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Il vescovo sceglie, lo Stato paga: nuovo concorso pubblico per docenti di religione

Il vescovo sceglie, lo Stato paga: nuovo concorso pubblico per docenti di religione

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 20/01/2024

 

41716 ROMA-ADISTA. È tutto pronto per il nuovo concorso pubblico per l’immissione in ruolo e l’assunzione a tempo indeterminato di 6.400 insegnanti di religione cattolica nelle scuole statali.

L’intesa fra il card. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, e Giuseppe Valditara, il ministro dell’Istruzione e del Merito – questa la nuova definizione meloniana del dicastero di viale Trastevere – è stata firmata il 9 gennaio. Ora manca solo il bando, che dovrebbe essere pubblicato a febbraio, in modo che i nuovi insegnanti possano occupare la cattedra già dal prossimo primo settembre. Tuttavia il condizionale è d’obbligo: anche il card. Gualtiero Bassetti e Lucia Azzolina – allora rispettivamente presidente della Cei e ministra dell’Istruzione – nel dicembre 2020 firmarono un’analoga intesa, il concorso però non venne mai bandito (v. Adista Notizie n. 45/20). Ora però le cose sono cambiate: il governo Meloni che con la Chiesa italiana non è proprio in sintonia su diversi temi, dall’immigrazione al premierato (v. Adista Notizie nn. 4, 12, 33 e 40/23), sta cercando di ricostruire il feeling con i vescovi, e il concorso per i nuovi insegnanti di religione potrebbe costituire un’ottima occasione per ricucire i rapporti. Se verrà effettivamente bandito, si tratterà del secondo concorso pubblico per insegnanti di religione, vent’anni dopo il primo, e finora unico, del 2004 quando a viale Trastevere c’era Letizia Brichetto (coniugata Moratti) e a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi, a capo di un governo azzurro-nero-verde (Forza Italia-Alleanza Nazionale-Lega Nord).

La procedura concorsuale avrà due gambe. La prima sarà un vero e proprio concorso ordinario con prova scritta e prova orale e assegnerà circa 1.920 cattedre (30% del totale) a tutti coloro che non sono mai entrati in un’aula scolastica ma che hanno il titolo per insegnare religione cattolica (baccalaureato, licenza o dottorato in teologia o in altre discipline ecclesiastiche rilasciato da una facoltà approvata dalla Santa Sede; laurea magistrale in scienze religiose conseguita presso un Istituto superiore di scienze religiose approvato dalla Santa Sede; attestato di compimento del regolare corso di studi teologici in un seminario maggiore). La seconda sarà una selezione straordinaria non particolarmente selettiva – secondo alcune indiscrezioni non sarà previsto nemmeno un punteggio minimo per superare l’unica prova orale – destinata ai precari, ovvero a coloro che hanno già insegnato religione cattolica per almeno 36 mesi, e metterà a disposizione circa 4.480 cattedre (il 70% del totale).

Un sistema iniquo

A tutti i partecipanti ovviamente è richiesta l’idoneità all’insegnamento della religione cattolica rilasciata dal proprio vescovo diocesano, che viene concessa in maniera assolutamente discrezionale. Così come può essere ritirata in maniera altrettanto arbitraria: è sufficiente, per esempio, scoprire che un insegnante è convivente, omosessuale o non perfettamente allineato alle direttive ecclesiastiche perché il vescovo non lo ritenga più idoneo all’insegnamento. In questo caso, se il docente è un precario, viene licenziato e perde per sempre il posto di lavoro da docente. Mentre se è di ruolo – quindi assunto a tempo indeterminato – e se è in possesso degli opportuni titoli, può chiedere di passare ad altra cattedra (italiano, storia, filosofia, diritto ecc.).

Da un lato, quindi, il concorso consente ai docenti immessi in ruolo di affrancarsi totalmente dal potere discrezionale dei vescovi. Dall’altro però rafforza un sistema profondamente iniquo in base al quale, per ragioni concordatarie, si viene di fatto assunti dal vescovo ma pagati dallo Stato, peraltro per insegnare una disciplina facoltativa che da anni vede un costante calo degli studenti e delle studentesse che se ne avvalgono, come dimostrano i dati forniti dalla stessa Cei: alla scuola dell’infanzia e primaria nel 1994, a frequentare l’ora di religione cattolica era il 97% degli studenti, ora è circa l’88%; alla secondaria di primo grado erano il 96%, ora l’85%; alla secondaria di secondo grado era oltre il 90% ora è il 78%, una percentuale che si abbassa ulteriormente soprattutto nelle scuole delle grandi città del centro-nord. Sottrarre la gestione dell’insegnamento della religione all’istituzione ecclesiastica e attribuirne la piena titolarità allo Stato sarebbe l’intervento necessario da fare per ristabilire minime condizioni di laicità e di giustizia, ma né Cei, per ovvie ragioni, né governi, per motivazioni invece meno ovvie, si guardano bene dal proporre o dal realizzare questa riforma.

Il compiacimento dei firmatari

Grande soddisfazione per la firma dell’intesa è stata espressa dal card. Zuppi, che ha espresso gratitudine al ministro Valditara per «aver colmato un vuoto e per la collaborazione aperta e feconda che si è instaurata in vista di questo importante passaggio». Questo accordo, ha aggiunto il presidente della Cei, «riconosce e riafferma il valore degli insegnanti di religione nelle nostre scuole: educatori preparati e appassionati che arricchiscono l’esperienza scolastica con un’occasione unica di dialogo, approfondimento culturale e confronto interdisciplinare. È giusto che sia data loro maggiore stabilità e sicurezza». Addirittura entusiasta Valditara: «L’insegnamento della religione è un’occasione di confronto e di dialogo sui principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà nel loro cammino. È anche l’occasione per andare alle radici della nostra civiltà imparando a conoscere il messaggio cristiano. Approfondire questi temi significa fornire agli studenti gli strumenti per conoscere alcuni aspetti imprescindibili della nostra storia. Grazie a docenti motivati e competenti sarà possibile creare sempre più momenti di approfondimento e di arricchimento culturale». Chissà se ora, dopo il concorso per i docenti di religione cattolica, il ministro inizierà a occuparsi anche del resto della scuola, sempre più privata di risorse e asservita al mercato. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza

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