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Papa Francesco a Kiev? L'ipotesi è

Papa Francesco a Kiev? L'ipotesi è "sul tavolo"

ROMA-ADISTA.

Una visita del papa a Kiev? È possibile.

A confermare che l’ipotesi «è sul tavolo» della Santa sede è stato lo stesso papa Francesco, ieri mattina, rispondendo alle domande dei giornalisti sull’aereo che lo stava portando a Malta, meta del suo trentaseiesimo viaggio apostolico. Di più né il pontefice né il suo entourage hanno detto. Sono però bastate queste parole a rendere la possibilità di una visita lampo di Bergoglio a Kiev ancora molto difficile ma evidentemente non del tutto irrealistica.

Gli ostacoli, al momento, sono due.

Il primo è costituito dalle bombe russe che continuano a piovere sulla capitale e sulle altre città ucraine: per realizzare il viaggio sarebbe necessario un cessate il fuoco che non pare imminente.

Il secondo si chiama Kirill, perché Francesco non si avventurerebbe a Kiev senza avere una sorta di nihil obstat da parte del patriarca di Mosca, a meno non voler rompere irreparabilmente i rapporti con la Chiesa ortodossa russa.

Negli ultimi giorni, dopo il gelo causato dalle parole di Kirill che giustificavano l’attacco russo all’Ucraina come una sorta di guerra santa contro la modernità occidentale antitetica alla legge divina e in difesa dei valori tradizionali, i canali fra Santa sede e Patriarcato di Mosca si sono riaperti. Prima c’è stato un colloquio in videoconferenza fra Bergoglio e Kirill. Pochi giorni fa si è addirittura ipotizzato un incontro fra il pontefice romano e il patriarca russo – confermato dall’ambasciata russa presso la Santa sede e dal metropoilita Hilarion, responsabile delle relazioni internazionali del Patriarcato di Mosca –, da tenersi in territorio neutro, come già avvenne del 2016 all’aeroporto dell’Avana.

Le Chiese ucraine – quella greco-cattolica ma anche quella ortodossa autocefala, separatasi da Mosca e riconosciuta da Costantinopoli – da settimane premono sulla Santa sede perché organizzi il viaggio. Ma per convincere Francesco a partire per Kiev, magari facendo tappa in Polonia – venerdì il presidente Duda è stato ricevuto in Vaticano, si è parlato della guerra e dei profughi accolti da Varsavia – serve il sì di Kirill, che da diversi giorni inizia a fare i conti con un’opposizione interna molto critica nei confronti delle sue posizioni allineate al Cremlino.

Dal canto suo Bergoglio continua a condannare la guerra e il riarmo, senza fare esplicitamente il nome di Putin o della Russia, per tenere aperto il filo del dialogo. «Il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà», ha detto ieri il papa a Malta, incontrando il presidente della Repubblica e il governo. Di fronte «all’aggressività infantile e distruttiva», «al rischio di una “guerra fredda allargata”», alle «seduzioni dell’autocrazia» e dei «nuovi imperialismi», ai «pochi potenti alla ricerca di spazi e zone d’influenza», bisogna rilanciare «la logica della pace», ha ammonito il papa. Che ha concluso: «La guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi», torniamo allora «a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno. E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione».

 

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