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Stato democratico? No, ebraico. in Israele la discriminazione diventa legge

Stato democratico? No, ebraico. in Israele la discriminazione diventa legge

Tratto da: Adista Notizie n° 29 del 04/08/2018

39471 ROMA-ADISTA. Con 62 voti favorevoli e 55 contrari la Knesset ha approvato il 19 luglio una “Legge della nazione” di valore “costituzionale” (Israele non ha una Costituzione perché considera la Torah il riferimento giuridico fondamentale) che segna per Israele un passaggio storico epocale nei complessi rapporti interni e con la Comunità internazionale. Nero su bianco, il dispositivo varato dal Parlamento israeliano riconosce che Israele, Paese con il 21% circa della popolazione musulmana e cristiana, è lo stato-nazione degli ebrei e che gli “altri” (per esempio palestinesi) non hanno il medesimo diritto all’autodeterminazione. Gerusalemme viene poi riconosciuta capitale unita dello Stato e l’ebraico unica lingua ufficiale (all’arabo, seconda lingua nazionale prima della legge, è promesso un generico “status speciale”); infine la legge afferma il «valore nazionale» degli insediamenti degli ebrei – ovvero le colonie nei territori occupati in Cisgiordania – e invita lo Stato a «incoraggiare e promuovere» la loro realizzazione. Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da pensare, se non fosse che in questo modo la Knesset – dopo un travagliato dibattito sul provvedimento che nelle versioni precedenti era ancor più “estremo” – attesta de iure lo stato discriminatorio de facto.

Questa «è una legge sincera» che dice la verità su Israele, sottolinea l’analista Gideon Levy sul quotidiano israeliano Haaretz (traduzione di Internazionale, 19 luglio). La “Legge della nazione” infatti «mette fine alla farsa di uno Stato israeliano “ebraico e democratico”», come sognato dai teorici del sionismo. L’ossimoro è sempre stato evidente, prosegue Levy, «per l’intrinseca contraddizione tra questi due valori, impossibili da conciliare se non con l’inganno. Se lo Stato è ebraico non può essere democratico, perché non esiste uguaglianza. Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell’origine etnica». La Knesset ha fatto così la sua scelta, conclude il giornalista, e da ora nessuno potrà più affermare che in Israele non c’è apartheid o che il Paese è l’unica “democrazia” della regione mediorientale.

«Il dualismo fra “ebraico” e “democratico” esiste fin dalla nascita dello Stato», conferma anche Giorgio Gomel (economista, del movimento European Jewish Call for Reason e dell’Istituto Affari Internazionali) il 21 luglio sulla rivista dell’istituto, affarinternazionali.it. «Ma non è accettabile che lo Stato favorisca il gruppo ebraico rispetto ad altre etnie. La novità dell’oggi è che la legge codifica questa discriminazione. In più uno Stato che non ha tuttora confini certi e riconosciuti come può definirsi? Se i Territori palestinesi fossero annessi, come una parte rilevante dei partiti di governo propugna, sarebbe Israele ancora lo Stato-nazione del popolo ebraico? Si giungerebbe così anche formalmente ad uno Stato binazionale, non egualitario, non democratico, con diritti pieni solo per ebrei».

Sulla questione è intervenuta anche la rete del cattolicesimo di base “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, animata tra gli altri da Raniero La Valle. La notizia del passaggio alla Knesset, si legge nella newsletter del 24 luglio, «è di tale portata da marcare una cesura nella storia che stiamo vivendo. Lo Stato di Israele, almeno nella sua veste ufficiale e giuridica, cambia natura». Si chiude definitivamente il sogno del sionismo di conciliare ebraicità e democrazia e si istituisce per legge la discriminazione: lo Stato è degli ebrei, e tutti gli altri – arabi israeliani e palestinesi, siano essi musulmani o cristiani – «sono neutralizzati nella loro dimensione politica, cioè nella loro esistenza reale: non partecipano di ciò che, in democrazia, si chiama autodeterminazione, la quale è riservata al solo popolo ebreo, il solo sovrano».

Gli effetti della legge, scrive ancora la rete, sono storicamente e politicamente devastanti e apre inquietanti scenari anche a livello internazionale: «Liquida la causa palestinese, prelude all’annessione dei Territori Occupati, licenzia definitivamente l’opzione fatta propria da tutta la comunità internazionale dei due popoli in due Stati e rottama le risoluzioni dell’Onu sul conflitto in Palestina e sullo status di Gerusalemme. Quali poi saranno i fatti è tutto da vedere».

Un’interpretazione credibile di questo passaggio può essere rintracciata nell’impietoso calcolo demografico, con prospettive di crescita per la popolazione araba e di decrescita costante per quella israeliana: «Gli Ebrei di Israele temono di essere sopraffatti, e perciò la democrazia è un lusso che non possono mantenere. Nell’alternativa tra democrazia ed ebraismo, la scelta è per l’ebraismo. Purtroppo manca la lucidità di comprendere che è una falsa alternativa». La versione integrale dell’intervento si può leggere sul sito di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” e anche su www.adista.it.

Una legge «ignobile, antidemocratica e anti- pluralista», «inammissibile perché esclude le due religioni cristiana (cattolica, ortodossa e protestante) e musulmana»: è la condanna senza appello del card. Beshara Rai (patriarca libanese della Chiesa cattolica maronita), emessa durante una celebrazione lo scorso 22 luglio (AsiaNews, 23/7). In Israele e nei territori occupati, ha detto il patriarca, «abbiamo episcopati, parrocchie, istituzioni e un popolo. Il popolo ebraico, e gli Stati che lo sostengono, non hanno il diritto di spingere sempre più lontano le loro aggressioni e i loro atti di esclusione ». Il cardinale si è poi rivolto alla comunità internazionale con «un appello alle Nazioni Unite e al Consiglio di sicurezza perché prendano una decisione che annulli la legge della Knesset sulla base delle precedenti» misure internazionali a tutela dei diritti dei palestinesi. 

Foto di Hasanisawi: campo profughi palestinese "al-Hussain" in Giordania - scatto del 2008 tratto da it.wikipedia, immagine originale e licenza

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