Nessun articolo nel carrello

FU VERA GLORIA? UN BILANCIO DEGLI OTTO ANNI DEL GOVERNO LULA

Tratto da: Adista Notizie n° 77 del 16/10/2010

35812. BRASILIA-ADISTA. Le elezioni in Brasile del 3 ottobre scorso hanno fornito inevitabilmente l’occasione per tracciare un bilancio degli otto anni di governo del presidente Lula, il quale lascia l’incarico con una popolarità intorno all’80% (v. notizia precedente). Come sottolinea il giornalista e scrittore messicano Raúl Zibechi, per i brasiliani “opporsi a Lula è come mettere in discussione la legge di gravità. La sua egemonia è talmente forte che in un annuncio pubblicitario del suo avversario José Serra compare anche la sua immagine”.


Le radici del lulismo

È, quello del “presidente operaio”, un fenomeno politico a cui è stato pure dato un nome - lulismo - e che si caratterizza essenzialmente – secondo l’“Analisi della congiuntura politico-elettorale 2010” elaborata dal Cepat (Centro de Pesquisa e Apoio aos Trabalhadores) in stretta sintonia con l’Instituto Humanitas Unisinos (Ihu) – per il forte legame stabilito con la figura di Lula da quello che l’analista politico André Singer individua come sottoproletariato: quella parte maggioritaria della clas-se lavoratrice brasiliana senza una coscienza di lotta di clas-se e senza una capacità di costruire dal basso le proprie forme di organizzazione, a causa dell’atomizzazione prodotta dal sistema produttivo. Secondo l’Analisi, il lulismo nasce dall’adesione di Lula a quel “conservatorismo popolare” che riflette il desiderio di superamento della disuguaglianza da parte degli elettori più poveri, ma per mezzo di un intervento dello Stato, non di una mobilitazione sociale che potrebbe destabilizzare l’ordine esistente; e dalla decisione del presidente di percorrere il cammino dell’ortodossia economica, seguendo fedelmente le ricette neoliberiste nella macroeconomia, ma costruendo su tale cammino una politica di sostegno al potere di consumo delle fasce di basso reddito. Il fiore all’occhiello di questa politica è sicuramente l’imponente Programma Bolsa Família, grazie a cui è stato concesso un sussidio familiare tra 7 e 45 euro mensili a oltre 40 milioni di poveri, soprattutto nel nordest, permettendo a circa 20 milioni di persone di uscire dalla povertà estrema. Ma ad esso si deve aggiungere anche il controllo dei prezzi dei generi di prima necessità, l’aumento del salario minimo per 42 milioni di lavoratori, il microcredito, l’ampliamento dei prestiti all’agricoltura familiare e diversi altri programmi sociali.

Tuttavia, secondo Dirceu Travesso del sindacato Conlutas, ciò che questa politica ha realmente prodotto non è stata una redistribuzione del reddito, ma “piuttosto un miglioramento salariale dovuto a un contesto di crescita economica, in cui i più beneficiati sono stati i settori privati dell’industria e delle finanze”. E anche il Programma Bolsa Familía, come sottolinea Aldo Zanchetta (Mininotiziario America Latina dal basso, 15/9, “se dal lato umanitario è lodevole, politicamente è criticabile appunto per il suo carattere totalmente assistenziale”, non essendo accompagnato “da alcuna misura di cambiamento strutturale tale da consentire il riscatto economico personale”, cosicché “un futuro governo meno sensibile socialmente potrebbe togliere il sussidio e far riprecipitare i suoi beneficiati nella situazione di povertà estrema”. Quanto all’azione del governo a favore dell’agricoltura familiare, al di là di alcuni miglioramenti e al di là dell’insediamento di qualche centinaia di migliaia di famiglie, dal punto di vista della concentrazione fondiaria - denuncia il leader del Mst Gilmar Mauro - tutto è rimasto come prima, avendo ancora l’1% dei proprietari il controllo del 46% delle terre.

Insomma, nel suo ruolo di “arbitro al di sopra delle classi”, che “cementa l’unità dei contrari”, ma concedendo l’egemonia al grande capitale rurale e urbano, il governo Lula, ha evidenziato il sociologo Luiz Werneck Vianna, ha fagocitato tutti: “Il movimento sociale grida, reagisce, ma, giunto al limite, evita di rompere con il governo; la destra si lamenta, protesta, ma cede al governo di coalizione; il capitale produttivo e finanziario reclama ma è contento di Lula”.

 

Un bilancio fortemente contraddittorio

Il Brasile che Lula ha governato per otto anni sembra avere tanti motivi per rallegrarsi. Come scrive Aldo Zanchetta, “con 200 milioni di abitanti e una superficie di 8 milioni di kmq, è attualmente la nona potenza industriale mondiale con previsione di divenire in pochi anni la quinta. Assieme alla Russia è l'unica fra le grandi potenze ad essere energeticamente autosufficiente. Dal punto di vista delle riserve petrolifere occupa la settima posizione ma le prospezioni in corso ne pronosticano il passaggio al quinto posto, mentre è al sesto posto per riserve di uranio. È il Paese con la maggiore biodiversità sul suo territorio, e sappiamo quanto questa risorsa conti oggi nello sviluppo delle biotecnologie farmaceutiche e alimentari. Attualmente ha tre banche (Itaú, Bradesco e Banco do Brasil) fra le prime dieci del mondo (non ne aveva nessuna nel 2000). L'impresa mineraria Vale do Rio Doce occupa il secondo posto al mondo per volume di attività e il primo nel settore dei minerali di ferro. Petrobras, l'impresa petrolifera in parte controllata dallo Stato, è la quinta multinazionale per cifra di affari mentre Embraer è il terzo costruttore di aerei”. Tuttavia, non ci si può dimenticare che “il Brasile occupa il 75.mo posto nell'Indice di Sviluppo Umano, più in basso di Albania e Panama, e il 43.mo nell'indice di povertà. L'Indice Gini, misura della disuguaglianza di reddito (pari a zero nel caso di una perfetta equità della distribuzione dei redditi) ha un valore superiore al 55%, vari punti peggio di Perú, Messico e Panama”.

Gli otto anni di presidenza Lula hanno portato a una crescita del 37% (rispetto al 20% degli anni 1994-2002). Ma, sottolinea Paulo Passarinho, economista e membro del Conselho Regional de Economia do Rio de Janeiro, si assiste anche a un forte e continuo indebitamento dello Stato e al sacrificio permanente di aree vitali per la popolazione, come quelle della salute, dell’educazione, dei trasporti e della sicurezza pubblica. Come segnala Frei Betto, il governo nel 2008 ha destinato il 30% del bilancio al mercato finanziario e solo il 5% alla salute e il 3% all’educazione.

Più in generale, prosegue Passarinho, sotto il governo Lula si è registrato un aggravamento del “ruolo subalterno dell’economia brasiliana in un mondo sotto l’egemonia della globalizzazione finanziaria”. E ciò malgrado le potenzialità di fatto illimitate di un Paese che è ricchissimo di risorse minerarie strategiche; che possiede il maggiore patrimonio di biodiversità della Terra, la foresta amazzonica; che presenta una grande abbondanza di acqua e di terre fertili; un Paese che dispone di tutti i mezzi possibili per assicurare “benessere materiale e accesso all’educazione, alla salute e a servizi essenziali di ottima qualità all’insieme della nostra popolazione”. Come denuncia il senatore del Partido Democrático Trabalhista Cristovam Buarque, “il Brasile è ancora un Paese prigioniero dell’economia primaria. È un importatore di conoscenza e un esportatore di beni materiali”.

E va ancora peggio sul fronte, sempre più decisivo, dell’ambiente: “Che ruolo eserciterà il Brasile - si chiede Leonardo Boff - di fronte al cupo scenario che ci si parerà dinnanzi nei prossimi anni con l’esaurimento dei beni e dei servizi naturali e il moltiplicarsi di eventi estremi in termini di alluvioni, siccità, desertificazione?”. La risposta del governo Lula è venuta dai due devastanti megapiani di “accelerazione della crescita”, Pac 1 (2007) e Pac 2 (2010-2014), con i loro innumerevoli progetti infrastrutturali, tra cui ben 50 centrali idroelettriche, la maggior parte delle quali in Amazzonia. Per non parlare dei dirompenti effetti sull’ambiente dell’agrobusiness, a causa dell’uso smodato di agrochimici e del disboscamento legato all'ampliamento delle coltivazioni.

È in politica estera che probabilmente il governo Lula ha raccolto, anche a sinistra, i maggiori consensi. Sotto il governo Lula, il Brasile è diventato una potenza globale, come dimostra la sua appartenenza al Bric, il quartetto di Paesi emergenti (Brasile, India, Cina e Russia). “Il recupero della sovranità nazionale con la presa di distanza dagli Stati Uniti - scrive Aldo Zanchetta - oltre a rispondere a un vecchio sogno brasiliano di affermarsi come ‘potenza regionale’, ha consentito anche ad altri Paesi sudamericani di essere ‘protetti’ dall'ingerenza statunitense”. “Il lato più equivoco è il processo in atto di una forma di sub-imperialismo regionale, ben diverso da un indiscutibile riconoscimento di potenza regionale, che comunque ha portato a tensioni con gli Stati confinanti”, come Bolivia e Paraguay. (claudia fanti)

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.