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Il governo Meloni vuole smantellare la legge 185. L'allarme delle associazioni pacifiste

Il governo Meloni vuole smantellare la legge 185. L'allarme delle associazioni pacifiste

ROMA-ADISTA. Il governo Meloni vuole smantellare e rendere di fatto inutile la legge 185, che dal 1990 regola le esportazioni di armi italiane. Dopo le prime e immediate denunce delle Rete italiana pace e disarmo all’indomani degli emendamenti approvati dalla Commissione Affari esteri e Difesa del Senato lo scorso 16 gennaio (v. Adista Notizie n. 3/24), ora le analisi si fanno più puntuali e articolate.

Il disegno di legge del governo infatti ripristina, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), composto dal premier e dai ministri di Esteri, Interno, Difesa, Economia e finanze, Imprese e Made in Italy. L’obiettivo è chiaro secondo Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio per le armi leggere (Opal) e di Rete italiana pace e disarmo: porre il veto ai divieti alle esportazione di armi che il ministero degli Esteri, su proposta dell’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), può decidere in applicazione delle norme stabilite dalla legge e delle decisioni votate dal Parlamento. Il Cisd avrà infatti quindici giorni di tempo per esaminare i divieti proposti e potrà revocarli senza che nessuno, nemmeno il Parlamento, ne sappia nulla, spiega Beretta su Osservatorio diritti: «È, in concreto, la nuova formula del segreto di Stato del governo Meloni».

Ma le aziende armiere puntano a ridurre la trasparenza e l’informazione sulle proprie attività riguardo alle esportazioni di armamenti, intervenendo soprattutto sulla relazione che il governo deve inviare al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno e che, secondo la relatrice del disegno di legge Stefania Craxi, è troppo puntuale e analitica. «Ma sono proprio queste informazioni analitiche che nel corso degli anni hanno permesso agli osservatori indipendenti della società civile di monitorare gli affari delle industrie del settore e di denunciare le esportazioni a Paesi belligeranti, a regimi autoritari i cui governi sono accusati di gravi violazioni dei diritti umani», spiega Beretta. E infatti, per venire incontro ai desiderata delle industrie armiere e delle banche, il governo ha presentato un emendamento che elimina dalla relazione le tabelle con le attività degli istituti di credito. «In altre parole – aggiunge Beretta – non sapremo più dalla relazione quali sono le banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, in particolare verso Paesi autoritari o coinvolti in conflitti armati».

Sulla questione della mancata trasparenza bancaria, interviene anche Anna Fasano, presidente di Banca etica: «La legge 185/90 è un traguardo riconosciuto di progresso civile del nostro Paese, e come tale va potenziato e tutelato – spiega Fasano –. Gli emendamenti approvati prospettano di eliminare od oscurare gli strumenti di trasparenza che la legge prevede sull’export di armi dal nostro Paese, primo fra tutti la Relazione annuale del governo al Parlamento. Ciò si tradurrebbe in un arretramento inaccettabile, cancellando il diritto faticosamente conquistato ad avere informazioni complete sulla natura, l’origine e la destinazione dei sistemi d’arma italiani, e sui soggetti finanziatori che traggono profitto e finanziano queste operazioni. Se il voto favorevole registrato in Commissione si tradurrà in legge, ciò non solo impedirà al Parlamento di svolgere la sua funzione costituzionale di controllo in materia di export delle armi, ma comprometterà seriamente la libertà di scelta consapevole della cittadinanza e delle imprese che affidano i propri risparmi e investimenti alle banche e agli operatori finanziari, mettendo inoltre a rischio la stessa opportunità di confronto tra le Istituzioni e le organizzazioni e i movimenti attivi per la pace e in materia di disarmo e diritti umani nel mondo».

La Rete italiana pace e disarmo, che raggruppa più di settanta associazioni nazionali e locali (fra cui Acli, Agesci, Associazione Papa Giovanni XXIII, Beati i costruttori di Pace, Conferenza degli Istituti missionari in Italia, Pax Christi), si prepara al peggio e annuncia «una forte mobilitazione per impedire che le vendite di armi tornino ad essere circondate da una pericolosa opacità».

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