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Svizzera: sotto indagine canonica la responsabile pastorale che ha concelebrato una messa

Svizzera: sotto indagine canonica la responsabile pastorale che ha concelebrato una messa

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 17/09/2022

41200 ZURIGO-ADISTA. Una messa di “addio” al servizio comunitario svolto per ben 37 anni da una operatrice pastorale e teologa, concelebrata dalla stessa insieme al parroco, un diacono e un altro prete, ha suscitato proteste e provocato l’intervento del vescovo, il quale ha annunciato, il 2 settembre, l’apertura di un’inchiesta canonica. Il fatto è accaduto il 28 agosto scorso nella parrocchia di Saint Martin, Illnau-Effretikon, nel cantone svizzero di Zurigo, con la presenza all’altare, in abiti borghesi, di Monika Schmid, impegnata nella parrocchia con ruolo di leadership. «Data la rilevanza di questi eventi – ha commentato il vescovo di Coira mons. Joseph Bonnemain, legato all’Opus Dei, sotto la cui giurisdizione cade la parrocchia – ho deliberatamente deciso di non agire immediatamente. In una situazione del genere, è importante valutare attentamente una procedura adeguata». «La complessità degli abusi liturgici avvenuti – ha spiegato in un comunicato – richiede un'indagine canonica preliminare»; «I risultati di questa prima indagine serviranno come base per possibili misure successive e dimostreranno se si tratta di reati che dovrebbero essere trattati dal dicastero vaticano per la Dottrina della Fede e, quindi, denunciati a esso», conclude il comunicato, secondo quanto riporta kath.ch.

Una teologa conosciuta

Monika Schmid è una teologa nota in Svizzera che nel 2012 ha ricevuto il premio Herbert Haag per la libertà religiosa. Si è sempre espressa in termini critici riguardo alla reale volontà del vescovo Bonnemain, che ha assunto la guida della diocesi nel 2021 dopo anni di crisi interne, di dare una svolta innovativa alla Chiesa locale. Nominato personalmente da papa Francesco dopo la bocciatura da parte del capitolo della Cattedrale della terna proposta da Roma (v. Adista Notizie n. 8/21), Bonnemain eserciterà il suo ministero fino al 2026, ben oltre il termine previsto dei 75 anni di età, che compirà l’anno prossimo, nel tentativo di dare stabilità a una diocesi molto tormentata e polarizzata (una delle sei della Chiesa cattolica in Svizzera, che copre i cantoni dei Grigioni, Svitto, Uri, Glarona, Obvaldo, Nidvaldo e Zurigo), che nei quasi due anni di sede vacante, dopo le dimissioni del vescovo mons. Vitus Huonder avvenute nel maggio 2019 dopo 12 anni di gestione molto controversa e conflittuale, non è riuscita a trovare un accordo su un nome, divisa tra un'ala progressista e una ultraconservatrice. Per Schmid, Bonnemain è «figlio del suo tempo», ha detto in un’intervista a cath.ch (16/2/22). «Ha 73 anni ed è stato plasmato dall'Opus Dei per decenni. E si scopre che da vescovo scivola subito in parole pie, belle, che aiutano poco a cambiamenti concreti». Il riferimento è a misure riguardanti i diritti delle persone divorziate e di quelle Lgbt nella Chiesa, ma anche al ruolo della donna, tema sul quale Schmid è sempre stata molto netta: nel 2020 ebbe parole molto dure contro la nuova (e contestatissima, soprattutto in ambito germanofono, v. Adista Notizie n. 30, 31/20 e Adista online 27/7/20) Istruzione vaticana della Congregazione per il Clero sulla vita parrocchiale, dal titolo “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, promulgata dopo l’approvazione di papa Francesco, nella quale l’accento veniva posto sulla centralità della figura sacerdotale, a scapito della rilevanza dei laici all’interno delle comunità locali.

“Conta solo il prete”

«Chiunque sperasse in un apprezzamento delle donne nella Chiesa cattolica romana, ora avverte tutt'altro», scriveva sul sito svizzero Der Landbote (9/8/29). «Le donne non hanno ancora niente da esprimere. Conta solo il prete. Con il potere della sua consacrazione viene sollevato dal genere umano, come un semidio personificato. Come se i problemi che circondano il clericalismo e le peggiori trasgressioni commesse dai preti non fossero mai esistiti... Le donne possono ancora cuocere torte, fare caffè e lavare i piatti nelle comunità e nelle parrocchie...». «Donne come me – proseguiva Schmid – sono espressamente vietate. Le donne che guidano parrocchie e predicano non sono ammesse, secondo l’istruzione di Roma. Non è una novità. Non ci è mai stato permesso. Ma alla fine degli anni '70 c'erano ancora vescovi coraggiosi in Svizzera che guidarono la Chiesa nel futuro e chiamarono donne e uomini allo stesso modo, sposati o meno, alla guida delle parrocchie. Vi attingiamo ancora oggi».

Vittima di un abuso di potere

La concelebrazione di Monika Schmid ha provocato un ampio dibattito, del quale dà conto il sito kath.ch (6/9). È stato il liturgista viennese Hans-Jürgen Feulner a richiedere l’intervento di Bonnemain, si legge, poiché dal punto di vista del diritto canonico, tale atto è riservato alle persone consacrate. Gli ha risposto il teologo svizzero Erwin Koller, che ha assistito alla funzione: «Con quale diritto pensi di seminare discordia e conflitto su una parrocchia del genere?», scrive Koller, suggerendo a Feulner di invitare Schmid a Vienna per averne «molti consigli intelligenti su come trasformare l'obbligo domenicale in una celebrazione».

A suscitare indignazione, l'uso del termine "abuso liturgico" nel messaggio episcopale: Karin Iten, responsabile dell’Ufficio Prevenzione Abusi della diocesi di Coira, scrive su Kath.ch di considerarne «altamente problematico» l'uso; Marc Frings, segretario generale del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZDK), ha criticato la decisione del vescovo di avviare un’indagine; il monaco benedettino Martin Werlen, già abate dell'abbazia di Einsiedeln, suggerisce che il vescovo Bonnemain si sieda a un tavolo con Monika Schmid e le altre parti coinvolte. Nel frattempo, il movimento delle donne cattoliche "Voices of Faith" ha lanciato una petizione online per dimostrare solidarietà a Monika Schmid, non colpevole di abuso liturgico, ma «vittima di abuso di potere», che ha già raccolto più di un migliaio di firme. «Nella relazione sul processo sinodale – si legge nella petizione – la Svizzera riferisce a Roma: la liturgia è vissuta come "incomprensibile, poco legata all'esperienza e all'attualità e poco invitante". Non dovremmo ringraziare Monika Schmid per aver riconosciuto questo problema e per aver preso provvedimenti? Monika Schmid non fa altro che soddisfare le aspettative formulate nel documento finale del processo sinodale: “Il linguaggio e le forme della liturgia devono essere adattate al contesto culturale e la loro bellezza e ricchezza dovrebbero essere promosse in modo più consapevole e culturalmente appropriato. La diversità delle celebrazioni liturgiche e delle forme spirituali dovrebbe essere promossa per raggiungere persone diverse. Si rispetti maggiormente la dimensione sinodale della liturgia e si prevengano le costrizioni clericali”».

Voices of Faith accusa anche il vescovo Bonnemain di aver agito solo in seguito alle proteste: «Il 31 agosto aveva ringraziato senza riserve Monika Schmid per i suoi 37 anni di lavoro pastorale. Il vescovo di Coira sapeva già prima che lei aveva affermato di aver celebrato e concelebrato più volte l'Eucaristia. Ma il vescovo di Coira ha agito solo su pressione dell'opinione pubblica». Il movimento accusa la Chiesa di avere un doppio standard: «Dai preti con amanti ai preti con figli. Tutto questo è tollerato finché rimane nascosto. Per non parlare degli abusi. Alla Chiesa non piace quando i fatti sono nero su bianco e non possono essere ignorati. Monika Schmid non è sinonimo di doppio standard, ma di trasparenza e sinodalità».

Lefebvriani all’attacco

Ad avere il dente avvelenato contro la concelebrazione liturgica di Schmid sono soprattutto i tradizionalisti lefebvriani, che hanno definito il fatto un «abuso sacrilego» che «non deve sorprendere: la rivoluzione liturgica e teologica lanciata dal Concilio Vaticano II non poteva che portare a questa situazione». «Le false nozioni trasmesse circa il sacerdozio comune dei fedeli; l'istituzione di ministeri, ora nelle mani di laici di ambo i sessi; la trasformazione della messa in pasto; l’affidamento, seppur molto frammentaria, della predica ai laici; infine, le posizioni di giurisdizione attribuite ai laici, giustificano ai loro occhi il potere di concelebrare», sottolinea La Fraternità san Pio X, che parla di «scisma latente» cui il Sinodo sulla sinodalità farebbe da cassa di risonanza.

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