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Mons. Bettazzi: testimone di pace e giustizia “alla sinistra di Dio”

Mons. Bettazzi: testimone di pace e giustizia “alla sinistra di Dio”

Tratto da: Adista Documenti n° 27 del 29/07/2023

DOC-3263.ALBIANO D’IVREA (TO)-ADISTA. A 99 anni se ne va l'ultimo dei padri conciliari italiani, uno dei massimi protagonisti della vita ecclesiale e civile degli anni del Concilio e del post Concilio. Mons. Luigi Bettazzi è stato senza dubbio uno degli esponenti più significativi e autorevoli di quella parte dell'episcopato italiano (non moltissimi, per la verità) che ha tentato di mettersi in sintonia con i grandi cambiamenti che il Paese ha vissuto a partire dagli anni '60, sulla spinta delle proteste operaie e studentesche, cercando di incarnare la profezia concliliare dentro una realtà in rapida e feconda evoluzione, contro una parte (maggioritaria) dell'establishment ecclesiastico che già negli anni immediatamente successivi al Vaticano II aveva tentato (riuscendovi, infine) a depotenziare la portata di quell'evento sino al completamento di un processo di lunga restaurazione.

Padre conciliare

Nato il 23 novembre del 1923 a Treviso, Bettazzi in gioventù si era trasferito a Bologna, dove venne ordinato sacerdote nel 1946. Nel 1963 diventò vescovo titolare di Tagaste e vescovo ausiliare di Bologna, come braccio destro card. Giacomo Lercaro, arcivescovo del capoluogo emiliano e uno dei quattro moderatori dell’assise conciliare. In quella veste, Bettazzi partecipò a tre sessioni del Concilio Vaticano II e fu tra i vescovi che sottoscrissero il “Patto delle catacombe”, firmato da una quarantina di padri conciliari, soprattutto latino-americani, il 16 novembre 1965 (pochi giorni prima della fine della grande assise), nelle catacombe di Domitilla e che impegnava i contraenti a condurre una pastorale a favore dei poveri e degli oppressi, rinunciando a lussi, simboli di potere e privilegi.

Al termine del Concilio venne ordinato vescovo di Ivrea, diocesi che ha amministrato fino al 1999. Nel 1968 venne nominato presidente nazionale di Pax Christi, al posto di Mario Ismaele Castellano. Ricoprì l'incarico fino al 1985 divenendo un'icona per il movimento. Nel 1978 assunse anche la presidenza di Pax Christi Internazionale, ottenendo – per il suo impegno – anche il Premio Internazionale dell'Unesco per l'Educazione alla Pace, conferitogli nel 1985.

Sin dagli anni ‘60 fu tra i sostenitori dell’obiezione fiscale alle spese militari e di quella al servizio militare, anche quando (cioè fino al 1972) il diritto all’obiezione di coscienza alla leva non era riconosciuto e chi rifiutava di vestire la divisa rischiava il carcere.

Il carteggio con Berlinguer

Nel 1976 il suo nome salì alla ribalta delle cronache nazionali per un’iniziativa che ebbe larga eco nell’opinione pubblica: la lettera aperta a Enrico Berlinguer, segretario del Pci, scritta con l’intento di aprire un dialogo tra la Chiesa istituzionale (a livello di base il dialogo era aperto già da tempo) e il partito che rappresentava i ceti operai e le classi subalterne, fortemente radicato anche nella sua diocesi, quella di Ivrea (dove, tra l'altro, aveva sede la Olivetti e dove Adriano Olivetti aveva dato vita a un progetto di fabbrica a misura d'uomo, che integrava attività produttive, cultura, servizi sociali e assistenziali). L’iniziativa della lettera a Berlinguer non piacque alla Cei. E nemmeno, anni dopo, fu salutata con favore da Wojtyla: «Noi subiamo il comunismo ogni giorno – gli disse Giovanni Paolo II quando lo incontrò per la prima volta – e lei invece scrive al segretario del partito comunista...».

La risposta di Berlinguer giunse solo il 7 ottobre 1977. Era titolata “Comunisti e cattolici: chiarezza di princìpi e basi di un'intesa” ed è stata pubblicata sul settimanale comunista Rinascita (n. 40 del 14 ottobre 1977). Sosteneva che il Pci non era ateo, ma laico, e che si sentiva impegnato a fianco di vescovi come quello di Ivrea a favore degli ultimi e per la giustizia sociale.

Una cultura di pace

Negli anni successivi Bettazzi fu in prima linea su tutti i temi legati alla costruzione di una società e di una Chiesa radicate in una cultura di pace. Basti citare la lotta contro l'installazione degli euromissili a Comiso, l'impegno per il disarmo nucleare, quello per l'approvazione della legge che regolamenta il commercio delle armi (la 185/90), la difesa della Costituzione e dell'art. 11 in particolare. Bettazzi denunciò con grande vigore, e in molte occasioni, il pericoloso ruolo della massoneria in Italia, e in particolare la P2 di Licio Gelli. Nel 1992 partecipò alla marcia organizzata da mons. Tonino Bello, suo successore alla guida di Pax Christi, a Sarajevo, nel mezzo della guerra civile nella ex Jugoslavia. In anni più recenti ha avuto posizioni eccentriche rispetto a quelle della presidenza Cei sui casi Welby ed Englaro. E nel 2007 ha dichiarato pubblicamente che la sua coscienza gli imponeva di disobbedire e che era favorevole al riconoscimento delle unioni civili, i “DI.CO” del governo Prodi, riconoscendo alle coppie omosessuali un fondamento d’amore equiparato a quello esistente fra le coppie eterosessuali. Nell’aprile del 2015, in un’intervista a Bruno Quaranta de La Stampa, ha confermato il suo orientamento. «L’omosessualità: la questione del sesso va studiata, emancipandosi dai neoplatonici che facevano coincidere sesso e decadenza dello spirito. Perché non espressione dello spirito umano?», ribadendo la necessità che la Chiesa si risolvesse ad affrontare la “questione dei gay”.

Contro l’evasione fiscale

Anche negli anni più recenti non ha mai mancato di far sentire la sua voce, o i suoi scritti (l'ultimo suo libro è del 2022) sui principali temi del dibattito ecclesiale e civile. Nel 2020, su Avvenire (8/7/2020) scrisse una lettera aperta a chi, aggirando il fisco, aveva contribuito alla limitazione di risorse pubbliche in un periodo difficile come quello dell’attuale emergenza sanitaria. «La pandemia che stiamo vivendo – scrive Bettazzi – ci ha obbligati a vivere più ritirati, quindi più pensosi per la nostra vita personale e per il bene della collettività. Ed è così, ad esempio, che ci siamo resi conto del lavoro delle varie mafie che, attente a evitare situazioni più clamorose, come quelle che finiscono in uccisioni e stragi, sfruttano la situazione per aumentare le loro ricchezze, ad esempio con prestiti a usura a chi non riesce a trovare mezzi legali per sovvenire alla mancanza di danaro causata dalla limitazione del lavoro o dalla sua perdita. Al contrario, v’è chi arriva a frodare per avere sovvenzioni a cui non ha diritto».

Contrario alla guerra in Ucraina, denunciò lui stesso che le sue posizioni pacifiste erano state ignorate o censurate dai media, rivivendo forse, a distanza di anni, l'ostracismo subìto dal suo maestro e mentore, il card. Lercaro, rapidamente liquidato, nel 1968, a causa delle sue posizioni critiche sul conflitto in Vietnam e sulla politica estera statunitense.

Per ricordare questa grande figura, oltre al “Fuoritesto” di Enrico Peyretti nel numero blu allegato, riportiamo di seguito alcuni interventi pubblicati nel web e non solo: quello di Daniele Rocchetti, presidente delle Acli di Bergamo, Maurizio Acerbo, dal 2017 segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, Coordinamento di Unione Popolare (disponibile al link); suor Rita Giaretta, religiosa orsolina (disponibile qui); Francesco Comina, giornalista e scrittore (apparsi su Facebook il 16/7 e pubblicati al link); Chiesa di tutti Chiesa dei poveri (disponibile qui); card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, in un messaggio al vescovo di Ivrea mons. Edoardo Cerrato; Sergio Paronetto, oggi presidente del Centro studi di Pax Christi (che si può leggere qui); Tonio dell’Olio (ex presidente di PaxChristi) su Mosaico di Pace (17/7), disponibile al link; Noi siamo Chiesa (al seguente link). Ripubblichiamo infine il carteggio tra mons. Bettazzi ed Enrico Berlinguer e il testo del Patto delle Catacombe. 

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