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Giornata Internazionale della Solidarietà con il popolo Palestinese: appello di AssisiPaceGiusta

Giornata Internazionale della Solidarietà con il popolo Palestinese: appello di AssisiPaceGiusta

Il 29 novembre è una data che ci ricorda quanto la questione palestinese sia «ancora e drammaticamente irrisolta. Senza un piano di pace che dia speranza di giustizia e di libertà». Lo afferma, in un comunicato diramato in occasione della Giornata Internazionale della Solidarietà con il popolo Palestinese, che si celebra ogni anno il 29 novembre, AssisiPaceGiusta, una rete di realtà associative e sindacali di cui fanno parte Rete italiana Pace e Disarmo, ANPI, AOI Associazione ONG Italiane, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, AssoPacePalestina, CGIL, CISL, UIL, Campagna "Ponti e non Muri"-Pax Christi Italia, Centro Internazionale Studenti G. La Pira, Fondazione Lelio e Lisli Basso e Fondazione G. La Pira.

Per il popolo palestinese la situazione attuale è drammatica: la rete denuncia la continua «occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e la costruzione di nuove colonie», la minaccia di espoulsione dei palestinesi residenti a Gerusalemme Est, l’«espropriazione e demolizione delle loro abitazioni», la negazione per i palestinesi del diritto di libera espressione e di associazione, l’isolamento della Striscia di Gaza, con la negazione della libertà di movimento, «tre generazioni di profughi raccolti nei campi in Giordania, Libano, Iraq, Siria e nei Territori palestinesi, cittadini di serie B in ogni luogo, sempre in attesa, senza diritti, spesso vittime di altre guerre».

Si tratta, si legge nella nota di AssisiPaceGiusta, di «una pentola in continua ebollizione che giorno dopo giorno, anno dopo anno, non fa altro che peggiorare le condizioni di vita di tutti quanti, israeliani compresi». Una situazione, continunamente esplosiva, che però la Comunità internazionale non si decide ad affrontare, semplicemente perché Israele non acconsente alla nascita di uno Stato di Palestina. Siamo al paradosso, afferma il comunicato: «Non è più la comunità internazionale, le Nazioni Unite ed i suoi Stati membri che, dopo aver riconosciuto lo Stato d’Israele, hanno il compito e la responsabilità di dar corso al riconoscimento dello Stato di Palestina, come detto, scritto e sancito da innumerevoli risoluzioni ONU, ma il decisore è diventato lo Stato d’Israele». Eppure basterebbe tornare agli Accordi di Oslo dell’agosto 1993, quando Yitzhak Rabin riconosceva il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato e Yasser Arafat accettava i confini del 1967 e la condivisione della città di Gerusalemme come capitale dei due Stati.

Secondo AssisiPaceGiusta «il riconoscimento dello Stato di Palestina, al fianco dello Stato d’Israele non sarebbe la fine del conflitto, ma diventerebbe la base per far sedere al tavolo del negoziato i due Stati ed affrontarlo con pari dignità, legittimità, autorevolezza». Unica condizione, ben diversa dalla siatuazione attuale, in cui «due Stati sovrani che con la cooperazione e l’assistenza delle Nazioni Unite dovranno risolvere le questioni rimaste in sospeso e costruire la convivenza, la sicurezza comune, il rispetto di tutte le comunità, religioni e minoranze presenti nei due Stati».

Il ripristino del multilateralismo, una Conferenza internazionale di Pace e il riconoscimento dello Stato di Palestina è un percorso «urgente, è il primo passo da fare, è il segnale che la politica è tornata in campo per costruire la pace».


* Immagine di Global Panorama, tratta da Flickr, immagine originale e licenza.

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