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Per un futuro libero dal nucleare: a New York, la seconda Conferenza del Trattato contro le armi nucleari

Per un futuro libero dal nucleare: a New York, la seconda Conferenza del Trattato contro le armi nucleari

La dottrina della deterrenza nucleare come strategia politico militare attuata per mettere al riparo i popoli dal ricorso alla guerra si è rivelata nel tempo una grande menzogna che, oltre ad alimentare una corsa al riarmo dissennata e senza fine, si è dimostrata incapace di evitare l’insorgere di nuovi conflitti ed ha anche rappresentato un significativo problema di sicurezza, «che richiede un’attenzione urgente da parte della comunità internazionale». I partecipanti alla seconda Conferenza degli Stati parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW), che si è tenuta al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York dal 27 novembre al 1° dicembre, hanno definito tale dottrina, ostentata dai Paesi detentori di ordigni e dai loro alleati, «una minaccia alla sicurezza umana e un ostacolo al disarmo nucleare». Nella Dichiarazione politica finale della Conferenza si chiede inoltre di «sfidare il paradigma di sicurezza basato sulla deterrenza nucleare, evidenziando e promuovendo nuove prove scientifiche sulle conseguenze e sui rischi umanitari delle armi nucleari e contrapponendole ai rischi e ai presupposti insiti nella deterrenza nucleare».

Alla Conferenza di New York hanno partecipato gli Stati firmatari del TPNW, rappresentanti della comunità scientifica, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, rappresentanti delle organizzazioni della società civile afferenti alla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN, Nobel per la Pace 2017), tra le quali Rete Italiana Pace Disarmo (RiPD) e Senzatomica (promotori della campagna “Italia, ripensaci”).

«La deterrenza – spiega un comunicato di Senzatomica e RiPD disramato in chiusura dei lavori a New York – è una “scommessa” non provata (una mera teoria con la quale si sta rischiando il futuro dell’umanità) che si basa sulla minaccia implicita di usare armi nucleari e che ha portato il mondo vicino alla guerra nucleare in diverse occasioni». L’unica certezza di queste armi è la devastazione, umana e naturale, che queste sono in grado di provocare, come hanno spiegato in Conferenza i sopravvissuti all’uso o ai test di ordigni nucleari, che hanno poi chiesto un impegno «a lavorare per implementare le caratteristiche innovative del Trattato sugli aspetti dell’assistenza alle vittime dell’uso, degli esperimenti e dello sviluppo di armi nucleari, nonché sulla bonifica della contaminazione derivante dalle attività delle armi nucleari». La loro testimonianza ha rimarcato, ancora una volta, la distanza abissale di informazione e consapevolezza tra gli esiti nefasti di una eventuale guerra nucleare e le politiche militari di Stati detentori e loro alleati. Fondamentale, in tal senso, è stato anche il supporto informativo fornito in Conferenza dagli scienziati coinvolti: analisi, studi e ricerche hanno dimostrato le conseguenze nefaste sui sistemi alimentari, energetici ed economici in caso di detonazione, i pericoli che si celano dietro gli ordigni nucleari, seppur non utilizzati, e le varie soluzioni percorribili per dismettere gli arsenali e riconvertire le strutture ad uso civile.

Secondo la direttrice esecutiva di ICAN, Melissa Parke, «la condanna della dottrina della deterrenza nucleare da parte dei membri del TPNW durante questa Conferenza di New York è una mossa estremamente significativa. Mai prima d’ora un Trattato delle Nazioni Unite aveva messo in evidenza la minaccia che la deterrenza nucleare rappresenta per il futuro della vita sul nostro pianeta. La deterrenza è inaccettabile. Si basa sulla minaccia di scatenare una guerra nucleare che ucciderebbe in poco tempo milioni di persone e porterebbe inoltre a un inverno nucleare con carestia di massa che, secondo recenti ricerche, ucciderebbe miliardi di persone».

Un fenomeno in crescita

Il TPNW è il primo trattato internazionale legalmente vincolante che rende illegali le armi nucleari e ne vieta l’uso, lo sviluppo, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, lo stoccaggio, il trasferimento e persino la minaccia d’uso. Adottato dalle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, è entrato in vigore il 22 gennaio 2021, 90 giorni dopo la ratifica del 50.mo Stato. Oggi conta 93 Paesi firmatari e 69 Paesi che già lo hanno ratificato. «La Santa Sede – ricorda Avvenire il 2 dicembre scorso – è stata il primo Stato a sottoscrivere il Trattato, l'Italia non l'ha fatto, a causa della sua appartenenza alla Nato. E perché nelle basi militari di Ghedi e Aviano custodisce (non ufficialmente) testate nucleari statunitensi».

La prima “Nuclear Ban Week”, la prima Conferenza degli Stati Parti del TPNW, si è tenuta a Vienna nel giugno 2022 (v. Adista Notizie n. 24/22) e ha radunato, insieme ai Paesi aderenti, anche più di 30 Paesi osservatori (come Australia, Belgio, Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia), che non hanno firmato il Trattato in fedeltà al loro credo nuclearista o ai loro ottimi rapporti con i partner dell’Alleanza Atlantica.

La seconda Conferenza di New York, spigano nella nota Senzatomica e RiPD, «ha dimostrato che il TPNW sta diventando sempre più forte. Diversi Stati osservatori hanno annunciato l’intenzione di aderire al Trattato nel prossimo futuro, il che porterà il numero di Stati che hanno firmato, ratificato o aderito al trattato a più della metà di tutti i membri delle Nazioni Unite». Intanto l’Indonesia, quarto Paese più popoloso al mondo, ha già approvato in Parlamento la ratifica del trattato e, a breve, lo ratificheranno anche Brasile, Gibuti, Guinea Equatoriale, Mozambico e Nepal.

La terza Conferenza degli Stati parte del Trattato si terrà dal 3 al 7 marzo 2025, ancora una volta a New York, questa volta sotto la presidenza del Kazakistan, Paese molto impegnato nella mobilitazione in sostegno del TPNW perché vittima in passato dei test nucleari sovietici.

L’assenza italiana

L’Italia non figura tra i firmatari del TPNW e ha bucato la prima Conferenza di Vienna. Non ha partecipato nemmeno alla seconda Conferenza di New York, nonostante la grande pressione esercitata della società civile riunita nella Campagna “Italia, ripensaci”, nonostante la posizione anti-nucleare espressa dal popolo italiano in diversi sondaggi sul tema (questo, per esempio), nonostante infine il voto unanime in Commissione Esteri della Camera di una Risoluzione che a maggio scorso chiedeva al governo passi concreti nella direzione di un mondo libero dalle armi nucleari e, più in particolare, di valutare la possibilità di partecipare alla seconda Conferenza di New York in qualità di “Stato osservatore” (v. Adista Notizie n. 19/22). Il 23 novembre scorso, in risposta a un’interrogazione parlamentare della deputata PD Laura Boldrini (prima firmataria della Risoluzione), la sottosegretaria agli Esteri Maria Tripodi ha confermato in Commissione Esteri la decisione di non partecipare alla Conferenza di New York, ribadendo comunque che il governo condivide «con gli Stati parti del Trattato l'obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari» (v. Adista online).

Il 23 novembre stesso, in seguito alle dichiarazioni della sottosegretaria, RiPD e Senzatomica hanno espresso «delusione per la scelta annunciata oggi dal governo italiano, che in questo modo si autoesclude da uno dei percorsi più concreti di disarmo nucleare globale». Ancora una volta, si leggeva tra le righe del comunicato, il compito di rappresentare l’Italia nel cammino globale di disarmo nucleare è rimasto in mano alla società civile.

Daniel Högsta (vicedirettore ICAN), ha partecipato a una serie di iniziative di sensibilizzazione in Italia prima della seconda Conferenza del Trattato, chiedendo all’Italia «di partecipare al confronto con i Paesi che hanno esplicitamente dichiarato di voler mettere al bando le armi nucleari, se davvero crede all’obiettivo di un disarmo nucleare globale. Gli Stati che rifiutano di mettersi in gioco per questa prospettiva saranno giudicati dalla Storia, visto che stiamo parlando di armamenti che ancora oggi sono una minaccia all’esistenza stessa dell’umanità».

Il vincolo che impedisce l’adesione italiana al trattato sembra essere dunque l’adesione all’Alleanza atlantica. Alessja Trama (coordinatrice delle Politiche e della Ricerca di Senzatomica), nel suo intervento in Conferenza, ha ricordato che il Trattato Atlantico non menziona in alcun modo le armi nucleari e che quindi «la decisione di firmare e ratificare questo Trattato, come qualsiasi altro Trattato, deve essere presa su base nazionale, in modo libero e indipendente, e non dettata da un’istituzione sovranazionale o dai suoi membri dotati di armi nucleari». «I membri della NATO hanno affermato di non poter aderire al TPNW perché sarebbe in conflitto con i loro obblighi verso la NATO», ha poi incalzato. «Ma che dire dei loro obblighi verso le Nazioni Unite? E verso i loro cittadini», che hanno chiaramente espresso il no alle armi nucleari e il desiderio di aderire al Trattato? (giampalo petrucci)

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