“Pronto? sono il papa”. Il racconto del teologo spagnolo José María Castillo
MADRID-ADISTA. Alla prima telefonata, non ha neanche risposto il teologo José María Castillo, dal display non era chiara la provenienza. Alla seconda ha alzato la cornetta per poi rimanere fra il basito, il turbato e l’incredulo, perché qualcuno dall’altra parte insisteva a dire «Pronto? Sono il papa». «Mi sono innervosito», confessa il teologo raccontando della telefonata su Religión digital (10 gennaio), «non sapevo se era uno scherzo insensato o magari una comunicazione pubblicitaria». E invece no, «era chiaramente la voce di papa Francesco». Nei dieci minuti di conversazione successivi, ecco emergere i motivi della chiamata.
Il primo: «Voglio ringraziarla per quello che sta facendo per me». «Cosa che mi ha sorpreso», aggiunge il teologo, «dato che è ben poco quello in cui posso aiutarlo». Ha pensato che lo ringraziasse perché, tramite un amico comune, gli aveva fatto giungere l’ultimo suo libro, La religión di Jesús. Comentario al Evangelio diario 2017. Però no, ha constatato: «la verità è che il papa non lo ha proprio menzionato questo libro, né altre questioni». L’altra cosa che ha ripetuto più volte, racconta ancora Castillo, è «Preghi per me. Ne ho molto bisogno». «Mi ha stupito tanta insistenza». «Senza dubbio», commenta il teologo spagnolo, «il papa chiede orazioni perché la forza del Signore lo aiuti ad andare avanti». «È consapevole», aggiunge, «che non sono sufficienti le qualità della sua condizione umana per trovare la migliore soluzione alla quantità di problemi che riguardano il papato in questi momenti. Se qualcosa distingue papa Francesco è non solo la sua vicinanza ai più diseredati di questo mondo, ma soprattutto la sua identificazione con i gravosi problemi che assillano tanti diseredati».
* foto tratta da Flickr
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