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Una nuova spiritualità per salvarci dalla catastrofe. I testi dell'Agenda Latinoamericana 2021

Una nuova spiritualità per salvarci dalla catastrofe. I testi dell'Agenda Latinoamericana 2021

Tratto da: Adista Documenti n° 39 del 06/11/2021

DOC-3153. QUARRATA-ADISTA. O adesso o mai più: il cambiamento non può più attendere, e deve essere radicale. Questo l’appello lanciato dall’Agenda Latinoamericana 2021, i cui testi sono stati raccolti anche quest'anno in un numero speciale della rivista In Dialogo della Rete Radié Resch di Quarrata, con il titolo "Punto di non ritorno? È tardi, ma ora o mai più".

Che l'umanità sia già quasi fuori tempo massimo non restano più dubbi. Per quanto, come evidenzia José María Vigil, i prevedibili effetti del cambiamento climatico abbiano «un carattere così apocalittico che la loro mera possibilità appare fantasiosa», in realtà la catastrofe climatica è già iniziata, come indicano, tra molto altro, il costante aumento delle emissioni globali di anidride carbonica, l'esaurimento delle fonti di acqua dolce, la distruzione delle foreste native: «Stiamo andando verso un ecocidio di proporzioni enormi su questo pianeta, che per buona parte della nostra specie sarà anche un suicidio». E se il rischio crescente è che non ci sia abbastanza tempo per evitarlo, non per questo l'Agenda Latinoamericana si sottrae al compito di creare consapevolezza esortando a un cambiamento di visione e di stili di vita. Perché, come sottolinea Jorge Riechmann (Università Autonoma di Madrid), in una cultura negazionista – negazionista non solo rispetto al cambiamento climatico e al fallimento del capitalismo con la sua pretesa di una crescita infinita, ma anche riguardo alla finitezza umana, alla nostra animalità, alla nostra corporeità, alla nostra mortalità e ai nostri limiti biofisici – la responsabilità di chi ha a cuore la casa comune è quella di «cercare ostinatamente di continuare a dire la verità, quella verità scomoda che è diventata inaccettabile».

Di fronte a questa sfida, il primo profondo e necessario ripensamento è allora quello relativo alla necessità di svincolare la nostra relazione con l’ambiente dalla nozione di “capitale naturale”. Con un pianeta al collasso possiamo infatti continuare a pensare la natura come un’entità al “servizio” dell’umanità? A misurarla e valutarla solo rispetto ai benefici che fornisce all’essere umano? Non dobbiamo piuttosto chiederci come avviare una vera transizione verso un modello che abbandoni la visione che pone l’essere umano al di sopra della natura, come se fosse qualcosa di esterno e di separato?

In quest'ottica, si chiede con speranza David Molineaux, «è possibile che, forse indotto dalle prime catastrofi, stia emergendo un mito condiviso, con un profondo potere evocativo capace di condurci a un radicale ri-orientamento di valori, percezioni e istituzioni chiave?». È possibile, rilancia Vigil, che la crisi climatica, anche con le sue conseguenze traumatiche, diventi «l'occasione ambientale necessaria per l'emergere di una nuova tappa di Gaia, di un cambiamento radicale nostro o, eventualmente, di una o più nuove specie che passino a "guidare" l'evoluzione su questo pianeta»?

Quel che è certo è che, come sostiene José Arregi, «potrà salvarci solo l'adozione di un altro modello di civiltà eco-spirituale globale, di un'altra politica e di un'altra economia ispirate dalla Giustizia, dalla Pace e dalla Cura». Il riconoscimento, come viene evidenziato nell'Introduzione fraterna, della «trama che tiene insieme la vita umana e la natura, per scoprire che il nostro futuro dipende dalla solidarietà e dal gioioso riconoscimento dell'unità del mondo». La coscienza che «siamo parte di un tutto», che «il rispetto che abbiamo per noi stessi dovrebbe essere inteso come riguardo verso il Tutto senza cui non possiamo vivere». Perché, come ha dichiarato l'Associazione Ecumenica dei teologi e delle teologhe del Terzo Mondo, «cesseremo di distruggere la natura solamente quando scopriremo sia la sua dimensione divina che il nostro proprio carattere naturale».

Solo così potremo procedere, come sottolinea Leonardo Boff, all'urgente superamento del paradigma attuale: «invece del pugno chiuso (volontà di potenza come dominio) per soggiogare gli altri, i popoli e la natura, offrire la mano tesa (volontà di vivere e convivere) per la cura e la tenerezza essenziali», mettendoci al servizio di tutti gli esseri e «vivere insieme come membri della comunità di vita» di questo pianeta a cui apparteniamo.

Gli interventi

di Jorge Riechmann qui,

di José María Vigil qui

e di Ivone Gebara qui.  

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