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Norme antiabusi ampliate e rafforzate. Ma non c'è l'obbligo di denuncia

Norme antiabusi ampliate e rafforzate. Ma non c'è l'obbligo di denuncia

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Non solo i minori ma anche gli «adulti vulnerabili» possono essere vittime di abusi da parte di preti, religiosi e laici con responsabilità ecclesiali. I vescovi che coprono o insabbiano casi di pedocriminalità devono essere processati e, se ritenuti colpevoli, puniti dall’autorità ecclesiastica. A chi denuncia un abuso non è essere imposto nessun vincolo di silenzio: può quindi trasmettere le informazioni alle autorità civili, ma non è tenuto a farlo.

Papa Francesco amplia e irrigidisce le norme contro gli abusi sessuali nella Chiesa, rendendole più severe e stringenti, anche se la collaborazione con le polizie e le magistrature degli Stati resta in una zona grigia: si possono, ma non si devono obbligatoriamente denunciare alle autorità civili i casi di abuso di cui si viene a conoscenza.

Il motu proprio che, dopo una sperimentazione di quattro anni, aggiorna e rende definitiva il Vos estis lux mundi – il precedente provvedimento pontificio sulla pedofilia del clero, datato 2019 – è stato firmato ieri dal pontefice ed entrerà in vigore il 30 aprile. «I crimini di abuso sessuale offendono nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli», si legge nella premessa, «pertanto è bene che siano adottate a livello universale procedure volte a prevenire e contrastare questi crimini che tradiscono la fiducia dei fedeli».

Si allarga la platea dei potenziali colpevoli di abuso sessuale e di pedopornografia: non più solo preti e religiosi, ma anche laici che guidano associazioni o movimenti ecclesiali. Nei loro confronti, ferma restando la presunzione di innocenza, va immediatamente avviata un’indagine da parte del vescovo o del superiore religioso territoriale – i quali possono adottare anche delle misure cautelari nei confronti dell’indagato (allontanamento, divieto di esercitare il ministero in pubblico ecc.) – che, una volta conclusa, va trasmessa in Vaticano per gli eventuali provvedimenti canonici. In caso di inadempienza, sono gli stessi vescovi a finire sotto indagine da parte del Vaticano.

È ampliata anche la tipologia delle vittime: non solo i minori di 18 anni, ma anche «adulti vulnerabili», non in grado cioè, per varie ragioni, «di resistere all’offesa». Evidentemente i recenti casi di cronaca hanno influito nell’irrigidimento delle norme, a cominciare dal artista teologo gesuita Marko Ivan Rupnik, prima scomunicato e poi graziato dal Vaticano per gli abusi commessi su diverse donne sue “discepole”.

Fatto salvo il segreto confessionale, chi ha notizia di un presunto abuso «ha l’obbligo» di segnalarlo tempestivamente al vescovo o all’ufficio preposto, di cui ogni diocesi deve dotarsi. Non gli è imposto «alcun vincolo di silenzio», quindi può anche decidere di denunciare il sospetto all’autorità giudiziaria laica, ma in questo caso l’obbligo non è previsto dal provvedimento di Francesco. Una lacuna che resta.

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