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Chiese ortodosse divise tra putiniani e chi invoca la no-fly zone sul Paese

Chiese ortodosse divise tra putiniani e chi invoca la no-fly zone sul Paese

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Partirà domani dal Vaticano il cardinal Czerny, prefetto del Dicastero dello sviluppo umano integrale, per una nuova missione in Ucraina, dopo quella della scorsa settimana insieme al cardinale Krajewski, elemosiniere del papa.

Missione umanitaria più che diplomatica («per manifestare la vicinanza del pontefice a quanti vivono con dolore le conseguenze della guerra», «fuggono dai combattimenti e soffrono per la violenza di altri uomini», spiega la sala stampa vaticana), che però intende tenere aperto anche il canale del negoziato. Lo ha ribadito lo stesso Francesco domenica all’Angelus: «Si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!».

Parole di condanna della guerra, che respingono le numerose critiche ricevute nei giorni scorsi – le più eloquenti da Le Monde – che accusano Francesco di invocare la pace senza però arruolarsi con sufficiente veemenza nel fronte anti-Putin. «Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri», ha detto il pontefice.

La scelta di non indossare l’elmetto – accusa rivolta a Bergoglio anche nel 2013, quando Usa e Regno Unito si preparavano a bombardare la Siria, e il papa provava a coinvolgere Putin per fermare il conflitto – è funzionale a tenere in vita la via diplomatica, come ha spiegato il cardinale segretario di Stato Parolin intervistato dai media vaticani. «La guerra è una pazzia, bisogna fermarla», ma senza affidarsi «alle armi», che «dimenticano l’umanità»: invece «tanti parlano di riarmo, nuove e ingenti somme di denaro vengono destinate agli armamenti, la logica della guerra sembra prevalere», «abbiamo dimenticato le lezioni della nostra storia recente», ha detto Parolin, che nei giorni scorsi ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri russo Lavrov e che ha ribadito «la totale disponibilità della Santa sede per qualsiasi tipo di mediazione che possa favorire la pace».

Nelle parole del papa all’Angelus si scorge anche una censura ai recenti interventi di Kirill, patriarca della Chiesa ortodossa russa, nazionalista e putiniano, che ha giustificato l’aggressione all’Ucraina come una difesa dei valori tradizionali contro la decadenza dei costumi e il libertinismo occidentali, rappresentati dai diritti concessi alle persone omosessuali: «Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome», ha detto Francesco. Le affermazioni di Kirill sono state contestate anche da trecento preti ortodossi russi e dal metropolita Giovanni di Dubna (arcidiocesi delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale), ma non sembra aver cambiato idea: ieri il patriarca di Mosca ha incontrato il leader della Guardia nazionale russa Zolotov di fronte a un’icona della Madonna nella speranza di una vittoria «rapida».

Le Chiese si attestano su posizioni nazionaliste anche in Ucraina. In un videomessaggio Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina (di rito orientale ma in comunione con Roma) ha esaltato «l’eccezionale coraggio delle nostre forze armate che sono riuscite a fermare il nemico su quasi tutte le direzioni». E il Consiglio ucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose (Uccro) – che comprende anche ebrei e musulmani – ha chiesto a Nato, Onu e Ue di «introdurre una no-fly zone sull’Ucraina» e di fornire a Zelensky «aerei da combattimento» per proteggere il Paese «dagli invasori russi». Dell’Uccro fanno parte sia il metropolita Onuphry (primate della Chiesa ortodossa ucraina, fedele al Patriarcato di Mosca), sia il metropolita Epifanio, primate della Chiesa ortodossa ucraina separatasi da Mosca ai tempi dell’ex presidente Poroshenko e riconosciuta come «autocefala» (indipendente) da Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli: separati dalla fede ma uniti dalla nazione.

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