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Minerali insanguinati dell'Est Congo: i dati sulle esportazioni e le tensioni internazionali

Minerali insanguinati dell'Est Congo: i dati sulle esportazioni e le tensioni internazionali

Il manifesto torna ad accendere i riflettori sullo scandalo globale dei minerali insanguinati, risorse strategiche e ad alto valore commerciale – soprattutto in epoca di transizione green – indispensabili per le grandi potenze industriali. Nell’articolo di Andrea Spinelli Barrile si parla nello specifico della columbite-tantalite, detta anche coltan, minerale alla base delle nuove tecnologie. «Per capire l’importanza di questo minerale – spiega l’autore – basti pensare che ogni smartphone sul pianeta contiene al suo interno circa 40 milligrammi di coltan».

Il Ruanda – dati ufficiali del governo – rappresenta il primo Paese esportatore al mondo, con 2.070 tonnellate, seguito al secondo posto dal gigante confinante, la Repubblica Democratica del Congo (RDCongo), con 1.918 tonnellate.

Le regioni orientali del Congo, ricchissime di coltan, dove sorgono i più importanti giacimenti, sono da decenni teatro di un conflitto costante tra milizie (più o meno indipendenti) per il controllo del territorio, che ha provocato milioni di morti e migrazioni di massa, abusi e sofferenze incalcolabili.

Dall’inizio del 2024, il conflitto nell’Est Congo si è drammaticamente intensificato, aggravando la crisi umanitaria già conclamata, a causa dall’avanzata dei miliziani del “March 23 Movement” (M23) il quale, secondo fonti Onu, sarebbe sostenuto e armato dal governo del Ruanda al fine di balcanizzare la regione e mantenere il controllo sui giacimenti di minerali strategici. Lo proverebbe la crescente potenza di fuoco del Movimento: rispetto al 2012, quando aveva assediato il capoluogo del Nord Kivu Goma, oggi il Movimento ha compiuto un inquietante salto di qualità, può vantare grandi finanziamenti e sistemi d’arma sofisticati e letali che difficilmente avrebbe potuto procurarsi senza il sostegno di una potenza straniera. Un’altra prova del coinvolgimento ruandese nel conflitto verrebbe proprio dai dati sulle esportazioni: come può il piccolo Ruanda, che non dispone sul suo territorio degli immensi giacimenti congolesi, a esportare più del suo vicino?

Intanto, tra Kinshasa e Kigali la tensione aumenta, tra reciproche minacce, e rischia presto di sfociare in un conflitto non più locale, ma che investirebbe l’intera regione africana e anche le potenze straniere interessate ad allungare le mani sulle immense risorse congolesi.

Di fronte a questo scenario, cosa fa l’Europa? Su Adista Notizie n. 11 del 23/03/2024 abbiamo dato conto approfonditamente del memorandum di cooperazione Ue-Ruanda del 19 febbraio scorso per rafforzare le filiere trasparenti e sostenibili delle materie prime strategiche in questi tempi di transizione energetica. Un accordo che ha fatto molto discutere. A pochi giorni dall’accordo, il 24 febbraio, durante una celebrazione per la pace e in omaggio alle vittime della guerra nel Congo orientale, il card. Fridolin Ambongo Besungu (arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar-SECAM) aveva puntato il dito contro l’accordo «sulle risorse saccheggiate nella RDC», dichiarando che rappresenta «un forte sostegno per l’aggressore» (Agenzia Fides, 27 febbraio).

Il manifesto ricorda che anche il presidente della RDCongo Félix Tshisekedi ha accusato l’Unione Europea di rendersi «complice» nel saccheggio delle risorse congolesi: «Il Ruanda oggi si costruisce grazie alle risorse rubate alla Repubblica democratica del Congo» e i minerali dell’accordo con l’Europa sarebbero «prodotti rubati» alla RdC.

Una ferma opposizione all’accordo della discordia è giunta anche dalla società civile, dal mondo cattolico e dai missionari, non solo italiani. Eppure, scrive infine il manifesto, «tutto è caduto nel vuoto, perso nei bit dei circuiti dei milioni di smartphone insanguinati che giacciono ora nelle nostre tasche. Ma non solo gli smartphone: mentre l’Unione Europea stanzia e investe miliardi per la transizione energetica, che si fa necessariamente con i minerali insanguinati provenienti da quelle terre africane, nel 2023 il piano di risposta umanitaria per la Repubblica democratica del Congo è stato finanziato solo per il 40%. Ma nessuno, da queste parti, sembra voler guardare la realtà».

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