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"Dignitas infinita": la superficialità del DDR e i paletti piantati dalla destra vaticana

Il portale online su fede e omosessualità Gionata.org ha diffuso ieri una riflessione di Andrea Rubera – portavoce dell’associazione di credenti Lgbt+ “Cammini di Speranza” – sulla Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede Dignitas infinita, pubblicata lo stesso giorno dalla Santa Sede.

Del documento, il portavoce di Cammini di Speranza apprezza «il rimando a concetti legati alla giustizia sociale» come «il no alle guerre, allo sfruttamento dei poveri e dei lavoratori, la compassione dell’odissea dei migranti» e come «il no alla criminalizzazione dell’orientamento sessuale ancora presente in molti Paesi del mondo».

Piace meno l’inserimento di «altri temi», sottolinea Rubera, «inseriti da un lato senza essere approfonditi, dall’altro per accontentare alcune frange conservatrici e fondamentaliste del cristianesimo da cui la Chiesa di papa Francesco sembra aver preso le distanze negli ultimi anni».

Si va dalla «fantomatica teoria del gender» che minaccerebbe l’istituto della famiglia tradizionale e la “naturale” divisione tra maschi e femmine. «È palese che la “teoria del gender” non esiste e che il nome stesso sia un’invenzione di alcuni movimenti fondamentalisti che utilizzano questo spauracchio per, di fatto, impedire ogni argomento a favore dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità», spiega Rubera.

Altro tema spinoso inserito nella Dichiarazione è quello della Gestazione per Altri (Gpa): il documento del DDF, afferma, «non distingue tra visioni etiche e sfruttamento, non sembra curarsi degli effetti sulle tante famiglie arcobaleno presenti in Italia e nel mondo e sui figli di queste famiglie che sarebbero, secondo la Dichiarazione stessa, considerati “oggetti” dai genitori che li hanno desiderati. Ci chiediamo che soluzioni si siano ipotizzate per far fronte allo stigma che incontreranno questi bambini e queste bambine nel sentirselo rinfacciare dalle loro comunità cristiane di riferimento».

In conclusione Rubera afferma che «il documento sembra essere stato scritto, per quanto riguarda la componente LGBT+, senza aver ascoltato alcuna persona LGBT+ e senza aver acquisito elementi conoscitivi basilari sulle condizioni esistenziali delle persone LGBT+ stesse».

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