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Ce lo chiede l’Europa: “il governo recuperi l’Ici non pagata dalla Chiesa”

Ce lo chiede l’Europa: “il governo recuperi l’Ici non pagata dalla Chiesa”

Tratto da: Adista Notizie n° 10 del 18/03/2023

41402 BRUXELLES-ADISTA. La Commissione europea ordina all’Italia di recuperare le somme dell’Ici non pagate dagli enti ecclesiastici cattolici e dalle organizzazioni non profit fra il 2006 e il 2011, quando era in vigore un regime speciale di esenzione. In realtà non si tratta di una novità. La Commissione infatti non ha fatto altro che recepire – con cinque anni di ritardo! – una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, datata 2018, che chiedeva all’Italia di incassare le tasse non versate, senza però imporre ai governi di procedere (v. Adista Notizie n. 39/18). Cosa che invece ora la Commissione ha fatto. Un conto salato che secondo alcune stime oscillerebbe fra i cinquecento milioni e i cinque miliardi di euro, una discrepanza che evidenzia quanto la materia sia intricata.

Una bella gatta da pelare per il governo di Giorgia Meloni, che sta cercando affannosamente di accattivarsi come può i favori ecclesiastici e che sicuramente non esulta all’idea di trasformarsi in esattore. Infatti il vice ministro dell’Economia, con delega al fisco, Maurizio Leo, mette subito le mani avanti: «Quando ci sono delle regole comunitarie bisogna uniformarsi però anche lì bisogna vedere i limiti, perché ci sono delle situazioni in cui non c’è la commercialità allora in quei casi bisogna vedere come rendere coerente quelle che sono le indicazioni della Ue con la peculiarità di certe strutture della Chiesa cattolica». Stavolta però i margini sono più stretti, e in caso di inadempienza, potrebbe scattare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, per illeciti aiuti di Stato.

La sentenza della Corte di Strasburgo del 2018, ora fatta propria anche dalla Commissione, riguardava l’annullamento di due deliberazioni dell’Ue pro esenzione. La prima del 2012, quando l’Imu sostituì l’Ici e la Commissione approvò la nuova misura («non implica aiuti di Stato dal momento che le esenzioni si applicheranno solo agli immobili dove sono condotte attività non economiche») esentando però l’Italia dal chiedere indietro l’Ici non pagato, perché sarebbe stato «impossibile» in base ai dati catastali e fiscali determinarne l’entità. La seconda del 2016, quando il Tribunale Ue respinse un ricorso presentato dalla scuola elementare (privata) “Montessori” di Roma, insieme ai Radicali, contro la stessa decisione della Commissione del 2012: noi paghiamo l’Ici, le scuole cattoliche nostre concorrenti no, quindi sono ingiustamente privilegiate, la tesi della scuola privata laica rigettata dal Tribunale. Nel 2018 però, a fronte di un nuovo ricorso, la Corte di giustizia diede ragione alla “Montessori” e ai Radicali e cancellò i pronunciamenti del 2012 e del 2016, spiegando che le «difficoltà organizzative» dell’Italia non possono determinare un colpo di spugna sul passato. Respinto invece il ricorso sull’Imu. Ora la Commissione ha recepito questa sentenza e ha imposto al governo italiano di incassare le somme non versate nel quinquennio 2006-2011.

Ma la storia dell’Ici-Imu è più antica e risale al secolo scorso. L’esenzione Ici sugli immobili della Chiesa fu infatti introdotta appena l’imposta venne “inventata”, nel 1992. A metà anni ‘90 il Comune dell’Aquila avviò un contenzioso con l’Istituto delle suore zelatrici del Sacro Cuore, chiedendo il pagamento dell’Ici per alcuni edifici usati come casa di cura per anziani e pensionati per studentesse universitarie. Dopo una lunga battaglia legale, la Cassazione stabilì che l’attività delle suore non era né di culto né benefica – e quindi esentata dal pagamento delle tasse – ma commerciale: anziani e studentesse pagavano l’ospitalità, quindi l’Ici andava versato. A quel punto ci fu l’intervento “provvidenziale” di Berlusconi e Tremonti, che nel 2005 modificarono la legge: esentati dall’Ici tutti gli immobili ecclesiastici in cui si svolgevano anche attività commerciali purché «connesse a finalità di culto». Un condono tombale.

L’anno successivo Prodi (premier) e Bersani (ministro dello Sviluppo economico) corressero la rotta – anche perché l’Ue si stava muovendo, dopo una denuncia, sempre dei Radicali –, giocando di avverbio: esenzione per gli immobili di proprietà ecclesiastica (e non profit) destinati al culto e ad attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, purché «non abbiano esclusivamente natura commerciale». Il «non esclusivamente» sanò alcune situazioni limite, ma mantenne intatti i privilegi delle migliaia di conventi trasformati in alberghi.

Nel 2012 arrivò l’Imu, nella breve stagione del governo Monti, che confermò l’esenzione, ma separando le superfici in cui venivano svolte attività sociali e di culto da quelle destinate ad attività commerciali: esenti le prime, paganti le seconde. Una formula che ottenne anche il gradimento di Bruxelles. Fino alla sentenza della Corte del 2018 e alla decisione della Commissione di qualche giorno fa.

Tutto facile ora? Non è detto, perché la Commissione, pur imponendo la riscossione delle somme, riconosce l’esistenza di difficoltà per le autorità italiane nell'identificare i beneficiari degli aiuti illegali e in una nota ufficiale chiarisce che il recupero non è richiesto quando gli aiuti sono concessi per attività non economiche o quando costituiscono aiuti de minimis (ovvero sostegni inferiori a duecentomila euro per beneficiario su un periodo di tre anni). Tuttavia la stessa Commissione aggiunge che tali difficoltà non sono sufficienti a escludere la possibilità di ottenere un recupero almeno parziale dell'aiuto e suggerisce anche una strada a Meloni: utilizzare i dati delle dichiarazioni presentate nell'ambito della nuova imposta sugli immobili e integrarli con altri metodi, comprese le autodichiarazioni. Ora non resta che aspettare e vedere come procederà il governo, oppure quale scappatoia troverà. 

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