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Benedizioni alle coppie gay: associazione tradizionalista ricorre in Vaticano contro mons. Bonny

Benedizioni alle coppie gay: associazione tradizionalista ricorre in Vaticano contro mons. Bonny

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 12/11/2016

38742 ANVERSA-ADISTA. Il vescovo di Anversa, mons. Joahn Bonny, sarà formalmente denunciato presso la Congregazione per il Clero per aver suggerito, nel suo libro Posso? Grazie. Scusa. Dialoghi aperti su relazioni, matrimonio e famiglia (uscito il 14 ottobre 2016 per i tipi dell'editrice fiamminga Lannoo, v. Adista Notizie n. 36/16) e in una recente trasmissione televisiva, di istituire dei rituali di benedizione per le coppie omosessuali, i divorziati risposati e le coppie di fatto. Tanto ha annunciato l'associazione di laici e cattolici belgi “Pro Familia”, ritenendo le «esasperanti dichiarazioni e gli scritti» del vescovo «non corretti» dal punto di vista del Catechismo e della Tradizione cattolica. Esse, dunque, «causano pubblico scandalo» e «sono dolorose per orecchie pie, assurde e persino chiaramente blasfeme. La Chiesa – afferma l'associazione – non può “benedire” ciò che Dio ha proibito». 

Nel libro, scritto insieme a Roger Burggraeve (salesiano, docente emerito presso la facoltà di Teologia e Scienze religiose dell'Università cattolica di Lovanio) e Ilse Van Halst (giornalista di Kerk en Leven - “Chiesa e vita”), il vescovo argomenta: «Non è possibile continuare a affermare che non vi possono essere altre forme di amore oltre al matrimonio eterosessuale. Lo stesso tipo di amore lo troviamo tra un uomo e una donna che vivono insieme, in coppie omosessuali e nelle coppie lesbiche». «Dobbiamo cercare di comprimere tutto in un solo modello, sempre lo stesso?», è la domanda che Bonny pone nel libro. «Non dobbiamo piuttosto evolvere nella direzione di una diversità di rituali in cui sia possibile riconoscere la relazione d’amore tra persone omosessuali, anche dalla prospettiva della Chiesa e della fede?». 

E allora, rispetto alle coppie omosessuali, si chiede il vescovo di Anversa, «posso io, in quanto vescovo, offrire un rito che sia simile al piccolo segno di croce che i genitori tracciano sulla fronte del loro bambino, anche ai credenti che vivono insieme e che desiderano tutto il bene possibile l’uno per l’altro, alla luce della presenza di Dio? Un segno di croce non è un sacramento, ma appartiene alla categoria dei “segni e gesti sacri”. Non possiamo, nella Chiesa, creare differenti sfumature tra il “nulla” delle coppie conviventi non sposate e il “tutto” del matrimonio sacramentale, che dia pieno riconoscimento di ciò che è “già” presente, e allo stesso tempo lasci intravedere ciò che “ancora” non c’è?».

E rispetto ai divorziati risposati, la questione, secondo mons. Bonny, «non è di dire un “sì” o un “no” generali, ma di valutare con attenzione. Dobbiamo giudicare sulla base della situazione individuale delle persone coinvolte. O, per meglio dire, essi possono e devono partecipare a quel giudizio alla luce di certi criteri». È ammissibile perciò, in alcuni casi, benedire una seconda unione. D'altronde, sostiene nel suo libro mons. Bonny, «fin dai tempi più antichi, la Chiesa ortodossa ha conosciuto il riconoscimento di una seconda unione per ragioni di misericordia, laddove come coppia si abbia un nuovo posto all’interno della comunità. Questa nuova benedizione, tuttavia, non è affatto una ripetizione né una sostituzione del primo matrimonio sacramentale. Quello era e resta unico». 

* Immagine di Trishhhh, tratta dal sito Flickr, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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