più predatorio - le esigenze degli ecosistemi sull'altare della ripresa della crescita economica? Le vittime della pandemia saranno morte invano? Del resto, cosa è stato delle buone intenzioni espresse dopo la crisi finanziaria del 2008, malgrado all'epoca si dicesse che tutto sarebbe cambiato? Gli effetti di quella crisi sono ben noti: i cittadini si sono ulteriormente impoveriti, le disuguaglianze sono aumentate, la fiducia nelle istituzioni ha toccato il punto più basso e sono esplosi i populismi di estrema destra. E la momentanea caduta delle emissioni di gas a effetto serra ha ceduto rapidamente il terreno a un loro successivo aumento accelerato. In tal senso, come evidenzia Jesse Remedios nel National Catholic Reporter (12/3), la pandemia non solo «sta interrompendo negoziati internazionali cruciali» per la lotta al riscaldamento globale, ma potrebbe anche indebolire «la volontà politica pubblica relativa all'azione climatica». Senza contare che, prossegue, se nel 2019 milioni di persone sono scese in strada per protestare contro l'inerzia dei governi, ora quelle stesse persone devono restare in casa per evitare la diffusione del virus. Non è insomma per nulla sicuro che «tutto andrà bene».

Eppure, malgrado tutto questo, non resta che sperare che qualcosa cambi sul serio. Dopotutto la classe politica ha dimostrato, in questa occasione, di essere in grado di assumere misure di emergenza radicali dietro gli orientamenti della scienza. E, come scrive Leonardo Boff nel suo articolo "Il disastro perfetto per il capitalismo del disastro", «se, passata la crisi, non avremo adottato i cambiamenti necessari, la prossima crisi potrebbe davvero essere l'ultima». Per questo, aggiunge, «l'attuale pandemia rappresenta un'opportunità unica per ripensare la modalità in cui abitiamo la Casa comune, il modo in cui produciamo, consumiamo e ci relazioniamo con la natura».

Qui gli interventi

della psicologa Francesca Morelli (www.vita.it, 10/3),

di Ascanio Celestini (Comuneinfo, 6/3),

Raniero La Valle (www.chiesadituttichiesadeipoveri.it, 20/3),

Frei Betto (Ihu On-line, 24/3),

Nicoletta Dentico,

Felice Roberto Pizzuti Giulio Marcon (Sbilanciamoci, 15, 18 e 23/3)

e del vicepresidente di Medicina Democratica-sezione di Firenze Gian Luca Garetti (www.perunaltracitta.org, 16/3),

Carlo Tresso, cattolico torinese, consulente nell’ambito di inserimenti lavorativi di categorie svantaggiate e

Giuseppina D’Urso, volontaria de La Tenda di Gionata e del Gruppo Kairòs di Firenze, nonché collaboratrice di Pax Christi Italia  

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