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RATZINGER SBATTE A DESTRA: PER I LEFEBVRIANI IL DIALOGO È A UN PUNTO MORTO

Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 05/03/2011

36024. CITTà DEL VATICANO-ADISTA. È destinato a concludersi con un nulla di fatto il dialogo intrapreso da Benedetto XVI con i tradizionalisti lefebvriani: nessuna riconciliazione è possibile perché nessuna delle due parti è disposta a modificare le proprie posizioni. Lo ha affermato, in un’intervista in sei parti pubblicata il 21 febbraio sul sito internet del distretto statunitense della Fraternità di San Pio X – la comunità scismatica fondata da mons. Marcel Lefebvre – l’attuale superiore generale, il vescovo Bernard Fellay. Oltre alle discussioni sui cambiamenti apportati dal Concilio Vaticano II, infatti, sono sorte nuove controversie, non da ultimo per il processo di beatificazione di Giovanni Paolo II e il progetto di un nuovo incontro interreligioso ad Assisi sulla linea di quelli passati.

Il dialogo era stato avviato – tra intense polemiche – da Ratzinger nel 2009 (v. Adista n. 108/09), anticipato dal ritiro della scomunica a quattro vescovi lefebvriani ordinati nel 1988 da Lefebvre senza l’autorizzazione papale; tra di essi, il negazionista mons. Richard Williamson (v. Adista n. 10/09).  Ratzinger aveva affermato che una eventuale reintegrazione della Fraternità in seno alla Chiesa cattolica – attraverso, si supponeva, una prelatura personale o un ordinariato come quello offerto agli anglo-cattolici – sarebbe potuta avvenire soltanto in virtù di un «autentico riconoscimento del magistero e dell’autorità del papa e del Concilio Vaticano II».

Il dialogo si è svolto sotto forma di incontri in Vaticano, nel Palazzo del Sant’Uffizio, focalizzati sui punti di disaccordo più controversi: il concetto di tradizione, la continuità del Vaticano II con la tradizione dottrinale cattolica, l’unità della Chiesa, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, la libertà religiosa. Vi hanno partecipato, per parte vaticana, i membri della commissione ad hoc Ecclesia Dei, presieduta dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. William Levada; il segretario, mons. Guido Pozzo, il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, il gesuita mons. Luis F. Ladaria Ferrer e, in veste di esperti e consultori della medesima Congregazione, il domenicano p. Charles Morerod, segretario della Commissione teologica internazionale, mons. Fernando Ocáriz, vicario Generale dell’Opus Dei, e il gesuita p. Karl Josef Becker. I lefebvriani erano rappresentati da mons. Alfonso de Galarreta, direttore del seminario Nuestra Señora di La Reja (Argentina), dall’abate Benoît de Jorna, direttore del seminario San Pio X di Ecône (Svizzera), dall’abate Jean-Michel Gleize, docente di Ecclesiologia al seminario di Ecône, e dall’abate Patrick de La Rocque, priore del Priorato Saint-Louis di Nantes (Francia).

L’esito del dialogo non è stato positivo. Obiettivo principale dei Lefebvriani era infatti quello di insistere sulle contraddizioni nel magistero prima e dopo il Concilio Vaticano II, considerato come un “ostacolo”: «È l’unico scopo che perseguiamo», ha ammesso Fellay nell’intervista, sottolineando che il dialogo con il Vaticano ha costituito «una questione di fede» e non la ricerca di un compromesso; «Il punto è proprio far comprendere a Roma la fede cattolica», ha detto. In questa prospettiva, il dialogo non ha apportato alcun progresso, anzi: la beatificazione di Wojtyla rappresenta «un grave problema, il problema di un pontificato che ha fatto passi da gigante nella direzione sbagliata, verso linee ‘progressiste’, verso tutto ciò che viene chiamato ‘spirito del Vaticano II’». E, quanto al futuro incontro interreligioso, «chiedere di celebrare riti religiosi in quel contesto è assurdo, perché tra le varie religioni c’è una radicale mancanza di comprensione». Di più: Fellay ha l’impressione che anche il papa ne sia convinto, ma che cerchi «di giustificare Assisi» forse perché «subisce qualche pressione» o perché «è allarmato dalla recente violenza anticristiana». I cattolici, quindi, dovrebbero «pregare perché il Signore intervenga in un modo o in un altro affinché questo incontro non abbia luogo». (ludovica eugenio)

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