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FUORIROTTA - 1977

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 17/03/2007

Mentre in Europa il 1977 è l'anno delle prime elezioni libere nella Spagna liberata dal regime franchista e, in Cecoslovacchia, di Charta 77, movimento di intellettuali che chiede il rispetto dei diritti civili nel Paese, in Italia il '77 rimane nella memoria collettiva come l'anno del "movimento", delle proteste, degli "indiani metropolitani", delle organizzazioni extraparlamentari, delle radio libere, dei megafoni e del ciclostile. Ma anche delle P38 e della violenza diffusa. La crisi dei partiti della nuova sinistra - in un contesto caratterizzato da crisi economica, aumento della disoccupazione e sfiducia nella possibilità di una vera rivoluzione anticapitalistica - collega, riversandoli in nuove forme di impegno politico e sociale, giovani disoccupati o sottoccupati, realtà marginalizzate all'interno delle periferie delle grandi città, studenti medi e universitari, precari, cassintegrati, freaks, militanti in cerca di nuova identità, movimenti femministi, autonomi. Ne scaturiva un magma di ribellismo cui mancò la carica progettuale del movimento sessantottino, poiché pervaso da una profonda coscienza della crisi e dalla disperata coscienza di non poterla superare. Il movimento fu poi attraversato da spinte soggettiviste, bisogni e desideri che si incanalarono nelle forme distruttive e antipolitiche della violenza, del consumo delle droghe (ormai un fenomeno di massa), della ricerca di spiritualità e modelli culturali "alternativi". E anche nella lotta armata: mentre Prima Linea, nata nel '76, si dota di un impianto organizzativo, le Br fanno nuovi proseliti e mostrano una inedita capacità di colpire, nonostante l'arresto dei capi storici (il cui processo a Torino non si può celebrare perché i giudici popolari estratti a sorte rifiutano, impauriti, di presentarsi in aula) e lo smantellamento di molte colonne.

Di fronte a questo stato di disagio e ribellione diffusa, il Pci - come già era avvenuto nel ‘68 - non sa interpretare e guidare il movimento. Lo condanna anzi con fermezza. Berlinguer, che in procinto di entrare nella maggioranza di solidarietà nazionale sosteneva il governo Andreotti con la formula della "non sfiducia", sposa infatti la linea della responsabilità e dell'"austerity" e la Cgil, nell'ottica della "politica dei sacrifici", che porterà - tra l'altro - alla sterilizzazione della scala mobile, allenta le spinte antagoniste. L'episodio simbolo della frattura tra sinistra istituzionale e consistenti settori del proletariato e del mondo giovanile si consuma il 17 febbraio, quando Luciano Lama, segretario della Cgil, che aveva deciso di tenere un comizio all'Università di Roma, fu cacciato dagli studenti. Alle proteste che attraversano il Paese il ministro degli Interni Cossiga rispose con misure repressive e la militarizzazione delle piazze, dove si torna a morire: come l'11 marzo, a Bologna, quando la polizia uccide Francesco Lorusso. O il 12 maggio quando, dopo una pacifica manifestazione indetta dal Partito Radicale nell'anniversario della battaglia per il divorzio, gruppi di provocatori danno inizio a violenti tumulti. La polizia risponde sparando ad altezza d'uomo: presso Ponte Garibaldi, cade una ragazza di 19 anni, Giorgiana Masi. Intanto, cresce il livello di corruzione della politica italiana. Per la prima volta nella storia repubblicana, il Parlamento vota in seduta comune (10 marzo) il rinvio a giudizio dell'ex ministro della Difesa Mario Tanassi e dell'ex ministro degli Interni Luigi Gui, accusati di corruzione aggravata in merito allo scandalo Lockheed.

Mentre si apre il confronto sulla necessità di sottoporre a revisione il Concordato e di riorganizzare su basi diverse l'insegnamento della religione cattolica nella scuola, il dibattito ecclesiale, ancor più di quello politico, è monopolizzato dalla nuova legge sull'aborto, il cui iter legislativo sta per concludersi. Come nel caso del divorzio, il mondo cattolico si spacca ed una parte dei credenti - pur contraria all'aborto - sostiene la necessità di una legge che faccia uscire il fenomeno dalla clandestinità di "mammane" e medici senza scrupoli. In questo contesto, le Acli di Torino pubblicano un documento dal titolo "Aborto: una legge che impegna a lavorare per la vita" e promuovono un convegno sullo stesso tema. La presidenza nazionale si dissocia e Avvenire definisce il documento "assurdo e inqualificabile" perché allineato "con le tesi dei radicali più accesi e dei marxisti, perché attacca in maniera ingiusta il mondo cattolico; getta discredito sulla Gerarchia e sull'episcopato; butta fango sulla Dc". Ma la secolarizzazione avanza, come mostra anche un'inchiesta commissionata a gennaio dalle Edizioni Paoline "su alcuni problemi della Religione Cattolica" e che viene duramente criticata dall'Osservatore Romano, specie per la domanda "si può essere buoni comunisti e buoni cattolici?" che ottenne il 45% di sì e altrettanti no. E il dialogo tra mondo cattolico e comunista segna un ulteriore passo avanti con la risposta (in ottobre) di Berlinguer alla lettera aperta scrittagli l'anno precedente da mons. Bettazzi (v. g.)

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