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Cie, lo scempio di diritti

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 11 del 23/03/2013

L’inefficacia dei centri di identificazione ed espulsione (Cie), ma ancora di più le gravi e ripetute violazioni dei diritti umani dei migranti, impongono una radicale revisione delle politiche migratorie del nostro Paese. È questa l’esortazione che Medici per i Diritti Umani (Medu) - associazione umanitaria e di solidarietà internazionale che dal 2004 porta avanti il programma “Osservatorio sull’assistenza socio-sanitaria per la popolazione migrante nei Centri di identificazione ed espulsione” - ha lanciato a fine gennaio in concomitanza con la diffusione dei dati sui Cie raccolti nel 2012.
Prima di tutto, rileva Medu, l'estensione della durata massima del trattenimento da 6 a 18 mesi, stabilita nel giugno 2011 ai fini di un miglioramento nell'efficacia delle espulsioni, si è dimostrata fallimentare. «Secondo i dati forniti dalla Polizia di Stato, nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i Centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. Di questi solo la metà (4.015) è stata effettivamente rimpatriata, con un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) del 50,54%». Il rapporto tra i migranti rimpatriati rispetto al totale dei trattenuti nei centri, evidenzia Medu, ha dunque avuto un incremento «di appena il 2,3% rispetto al 2010, anno in cui il limite massimo per la detenzione amministrativa era ancora di sei mesi». «Rispetto al 2011, poi, l'incremento del tasso di efficacia nei rimpatri è risultato addirittura irrilevante (+0,3%)». Per di più, «se si compara il numero effettivo di rimpatri effettuati nel 2008 (anno in cui i termini massimi di trattenimento erano ancora di 60 giorni) con quello del 2012», si registra addirittura «una flessione da 4.320 a 4.015». «Il numero complessivo dei migranti rimpatriati attraverso i Cie nel 2012 – prosegue Medici per i diritti umani – risulta essere l'1,2% del totale degli immigrati in condizioni di irregolarità presenti sul territorio italiano (326.000 secondo le stime dell'Ismu al primo gennaio 2012)».
Ma se dal punto di vista dell'efficacia, la detenzione amministrativa si conferma «uno strumento sostanzialmente fallimentare nel contrasto dell'immigrazione irregolare», il prolungamento del tempo massimo di detenzione nei Cie ha invece «drammaticamente peggiorato le condizioni di vita dei migranti all'interno di queste strutture». Un’evidenza sistematicamente riscontrata dai team di Medici per i Diritti Umani durante le viste effettuate in tutti i Cie nel corso dell'ultimo anno e confermata dagli stessi enti gestori e, sovente, anche dai rappresentanti delle Prefetture. «In effetti per quanto concerne il prolungamento dei tempi massimi di trattenimento è pressoché unanime il giudizio negativo espresso dai responsabili degli enti gestori dei 10 Cie monitorati da Medu nel corso degli ultimi 12 mesi. Tale misura ha infatti seriamente compromesso la gestione complessiva dei centri causando gravi problemi organizzativi, logistici e sanitari. A conferma dell'aggravamento del clima di tensione e dell'ulteriore deterioramento delle condizioni di vivibilità all'interno dei centri di identificazione ed espulsione, vi sono le numerose rivolte e fughe che si sono verificate nel corso dell'anno appena trascorso: nel 2012 sono stati 1.049 i migranti fuggiti dai Cie, vale a dire il 33% in più rispetto al 2011».
Dati che impongono una radicale revisione dell'attuale sistema di detenzione amministrativa. Revisione, conclude Medu, che non può non avvenire nell'ambito di una profonda riforma della legge “Bossi-Fini” che porti a politiche migratorie atte a garantire reali possibilità di ingresso regolare e di inserimento sociale.

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