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#OutInChurch: il coming out di 125 dipendenti della Chiesa per promuovere i diritti LGBTQ

#OutInChurch: il coming out di 125 dipendenti della Chiesa per promuovere i diritti LGBTQ

BERLINO-ADISTA. Più di 70mila sostenitori hanno già firmato in Germania la petizione online #OutInChurch, nata per promuovere i diritti delle persone Lgbtq nella Chiesa cattolica, articolata in sette punti e in 12 lingue diverse, diffusa sulla piattaforma change.org e online dal 24 gennaio scorso. A promuoverla, con un passo assolutamente inedito, 125 persone queer al servizio nella Chiesa - preti, ex preti, insegnanti, funzionari della Chiesa a vario titolo, volontari - che hanno fatto coming out chiedendo di eliminare le «dichiarazioni obsolete della dottrina della Chiesa» sui temi di genere, una benedizione in chiesa per le coppie dello stesso sesso, un cambiamento nella legge sul lavoro della Chiesa, che considera l’omosessualità dei propri dipendenti una violazione della lealtà, e la fine della discriminazione nei confronti dei credenti omosessuali, bisessuali e transgender. Inoltre, i promotori invitano i vescovi ad assumersi la responsabilità delle sofferenze inflitte dalla Chiesa alle persone omosessuali. Se le richieste non sono inedite, lo è certamente la forma con cui sono state avanzate, ottenendo consensi e solidarietà anche da circa 30 associazioni e organizzazioni cattoliche.

L’orientamento sessuale, affermano i promotori, non deve mai essere considerato una violazione della lealtà professionale o motivo di licenziamento; la Chiesa deve correggere le sue affermazioni sulla sessualità sulla base di «risultati teologici e umano-scientifici»; deve assumersi la responsabilità della loro discriminazione nella storia.

Certamente, a rinfocolare il dibattito sui diritti delle persone omosessuali nella Chiesa ha contribuito, lo scorso anno, il divieto da parte del Vaticano - con un Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede - di benedire le coppie Lgbtq (v. Adista Notizie nn. 1,12/21; Adista Documenti n. 13/21); diversi erano infatti i vescovi tedeschi, tra cui il card. Reinhard Marx di Monaco, ma non solo, che si erano espressi già in passato a favore di una sorta di benedizione pastorale per le coppie in questione. Proposta bocciata anche da papa Francesco, aggiungendo che essa «non intendeva essere una forma di ingiusta discriminazione, ma piuttosto un richiamo alla verità del rito liturgico» del sacramento del matrimonio.

Vescovi favorevoli

Numerosi i vescovi e vicari generali tedeschi che si sono espressi a favore dell’iniziativa e hanno assicurato ai partecipanti di #OutInChurch che non avrebbero dovuto temere alcuna conseguenza in materia di diritto del lavoro. Il vescovo di Mainz, mons. Peter Kohlgraf, ha parlato della «fine del doppio standard in materia di sessualità nella Chiesa»; quello di Aquisgrana, mons. Helmut Dieser, ha accolto con favore la campagna commentandola a margine della riunione del Consiglio permanente dei vescovi a Würzburg. A nome della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo, che presiede il forum "Vivere in relazioni di successo - amare e vivere nella sessualità e nel partenariato" del Cammino sinodale, ha spiegato che l'iniziativa è un segno che si sta lavorando per creare un clima di libertà dalla paura: «Nessuno può essere discriminato, svalutato o criminalizzato a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere», ha detto. L'orientamento sessuale e l'identità di genere fanno parte della persona, ha sottolineato: «Abbiamo un'immagine dell'essere umano che ci dice che la persona è assolutamente amata da Dio». Su questa base, il percorso sinodale in Germania fa proprio un nuovo approccio alle questioni dell'orientamento sessuale, dell'identità, ma anche di relazioni felici, ha affermato Dieser.

Il vescovo di Dresda-Meißen, mons. Heinrich Timmerevers, ha espresso «gratitudine» su Twitter a proposito della campagna: «La Chiesa deve offrire a tutti una casa. Questo è quello che voglio fare»; per il vescovo di Osnabrück Franz-Josef Bode il coming out dei 125 dipendenti queer della Chiesa è stato «un passo coraggioso»; «Il messaggio fondamentale della Chiesa è l'amore incondizionato di Dio per tutte le persone, nella loro diversità e unicità», afferma Bode, che è anche vicepresidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk). «Questo deve valere anche per tutte le relazioni, purché basate sull'amore e sul rispetto reciproco». La Chiesa cattolica, ha dichiarato il vescovo di Hildesheim Heiner Wilmer al Norddeutscher Rundfunk (24/1), «deve tenere conto anche del diritto del lavoro in modo che i dipendenti non debbano più nascondere un orientamento omosessuale". La valorizzazione delle persone omosessuali è «giustamente un argomento importante del percorso sinodale», e la benedizione delle coppie omosessuali non dovrebbe essere un tabù, oggetto di dibattito, senza temere che essa metta in discussione il sacramento del matrimonio tra uomo e donna.

Anche il vicario generale di Treviri Ulrich von Plettenberg sostiene la campagna, che mostra «la realtà della diversità sessuale nella Chiesa e tra i suoi dipendenti». Bisogna «considerare insieme dove sono necessari cambiamenti nella morale sessuale e nel diritto del lavoro della Chiesa»; «Le persone che si sentono parte della comunità LGBTIQ e vogliono plasmare la propria vita e lavorare sulla base della fede cristiana devono ovviamente avere una casa nella nostra Chiesa e non temere la repressione». Una garanzia dell’assenza di conseguenze sul diritto del lavoro per i dipendenti della Chiesa queer è venuta dal vicario generale di Essen Klaus Pfeffer e da quello di Speyer Andreas Sturm, mentre quello dell'arcidiocesi di Paderborn Alfons Hardt ha espresso il suo rammarico per la discriminazione sul sito web dell'arcidiocesi: Le persone queer, ha scritto, non «hanno sentito l'apprezzamento incondizionato cui ogni essere umano ha diritto in quanto creatura di Dio». La Chiesa «deve stare al fianco di tutti e aiutare a superare l'ingiustizia e la sofferenza vissuta», con «segni chiari» che «non ci sono e non devono esserci abusi o discriminazioni della vita umana».

Come è nata l’idea

«Purtroppo, la Chiesa è brava a tacere sulle cose e a starsene fuori, ma spero che con la nostra azione questo non funzionerà più», ha detto il parroco di Hamm Bernd Mönkebüscher, co-promotore di #OutInChurch, spiegando che l’idea, mutuata da una analoga campagna portata avanti da attori nel 2021, #OutAct, ha avuto un’incubazione di un anno, con la lenta tessitura di una rete di collegamento tra le persone coinvolte, che ha dato loro il coraggio di dichiararsi pubblicamente. «In termini di diritto del lavoro, le persone omosessuali nelle professioni legate all'evangelizzazione non possono contrarre matrimonio. Perderebbero il lavoro», ha aggiunto. Sotto il pontificato Ratzinger non sarebbe stato possibile, ma ora è importante che i vescovi tedeschi «diano l’assalto al Vaticano» con le richieste avanzate dall'iniziativa.

Una reazione dal mondo politico è arrivata subito: il ministro federale della Giustizia Marco Buschmann (FDP) ha chiesto un seguito legislativo: nessuno, ha detto, dovrebbe essere discriminato a causa della sua identità sessuale, e «Con tutto il rispetto per il diritto della Chiesa all'autodeterminazione, specialmente nell'area dell’evangelizzazione, anche la Chiesa, in quanto uno dei maggiori datori di lavoro in Germania, deve tenerne conto». Buschmann ha fatto riferimento alla richiesta, nell'accordo di coalizione, di aggiungere l'elemento dell'identità sessuale al divieto di discriminazione nella legge fondamentale dello Stato.

Anche il commissario queer del governo federale, Sven Lehmann (Verdi), ha fatto una dichiarazione, sottolineando l'importanza del dialogo tra Chiesa e politica: «Un cambiamento nel diritto del lavoro non è banale", ha affermato; «Una cosa del genere non può essere fatta rapidamente e con breve preavviso, ma piuttosto in modo ponderato e in dialogo con le Chiese».

I dipendenti queer, ha sottolineato il canonista di Friburgo Georg Bier, nelle istituzioni cattoliche hanno poca sicurezza giuridica (Kna, 24/1); «Tutto è a discrezione del datore di lavoro». Nel caso di persone in servizio pastorale o insegnanti di religione in particolare, c’è bisogno di un mandato ecclesiastico speciale come la "missio canonica". Per i sacerdoti vale soprattutto la regola del celibato: «Svincolare un sacerdote dal clero è molto più difficile che sottrarre la missio canonica a un insegnante di religione e vietargli così il suo lavoro».

La giurisprudenza in Germania è tradizionalmente molto favorevole alla chiesa, ma i tribunali del lavoro stanno valutando sempre più il contenuto delle sue decisioni: «La Chiesa – ha detto Bier - non ha più il diritto illimitato di organizzare e amministrare i suoi affari in un modo che sia completamente distaccato da tutte le altre circostanze».

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