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Caso Orlandi, parte la commissione bicamerale d’inchiesta e in Vaticano sorgono i primi dissidi interni

Caso Orlandi, parte la commissione bicamerale d’inchiesta e in Vaticano sorgono i primi dissidi interni

Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 30/03/2024

 

41803 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Alla fine, dopo lungaggini, discussioni pretestuose, tentativi di ostacolarne la nascita, la commissione bicamerale d’inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, ha preso il via lo scorso 14 marzo. Quarant’anni dopo i fatti dunque, la politica ha battuto un colpo, certo si tratta di un tempo infinito per un’indagine che voglia accertare la verità sul rapimento e la scomparsa delle due ragazze, e tuttavia è un fatto importante per il rapporto non sempre limpido che ha l’Italia, la sua classe politica, con un passato denso ancora di misteri, zone d’ombra, trame mai emerse del tutto. Resta da dire che l’associazione dei nomi delle due ragazze appare più un atto dovuto al rispetto di entrambe le famiglie, poiché dalle indagini svolte in passato dalla magistratura non sono emersi elementi probanti che mettessero in relazione i due episodi. Anzi, più di una volta gli inquirenti hanno ipotizzato che il legame fra le due ragazze fosse stato affermato da presunti rapitori che avevano in realtà lo scopo di depistare le indagini. Ma forse, a ben vedere, in questa vicenda, i depistaggi ripetuti e insistenti che ne hanno costellato l’evoluzione, costituiscono uno degli elementi più forti sui quali la commissione parlamentare dovrà provare a fare chiarezza.

Emanuela Orlandi scomparve il 22 giugno 1983 intorno alle 19,20 in corso Rinascimento a Roma; da allora non si è saputo mai più nulla di lei. Il suo ultimo contatto con la famiglia risale a poco prima, verso le 19, quando la ragazza aveva telefonato a casa e aveva parlato con la sorella Federica dicendole, a quanto si legge nella sentenza istruttoria del primo procedimento giudiziario sul caso Orlandi risalente al 1997, «che un rappresentante della casa di cosmetici Avon le aveva proposto un'attività propagandistica per conto della Avon in occasione della sfilata che la casa di moda “Fontana” avrebbe tenuto a Palazzo Borromini per il compenso di lire 375.000».

La circostanza veniva «immediatamente verificata» da un'amica di Emanuela che confermava l'appuntamento della ragazza con l'uomo della Avon la sera di quel 22 giugno, e riferiva di aver lasciato la stessa Emanuela «in corso Rinascimento alla fermata della linea 70 intorno alle 19,20 in compagnia di un'altra ragazza». Emanuela, 15 anni, quel giorno, era uscita di casa alle 16,30 per andare a seguire la «consueta» lezione di flauto presso l'Istituto Ludovica da Victoria in piazza Sant'Apolllinare, a due passi da corso Rinascimento e non aveva fatto più ritorno a casa. La mattina dopo, il 23 giugno, un'altra sorella della ragazza, Natalina, denunciava all'Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Vaticano la scomparsa di Emanuela.

Una storia senza risposte

Cominciava così la storia della scomparsa di Emanuela Orlandi. Inutile dire che la Avon non aveva rappresentanti di sesso maschile sul territorio della Capitale e che nessuna sfilata della casa di moda delle Sorelle Fontana era in programma a Roma. Una trappola? Forse, anzi non è da escludere, ma neanche su questo è possibile avere delle certezze. Sta di fatto che la scomparsa di Emanuela da quel giorno e per i 40 anni successivi, è diventata una storia implacata, senza risposte, senza un perché. Figlia di un dipendente vaticano, cittadina vaticana anch'essa, è probabilmente in questa eccezione burocratica e amministrativa (i cittadini vaticani propriamente detti, a Roma, sono poche centinaia), che va rintracciata l'origine di una tempesta politica e mediatica che ha avvolto la sua vicenda in una spirale di fumo e di nebbie che non si sono mai diradate. Perché in quegli anni scomparvero nel nulla molte altre ragazze, eppure Emanuela è entrata nella coscienza collettiva del Paese, come un male oscuro, come qualcosa che era meglio non sapere, come uno di quei casi che rientrano nel novero dei “grandi misteri irrisolti italiani”, fotografia e specchio di una storia collettiva irrisolta nel suo rapporto con la verità e la giustizia.

Condotte omissive

La commissione ha già un suo presidente, il senatore di Fratelli d'Italia Andrea De Priamo, e due vice: il deputato leghista Riccardo Augusto Marchetti e il parlamentare del Pd Roberto Morassut. Secondo quanto si afferma nella legge istitutiva dell’organismo, la commissione ha i seguenti compiti: «a) ricostruire e analizzare in maniera puntuale la dinamica della scomparsa di Emanuela Orlandi e quella della scomparsa di Mirella Gregori (avvenuta il 7 maggio del 1983, poco più di un mese prima di quella di Emanuela, ndr); b) verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie e le inchieste giornalistiche riguardanti la scomparsa di Emanuela Orlandi e quella di Mirella Gregori; c) esaminare e verificare fatti, atti e condotte commissive oppure omissive che possano avere costituito ostacolo o ritardo o avere portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti necessaria all’accertamento giurisdizionale delle responsabilità connesse agli eventi, anche promuovendo azioni presso Stati esteri, finalizzate a ottenere documenti o altri elementi di prova in loro possesso che siano utili alla ricostruzione della vicenda; d) verificare, mediante l’analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano avere ostacolato il sistema giudiziario nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità».

Una bella matassa, come si può facilmente intuire, che peraltro chiama in causa il Vaticano quando si citano elementi di prova in possesso di Stati esteri. Già, perché al netto dei pochi fatti emersi fino ad oggi, a fronte della montagna di ipotesi di tutti i tipi e dei depistaggi più incredibili, resta una domanda: perché le autorità vaticane non hanno mai voluto collaborare pienamente con la magistratura italiana che indagava sulla scomparsa delle due ragazze? In fondo, è proprio intorno a questa reticenza che è stato costruito il mega-caso giudiziario e mediatico di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. In questo senso il via libera dato da Francesco a un’indagine vaticana affidata al promotore di giustizia Alessandro Diddi, costituisce certamente un fatto positivo, sia pure a dir poco tardivo. E importanti, e non casuali evidentemente, sono anche le parole dette dal papa nella sua autobiografia appena pubblicata (Life. La mia storia nella storia), al giornalista di Mediaset, Fabio Marchese Ragona: «In Vaticano soffriamo ancora tanto per la scomparsa, avvenuta più di quarant'anni fa, di una nostra cittadina, Emanuela Orlandi, che all'epoca aveva quindici anni. Continuo a pregare per lei e per i suoi familiari, in particolare la mamma. C’è un'inchiesta aperta in Vaticano, così che si possa fare luce su questa storia ed emerga la verità. Parlando di Emanuela, però, voglio che tutte quelle famiglie che piangono la scomparsa di un proprio caro sentano la mia vicinanza. Sono accanto a loro». Parole semplici e pesanti allo stesso tempo, che impegnano il Vaticano a collaborare nella ricerca della verità.

Mons. Pagano contro Diddi

E del resto, neanche è nata la commissione che in Vaticano ha cominciato a volare qualche straccio. A parlare del caso Orlandi è stato infatti, nei giorni scorsi, mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio vaticano, il quale intervistato da Corrado Augias nel corso della trasmissione “La Torre di Babele” in onda su La7 il 19 marzo scorso, ha spiegato come nell’archivio sul caso Orlandi «non c’è una riga»; «Io so che esisteva un fascicolo di Emanuela Orlandi – ha aggiunto il prefetto – forse è quello che hanno visto sulla scrivania di Benedetto XVI, che era quello dell'Eco della Stampa che mons. Scotti, che era archivista in Segreteria di Stato, mi mostrò. Erano gli echi della stampa e di tutte le dicerie perché, appena uscì il nome del Vaticano per una ragazza scomparsa a Roma, che poteva aver fatto tristemente chissà quale fine, il Vaticano fu bersagliato e fu raccolto l'eco della stampa che fu portato al Papa». Quindi, subito dopo aggiungeva: «se poi il Tribunale vaticano dice di avere tante carte impolverate, penso che prima o poi le farà vedere».

Mons. Pagano si riferiva a quanto affermato dal promotore di giustizia Diddi in un’intervista dell’aprile 2023 al Corriere della Sera, nella quale affermava: «In pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in 40 anni che mi hanno consentito di analizzare aspetti molto significativi. Gli approfondimenti eseguiti dovranno emergere, perché sono attività di indagine destinate a confluire integralmente nei fascicoli dell’Ufficio e di questo anche le gerarchie vaticane sono pienamente consapevoli. Su alcuni documenti probatori non dovranno più insinuarsi equivoci, non ci potranno essere ombre sulle quali possa continuare ad addensarsi un alone di mistero. Se non svolgerò le attività di indagine accuratamente – anche se per quelle a cui ho accennato opererò all’interno del Vaticano – sarò sotto gli occhi di tutto il mondo. E non voglio assolutamente che si possa pensare che, in qualche modo, abbia preservato qualcuno o coperto qualche situazione». Quindi spiegava che le carte relative al caso Orlandi, Oltretevere, «sono tante, tantissime; ho avuto modo di leggerle e analizzarle. Ci sono state anche acquisizioni interne di carte vecchie, vecchissime, impolverate. E altre ne sto cercando ancora».

Da qui il primo nodo da sciogliere: esiste un dossier sulla vicenda di Emanuela Orlandi in Vaticano? O ci sono più documenti sparsi, risalenti a epoche diverse, che vanno a comporre l’indagine ora nelle mani del promotore di giustizia? (1- continua) 

*Foto presa da Wikipedia, immagine originale e licenza 

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