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Una rivoluzione copernicana nella Chiesa cattolica

Una rivoluzione copernicana nella Chiesa cattolica

Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 31/10/2015

Al cuore di questo Sinodo, ancora in corso mentre scrivo queste righe, vi è stato il 17 ottobre un evento che ha permesso di comprenderne il senso più profondo: la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, con il discorso di papa Francesco. Un discorso che conferma l’orientamento del suo pontificato, che può avere conseguenze inimmaginabili per il futuro della Chiesa e anche per il ristabilimento della piena comunione fra le diverse Chiese cristiane, che hanno spesso trovato nella centralizzazione romana e nell’autoritarismo di tanti pontefici un ostacolo insormontabile per il superamento delle divisioni.

Il termine Sinodo parla di una strada fatta insieme, di un cammino comune. Questo è il primo punto del suo discorso. «Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e a servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa nel terzo millennio».  

Il secondo punto è costituito dal richiamo agli insegnamenti del Vaticano II che ricordano che tutto l’insieme del popolo cristiano è un popolo sacerdotale (LG 10 e 11) e un popolo profetico (LG 12), chiamato cioè al compito dell’evangelizzazione e dotato di un “sensus fidei”, un “senso soprannaturale della fede”, per cui diventa infallibile e non può sbagliarsi nel credere. A questo punto il papa ha felicemente accennato al superamento della distinzione fra «Chiesa docente» e «Chiesa discente», cioè tra chi insegna e chi deve solo imparare. Tutti abbiamo da imparare dagli altri, e tutti abbiamo qualcosa da trasmettere agli altri anche sul piano della fede. Questa è la ragione per cui ha voluto una consultazione la più ampia possibile del popolo di Dio, e per la quale ha voluto richiamare tutti al dovere dell’ascolto, che comincia dall’ascolto di tutto il popolo, per poi ascoltare i vescovi «custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa», e infine per ascoltare il vescovo di Roma, «supremo testimone della fede di tutta la Chiesa». Un chiaro capovolgimento di una piramide che era diventata abituale nella Chiesa cattolica romana così evidenziato da papa Francesco: «In questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base». 

Il terzo punto è il richiamo al dovere di servire il popolo cristiano, in capo a coloro che sono costituiti in qualsiasi ministero, per cui lo stesso vescovo di Roma è «il servo dei servi di Dio». Il capovolgimento della piramide deve cambiare anche la visione della Chiesa. La sinodalità della Chiesa non viene affermata innanzitutto nella Chiesa universale e a livello di papato, ma proprio a partire dalle Chiese particolari (le diocesi), con i diversi organismi di comunione sorti dopo il Concilio, che devono restare «connessi col “basso” e partire dalla gente». Essa poi deve essere praticata attraverso le regioni e province ecclesiastiche (le Chiese locali, le Chiese nazionali, le Chiese continentali), soprattutto grazie alle Conferenze episcopali (e forse, domani, aggiungo io, a nuovi Patriarcati: unica ragione che può giustificare la rinuncia del papa a riconoscersi come Patriarca d’Occidente). Tutto questo postula una maggiore collegialità e un decentramento necessario, mentre a livello di Chiesa universale la collegialità si esprime anche attraverso il Sinodo dei vescovi e il compito del vescovo di Roma resta quello di presiedere nella carità alla comunione delle Chiese (Ignazio di Antiochia).

A conclusione del discorso, si richiama il valore ecumenico di questa “conversione del papato” alla collegialità e alla sinodalità. Un valore non solo ecumenico, ma aperto all’universale: una Chiesa capace di questo cammino comune che coinvolge tutti può diventare modello «per aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell’uomo per le generazioni che verranno dietro di noi».

Se saranno concessi a papa Francesco il tempo e la forza per attuare questo programma, ci troveremo davvero davanti a una rivoluzione copernicana, capace di aprire nuova comunione fra tutte le Chiese e nuovi orizzonti per tutta l’umanità.

Giovanni Cereti è prete, teologo e storico della Chiesa

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