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Francia: in attesa del ballottaggio Macron-Le Pen, i vescovi tacciono

Francia: in attesa del ballottaggio Macron-Le Pen, i vescovi tacciono

LIONE-ADISTA. «Di fronte alla vertiginosa ascesa del populismo, i vescovi francesi disertano in aperta campagna elettorale. Si astengono dal formulare una scelta tra i candidati, né a favore né contro nessuno dei due. Questo rifiuto dell'impegno da parte dei vertici cattolici non è solo un fallimento in termini politici, ma una colpa davanti al Vangelo, un tradimento dalle tragiche conseguenze». Così si esprime, in un articolo sulla rivista francese Golias (21/4), Christian Delahaye, giornalista e teologo, nei tormentati giorni precedenti al ballottaggio del 24 aprile, in Francia, tra i candidati alla presidenza della Repubblica Emmanuel Macron e Marine Le Pen.

Al primo turno delle presidenziali, il 10 aprile scorso, il voto cattolico è andato per ben il 40% ai tre candidati di estrema destra e solo per il 16% a quelli di sinistra, secondo un sondaggio IFOP condotto per il quotidiano cattolico La Croix. In tale contesto, i vescovi non hanno proferito parola: «Non sapremo né contro chi, né per chi chiameranno a votare o a non votare, al secondo turno. Tra le due tornate, il Consiglio Permanente della Conferenza episcopale di Francia ha solo richiamato «l'intelligenza, la coscienza e la libertà di ciascuno (…) con la serietà richiesta dall'evento, dallo stato del nostro Paese e dalle crisi che attraversano il nostro mondo», ricordando «l'importanza di votare e di farlo con coscienza».

«È la stessa scelta di non fare un’opzione netta che i vescovi avevano formulato a gennaio, preferendo chiamare "al dialogo" e "suscitare riflessioni personali da parte di tutti, perché ognuno alimenti la propria scelta di ragione"», spiega Delahaye, anche se il presidente della Conferenza episcopale mons. Eric de Moulins-Beaufort «ha riconosciuto che "c'è molta ansia nel Paese", che "molte paure vengono espresse" e che "una specie di guaio sta colpendo l'umanità stessa". Niente di meno!».

Una “non scelta” (solo mons. Luc Ravel, arcivescovo di Strasburgo, si è espresso per Macron) cui si era già abdicato durante le precedenti elezioni presidenziali, nel 2017, con il deciso rifiuto della Conferenza episcopale di aderire al cordone sanitario e repubblicano contro la candidatura di Marine Le Pen. Ma le circostanze, da allora, sono molto cambiate, osserva Delahaye: «I tempi sono cambiati con l'ascesa vertiginosa del populismo e il rischio di un cambio di civiltà che esso provoca, e con lo sfruttamento fazioso del tema delle radici cristiane».

Tutto ciò è ancora più evidente quando si pensa che i vescovi francesi si sono intromessi molte volte nei grandi dibattiti etici (matrimonio per tutti, procreazione medicalmente assistita, ritardo dell'aborto), soprattutto alla luce dell’impegno politico dei vescovi del passato: «"Cristiani, non sosteniamo le bugie del candidato dell'esclusione, del disprezzo e dell'odio, soprattutto quando dirotta il Vangelo a proprio vantaggio", tuonava, ad esempio, nel 1985 il cardinale Albert Decourtray, che denunciò “un progetto per la società (che) non ha nulla a che vedere con il messaggio di amore e di speranza di Cristo”», ricorda Delahaye: «Altri vescovi, altra teologia politica». Oggi il reflusso è «sbalorditivo». «Quando la Conferenza episcopale di Francia rifiuta di bloccare il populismo di estrema destra e di demonizzarlo, apre la strada al populismo cristiano (se possiamo osare questo spaventoso ossimoro) e ricostruisce le vecchie barriere identitarie cristiane che spingono i fuochi contro gli stranieri in generale e i migranti in particolare. Queste barriere che disonorano i fondamenti del Vangelo che sono l'accoglienza dello straniero, l'amore dei nemici, la fraternità nella diversità».

«“È anche fuggire tacere quando si dovrebbe parlare, e lasciare da parte ciò che si dovrebbe fare, commenta il teologo martire Dietrich Bonhoeffer (“Gesammelte Schriften” IV)», conmclude Delahaye su Golias: «Così come il buon pastore muore per le sue pecore, il mercenario fugge. Il pastore è un mercenario se la sua funzione, se stesso, il suo interesse sono più importanti della comunità del buon pastore. Fugge, forse proprio quando la tiene come sua proprietà. Per paura di mostrare le crepe nel loro sistema, i vescovi mercenari sono fuggiti. Rimangono in silenzio sulla sfida che Gesù lancia al populismo, all'eterna tentazione del rifiuto e dell'odio. Il loro scarto è una colpa che li delegittima davanti al Vangelo».

* Foto di Jacques Paquier tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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