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Duro attacco dell'arcivescovo di Lima al governo: «sembra non si rendano conto che il nostro popolo esiste, soffre ed esige cambiamenti urgenti».

Duro attacco dell'arcivescovo di Lima al governo: «sembra non si rendano conto che il nostro popolo esiste, soffre ed esige cambiamenti urgenti».

Alla messa di Te Deum del 28 luglio, la Festa Patria che quest’anno celebrava i 200 anni della nascita dello Stato peruviano, l’arcivescovo di Lima, mons. Carlos Castillo, ha duramente attaccato le autorità nazionali chiedendo giustizia per le morti avvenute durante le proteste contro il governo e il Congresso (vedi qui e qui).

Davanti alla presidente Dina Boluarte, che ha ascoltato immobile il richiamo dell'arcivescovo alla responsabilità, Castillo ha detto che «pochissime volte abbiamo raggiunto il 28 luglio nella stessa situazione di incertezza, tensione e divisione politica di quella che viviamo oggi. Per questo per la mia missione, spetta a me fare, con tutto il rispetto, l'invocazione alle massime autorità del Paese affinché si pongano per qualche minuto nella situazione di chi soffre di più, faccia a faccia con i nostri errori e i gravi mali in cui siamo incorsi, comprese le morti che ancora attendono giustizia e riparazione».

«Da un anno, da quado molte speranze sono andate svanendo per quella misera ambizione che non ha saputo interpretare il sentire popolare, tutti i sondaggi ci mostrano chiaramente che questo svanimento è continuato, e rilevano di più grave separazione e allontanamento tra i livelli dirigenziali, in particolare quelli politici, e la vita del popolo semplice, le sue gravi sofferenze e bisogni. Sembra che non si rendano conto che il nostro popolo esiste, soffre ed esige cambiamenti urgenti».

«Come Chiesa – ha chiarito mons. Castillo – non siamo qui per dare soluzioni strategiche o tattiche, che competono al campo strettamente politico ed economico. Ma non può rimanere muta davanti al lassismo umano ed etico del Patria. Non può smettere di chiamare tutti all'unità per un programma minimo comune ed effettivo che intenda affrontare, con la partecipazione di tutti, i settori sociale e politico, l'urgente necessità di affrontare il situazione drammatica che sta si avvicina, rafforzando e allargando la partecipazione e la democrazia, invece di restringerle, privilegiando i più vulnerabili, senza abbandonare nessuno, ma favorendo la solidarietà nella salute, nell'alimentazione di base, nel lavoro, nell'istruzione, la previsione  prima del fenomeno climatico del Niño e di tante altre emergenze».

«La nazione siamo tutti e nessun interesse particolare delle persone, della famiglia o gruppo, può fare del nostro patrimonio il loro monopolio (Cost 1823: 1-2)», ha stigmatizzato Castillo. «Il nostro popolo continua ad essere protagonista della nostra storia, e dovremmo apprezzarlo e incoraggiarlo. E se tutto è di tutti, apprezziamo anche i m11alumori e i rifiuti popolari che condanniamo le nostre cattive azioni come leader del paese e ed esigono rettifiche chiare, tempestive e giuste. Superiamo l'indifferenza e riabilitiamo la migliore politica per il bene comune della nazione».

L’arcivescovo di Lima ha concluso con un’esortazione e un mea culpa: «Apprezziamo l'iniziativa creatrice del nostro popolo invece di disprezzarla, come tante volte succede tra le dirigenze sociali, politiche ed economiche, e anche culturale e anche ecclesiale. Nella Chiesa stiamo cercando di fare quel passo, ma abbiamo ancora serie difficoltà, e per questo chiediamo perdono».

Al termine dell’omelia, l’arcivescovo è andato incontro alla presidente Boluarte per scambiare con lei il segno della pace.

L'omelia dell'arcivescovo di Lima al Te Deum ha avuto diverse reazioni per il suo duro appello alle autorità.

«Il miglior messaggio alla nazione che abbiamo ascoltato oggi è quello dato da monsignor Carlos Castillo. E se ai mercanti politici non è piaciuto, è molto positivo per il Paese», ha twittato Mesías Guevara, leader di Acción Popular ed ex governatore regionale di Cajamarca.

Lo storico Michael Mendieta, docente all'Universidad Mayor de San Marcos, ha rilevato che « è stato pronunciato dall'arcivescovo Castillo» quello che avrebbe dovuto essre «il messaggio presidenziale al Te Deum. La questione della giustizia e della comprensione del fatto che ci troviamo in una situazione di crisi è stata menzionata da lui e non da Boluarte».

«Ci sono diversi motivi per cui le parole dell'arcivescovo di Lima, Carlos Castillo, hanno avuto un tale impatto», scrive oggi sul quotidiano peruviano la Republica Jorge Bruce, psicoanalista, docente della Pontificia Università Cattolica del Perù. «In un periodo in cui le proteste contro il regime sono represse con insolita violenza, è confortante, persino terapeutico per una persona raccontare ai rappresentanti dei principali poteri dello Stato la verità su quanto sta accadendo» «Non sono un credente, ma posso dire senza ombra di dubbio che in quei momenti Carlos Castillo mi rappresenta. Da cittadino, da psicanalista, mi sento ferito ogni volta che quelle stesse autorità che atteggiano la faccia ad ammonimento perché non vado in chiesa ci mentono su quello che è successo tra dicembre e febbraio. Perché la violenza mette a lutto famiglie e comunità. Mette a lutto tutti. Ma la negazione della responsabilità ci fa ammalare, rendendo impossibile il lutto e la conseguente riparazione. Che può venire solo attraverso la giustizia. Tutto questo ci viene negato con un cinismo che infetta ferite psichiche, generando disperazione e incubando altra violenza».

*Cattedrale di Lima. Foto di Martin Garcia tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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