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Il cappellano di Rebibbia scrive a papa Francesco

Il cappellano di Rebibbia scrive a papa Francesco

ROMA-ADISTA. «Caro papa Francesco, leggo, nella sua scelta di venire nel carcere femminile di Rebibbia a celebrare la Cena del Signore e nel gesto della lavanda dei piedi di 12 detenute, l’affermazione di Gesù: “Non sono venuto per farmi servire, ma per servire e dare la mia vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). Tra questi “molti” ci sono 350 donne che desiderano sentirsi amate, accarezzate e perdonate dal Suo amorevole e generoso servizio. In questo gesto gustiamo l’infinita misericordia con cui Dio Padre ci vuole bene, e Le diciamo grazie!».

Inizia così la lettera che il cappellano di Rebibbia don Sandro Spriano ha scritto “idealmente” a papa Francesco in visita giovedì Santo al carcere romano nel Primo Piano di Famiglia Cristiana, da oggi in edicola. Una missiva in cui si rivolge al Santo Padre con alcune invocazioni, la prima per le donne detenute: «perché possa convincere le donne detenute che espiano la pena in questo carcere, le Agenti e gli Agenti della Polizia Penitenziaria preposti alla sicurezza, gli educatori dell’area trattamentale, i Volontari, il personale amministrativo a reimpiantare nel cuore il desiderio della Riconciliazione con Dio Padre, con se stessi e con la società, perché questo è l’obiettivo di Gesù che muore e risorge nella Pasqua nostra salvezza!».

La seconda al popolo di Dio: «La supplico Padre Santo, perché convinca il popolo di Dio che è fuori da queste mura a pregare per chi è in prigione: persone che hanno sbagliato e peccato come sbagliamo e pecchiamo tutti, che hanno compiuto azioni anche orrende e provocato tragedie spesso insanabili, ma restano Figlie e Figli di Dio bisognosi di consolazione e di amore e desiderosi di essere considerati nostre sorelle e nostri fratelli».   

Infine, ai governanti per una «Giustizia scritta nel cuore di ogni uomo, da riscrivere nello spirito di ogni legge e da concretizzare nelle sentenze di ogni tribunale: salvare insieme Abele e Caino, usando l’audacia del perdono e dell’accoglienza e liberando il cuore e le norme da sentimenti di vendetta!».

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