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IL "VADE RETRO" DI BENEDETTO XVI

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 26/01/2008

Appena arrivata in Senato la notizia, che il papa aveva rinunciato all'inaugurazione dell'anno accademico alla Sapienza, alcuni e alcune hanno preso la parola in modo molto retorico, stracciandosi le vesti, D'Onofrio e Fisichella persino minacciando di dimettersi dall'Ateneo (dove hanno cattedre) se la loro Facoltà non avesse chiesto scusa al papa. Ho preso la parola io pure, dicendo che se il papa rinunciava alla visita alla Sapienza, ritiravo la mia proposta, che era la seguente: per mantenere un certo equilibrio tra i due poteri che per Costituzione sono ciascuno nel suo ordine indipendenti e sovrani, il presidente Napolitano doveva essere invitato a inaugurare l'anno accademico alla Gregoriana, la più famosa e importante tra le università pontificie esistenti. Qualcuno avrà pensato che fosse una battuta, in parte lo era, ma soprattutto intendevo e intendo dire che nel parlamento non è necessario sottoscrivere documenti altrui, bisogna muoversi e decidere secondo la propria competenza e funzione, quella in primis, di osservare e far osservare la legge fondamentale della Repubblica. Noto che con le università questo papa sembra non avere un buon rapporto, si ricorderà la famosa gaffe di Ratisbona fatta dal pontefice appena fu eletto: resto dell'opinione che oggi ha un ufficio stampa non così eccellente come quando lo dirigeva Navarro Valls. Comincio a ragionare dagli argomenti proposti: il papa voleva parlare sulla moratoria della pena di morte. Giusto: la Chiesa cattolica, nel Catechismo, la considera lecita a certe condizioni, e non chiese mai che fosse sospesa in Paesi dove governavano sanguinarie dittature come in Cile o in Argentina. È stata molto defilata nella lunga vicenda che ha portato al pronunciamento dell’Onu e può voler rimediare. Perché partire da una università italiana? Tra le glorie del nostro Paese c'è il Granducato di Toscana, il primo stato al mondo ad abrogare la pena di morte, c'è Beccaria e davvero in materia non avremmo bisogno di lezioni. Forse a una moratoria avrebbe voluto legare un'altra, quella dell'aborto? Qui sarebbe entrato nella legislazione vigente e davvero la lesione del Concordato sarebbe stata palese e indifendibile. Anche perché nessuno avrebbe potuto prendere la parola per difendere la legge che il papa attacca sotto un profilo teologico e nelle università italiane non si insegna teologia nelle facoltà di Filosofia. Sembra che Benedetto XVI non ami il Concordato, che invero non c'è né in Austria né in Germania. Se è così, inizi le procedure per la sua denuncia e troverà alleati in buon numero. Nelle università dei Paesi nordici le facoltà di Filosofia comprendono anche cattedre di Teologia (non necessariamente cattolica ma anche evangelica ecc.), e quindi vi è un intreccio e un dialogo alla pari e anzi le facoltà pubbliche sono servite più d'una volta per mettere al riparo teologi scomodi dalle condanne ecclesiastiche. È successo a teologi sudamericani della liberazione e ad Hans Küng. Durante la formazione dello Stato italiano la teologia fu scartata dalle università per il sommarsi di due opposti pregiudizi, quello del nascente stato italiano, di osservanza sopratutto francese e quindi accesamente laicista, anche per la Questione romana aperta e pesantissima. Sicché i ministri dell'Istru-zione dissero che la teologia non è una scienza, perché l'oggetto delle sue ricerche non esiste: come se una scienza si giudicasse dall'og-getto e non dal metodo, e nessuno può mettere in discussione il rigore e la precisione filologica della teologia. Ma allora le fu negato l'ingres-so nelle università. La Chiesa a sua volta non insistette molto. Vi era il pericolo modernista, l'evoluzioni-smo, Darwin e Malthus, si temeva il confronto: Buonaiuti poteva essere ospitato, come fu, in una università pubblica e avere ancora una cattedra senza che potesse essere ridotto al silenzio come la Chiesa avrebbe voluto. La quale Chiesa, per tenere al sicuro le sue pecorelle rinunciò a chiedere cattedre di Teologia nelle facoltà di Filosofia e mise la Teologia solo nei seminari, come materia specifica dei preti. Di conseguenza, i fedeli potevano e possono essere molto ignoranti, basta che siano docili e obbedienti. Un bel guaio da ambedue le parti, come sempre, quando si ha paura della libertà. Resta l'argomento che il papa è il vescovo di Roma e infatti nessuno pone il minimo ostacolo al dispiegarsi della sua azione pastorale nella capitale, come nessuno ne pone ad altri meno famosi vescovi. Ma se il vescovo di Torino volesse inaugurare l'anno a palazzo Campana, credo che ci sarebbero proteste. Proteste comunque ci sono state all'Università di Palermo, dato che l'arcivescovo voleva inaugurare l'anno accademico con una messa in Facoltà. C'è un piano vaticano ben congegnato per prendersi la cultura? Non faccio mai dietrologie, ma durante un pontificato neotemporalista come il presente, ci si può aspettare questo e altro. Il culto mediatico della superstizione per il popolo e i cenacoli accademici per chi conta. Per ora nelle università e nelle assemblee solenni sembra che abbia messo insieme solo laici teneri e atei devoti: ma non mettiamo limiti alla provvidenza. * esponente del movimento delle donne e di quello per la pace, senatrice eletta come indipendente nel Prc    

 

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