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La “coltivazione” del concilio

La “coltivazione” del concilio

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 36 del 22/10/2022

All'Angelus di domenica 9 ottobre, papa Francesco ha ricordato un importante anniversario e una evidente coincidenza: «A proposito dell'inizio del Concilio, 60 anni fa, non possiamo dimenticare il pericolo di guerra nucleare che proprio allora minacciava il mondo. Perché non imparare dalla storia? Anche in quel momento c'erano conflitti e grandi tensioni, ma si scelse la via pacifica».

In realtà durante il suo pontificato, papa Francesco ha citato poco il Concilio, dimostrando che tra lui e il Vaticano II, c'è un legame profondo e concreto, ma quasi mai testuale. In un'intervista che rilasciò nell'agosto del 2013, all'inizio del suo pontificato, disse con chiarezza: «Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento, che viene semplicemente dallo stesso Vangelo, i cui frutti sono considerevoli. È sufficiente richiamare la liturgia: il lavoro di riforma liturgica fu un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Ci sono certamente delle linee ermeneutiche di continuità o discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: il modo in cui si legge il Vangelo attualizzandolo, che fu proprio del Concilio, è assolutamente irreversibile».

Infatti, il volto della Chiesa cattolica sta cambiando più di quanto si immagini, nonostante i vari tentativi di "imbalsamazione" da parte di gruppi reazionari spesso vicini ad ambienti della Curia romana: è ormai impossibile pensare alla Chiesa come a un monolito, del tutto corrispondente al dettato dei numerosissimi documenti della Santa Sede. Anche se per il credente italiano risulta probabilmente più difficile che per altri comprendere la portata di questo cambiamento, esso comunque è avvenuto e sta avvenendo in tantissime Chiese locali lontane da Roma. Né il conservatorismo di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, né il fondamentalismo di ambienti e personaggi sempre più numerosi, sono riusciti a impedire che il cattolicesimo proseguisse quel cammino di rinnovamento iniziato con la seconda metà dello scorso secolo e con il Concilio Ecumenico Vaticano II, che veniva aperto 60 anni fa.

C'è chi sembra non rendersi conto che i tempi sono irrimediabilmente cambiati e continua a pretendere che le migliaia di persone che compongono il clero cattolico in tutto il mondo e i milioni di fedeli laici, nonché i teologi e gli studiosi, pensino tutti all'unisono, che concordino in pieno con tutte le affermazioni del magistero in materia di pastorale e applichino tutte le indicazioni delle innumerevoli e ormai quotidiane esortazioni, lettere e documenti che produce a getto continuo una schizofrenica Santa Sede che, a volte, sembra infognata in un eterno medioevo; prova di questo bipolarismo dei vertici della Chiesa cattolica, è quanto è avvenuto nella diocesi di La Spezia con la sospensione a divinis di don Giulio Mignani: mentre il papa parla di misericordia e di "Chiesa in uscita", altri comminano pene canoniche antievangeliche e anacronistiche!

Al di là degli apparenti trionfi, è in atto da anni nel mondo cattolico una sorta di “scisma sommerso”, come titolava il suo libro Pietro Prini l'ultimo anno dello scorso millennio, in esso si sottolineava la distanza sempre più ampia tra i vertici e la base della Chiesa cattolica su temi come la sessualità, la bioetica, il valore della confessione, l'accoglienza di culture diverse, la dannazione eterna, il peccato. Dopo oltre venti anni la teologa Laura Verrani e il giornalista Francesco Antonioli hanno pubblicato Lo scisma emerso, nel quale si avventurano in un'inchiesta sulla vita della Chiesa cattolica di oggi, alle prese con le sue diverse anime e con un “fattore modernità” che ha reso ormai palesi le tante contraddizioni, le divaricazioni, le ipocrisie e i conflitti. Scrivono i due autori: «esiste uno snodo significativo, con una data da tenere ben presente, il 7 luglio 2007. È il giorno in cui Benedetto XVI diffuse la lettera apostolica Summorum Pontifìcum, con cui autorizzò la messa in latino che si celebrava prima del Concilio Vaticano II. Con questo atto papa Ratzinger intendeva pacificare. In realtà, ha dato cittadinanza a tutto un mondo che covava sotto la cenere livore contro la modernità, con preti e laici certo più vicini ai tradizionalisti lefebvriani che alla Chiesa “in uscita” del suo successore Francesco».

Insomma, negli ultimi anni si è intensificato un divario profondo tra la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica e le coscienze dei fedeli, divario che tocca tanti aspetti dei rapporti tra messaggio cristiano e mondo moderno. La domanda è, allora, come sopravvivrebbe la fede cristiana alla rigidità istituzionale, al ritorno di clericalismo, fondamentalismo, integralismo, a tratti di vere e proprie tentazioni teocratiche? Le questioni in gioco sono molteplici: dalle difficoltà di ascolto autentico dei credenti all'esaltazione del devozionismo, dalla inquietudine dei preti allo scandalo delle vocazioni forzate, dalla discriminazione di genere al ruolo delle donne, dal dio vendicatore che punisce implacabilmente all'ossessione del demonio, dai conflitti di potere e di carriera alle sfide della comunicazione della fede, dalle posizioni conservatrici nostalgiche della messa tridentina a quelle iper-progressiste deluse dalle lentezze della riforma di papa Bergoglio.

Forse uno dei problemi che, dopo 60 anni la Chiesa cattolica deve ancora affrontare appieno, oltre quello della pedofilia, è il mancato coinvolgimento pieno dei fedeli laici, soprattutto delle donne, nella vita e nelle decisioni della Chiesa. La Costituzione dogmatica "de Ecclesia" del Concilio Vaticano II, la Lumen Gentium, fa precedere i capitoli dedicati alla gerarchia, ai laici e ai religiosi, dal capitolo dedicato al Popolo di Dio, il secondo capitolo del documento, che segue immediatamente quello sul mistero della Chiesa presentata come sacramento di salvezza. Mediante questa successione tematica, i Padri conciliari hanno voluto chiaramente indicare che prima di ogni differenziazione di stato o di ministeri, c'è la comune appartenenza al Popolo di Dio. E l'appartenenza all'unico Popolo di Dio comporta la riscoperta del sacerdozio battesimale comune a tutti.

A un clero sempre meno colto e sempre più slegato dal "mondo", si affiancano sempre più fedeli laici mediocri, bigotti, più clericali e carrieristi del clero ed esageratamente ossequiosi verso di esso. Sono certo che è comunque saggio e lungimirante vivere questo momento come una grande opportunità storica per la Chiesa cattolica. E per non arrivare ancora una volta tardi all'appuntamento con la Storia, occorre che si coinvolga tutta la Chiesa in questo cammino. Forse è veramente giunto il tempo di un nuovo Concilio, da celebrare però non più in Vaticano, ma in una delle tante periferie del mondo, con vescovi e cardinali invitati come periti, esperti o osservatori. E con protagonisti questa volta donne e uomini, fedeli laici "veri", non quelli che ruotano attorno ai preti, quelli addomesticati che non li contrastano mai.

«All'aratura sovvertitrice del campo succede la coltivazione ordinata e positiva», dichiarava papa Paolo VI il 18 novembre 1965, a una delle sessioni pubbliche del Concilio. È innegabile che il tempo dell"«aratura sovvertitrice» c'è stato e ha fatto tanto bene alla Chiesa. Spero che il nostro tempo sia quello della «coltivazione ordinata e positiva», e non quello di una crescita interrotta o bloccata del tutto. Per capirlo si potrebbe finalmente aprire un confronto, serio e senza preconcetti, sul presbiterato alle donne, in continuità con le aperture del Concilio; in questo modo si risponderebbe alle attese delle tante comunità di fede che lo chiedono e sarebbe una testimonianza chiara verso chi, come l'Iran, vuole zittire le donne e calpestarne i diritti. Ma anche perché le messe solenni con la partecipazione di tanto clero appaiono come celebrazioni misogine di un gruppo di soli maschi: per scorgere una donna, occorre andare con lo sguardo alla quinta o sesta fila di panche, le prime delle quali sono occupate dai concelebranti, o al coro. Come ha detto il papa, «i laici e le donne non sono membri di second'ordine della Chiesa». 

Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e vicedirettore della Caritas diocesana di Avellino

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