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Imminente in Cile il referendum sulla nuova Costituzione. Le prospettive secondo il presidente Boric

Imminente in Cile il referendum sulla nuova Costituzione. Le prospettive secondo il presidente Boric

Mancano tre giorni al referendum con il quale i cileni approveranno o rifiuteranno la nuova Carta Costituzionale. Il più recente sondaggio (19 agosto) dà il “no” al 45,8% e il “sì” al 32,9%. Ma potrebbero fare la differenza gli indecisi.

È quello che spera il giovane presidente Gabriel Boric, basandosi sul dato che fu una valanga di cittadini a decretare, nel plebiscito dell’ottobre 2020, la necessità di mandare al macero la Costituzione del 1980, sagomata dal dittatore e golpista Pinochet.  Il 31 agosto il capo di Stato, dallo schermo televisivo ha rivolto un appello «partecipare» al referendum del 4 settembre «per entrare tutti a far parte della costruzione della nuova storia del Cile, per dire che tutti siete protagonisti e che avete il diritto e il dovere di decidere dove andare».

Nell’ampia intervista rilasciata il giorno prima alla rivista Time, aveva detto di ritenere «positivo» il nuovo progetto costituzionale, frutto di un anno di lavoro della “Convenzione costituzionale”, l’assemblea i cui membri sono stati scelti dal popolo tramite elezioni. «Penso che affronti questioni che, non solo per il Cile ma per il mondo, sono molto importanti», sono state le sue parole. «Ha una visione di armonia, sviluppo e cura dell'ambiente che era molto estranea alle Costituzioni del XX secolo. Incorpora una prospettiva femminista, che è fondamentale. Stabilisce un catalogo di diritti di enorme importanza, su cui è necessario avanzare progressivamente: i diritti dei lavoratori, la distribuzione delle risorse e del potere su tutto il territorio e non solo a Santiago. Ho una buona opinione della bozza. Ci sono sempre cose che possono essere migliorate e fa parte del dibattito. Ma è un grande passo».

E se non sarà approvata, cosa succederà e come si muoverà il governo?, chiede Time. «Il Cile ha deciso nel plebiscito di ottobre 2020 di avere una nuova Costituzione. E doveva essere scritta da un organo appositamente eletto a tale scopo». Il risultato del plebiscito «è obbligatorio, è ancora valido. Se alla fine vince il rigetto, che è legittimo, è necessario continuare con quel mandato del popolo» e perciò tornare a votare i membri di una nuova “Convenzione costituzionale”.

Non teme, Boric, che una vittoria del rifiuto possa costituire un disastro per l'agenda del suo programma governativo. Intanto, afferma, «resta valido il consenso sulla necessità di una nuova Costituzione e sull'aggiornamento delle basi della convivenza. Sono convinto che si andrà a buon fine, a prescindere dal risultato del 4 settembre», perché «noi come governo abbiamo il dovere di governare, indipendentemente da ciò che accade». E «ci sono problemi che vanno oltre la discussione costituzionale. L'aumento del costo della vita, l'inflazione, la sicurezza, i diritti dei bambini, l'istruzione, la riforma sanitaria, la riforma fiscale. Continueremo a fare tutto questo», anche se, ammette, «se alla fine vincerà il rifiuto, ci vorrà un po' di più di tempo, ma ci arriveremo comunque».

*Gabriel Boric. Foto Medios Públicos EP, tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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