Trasmettere la gioia del Regno. La 61ma sessione di formazione ecumenica del Sae
CAMALDOLI (AR)-ADISTA. «Chi dite che io sia?». A questa domanda di Gesù posta in una tavola rotonda alla sessione Sae in svolgimento a Camaldoli hanno risposto quattro ospiti impegnati nell’insegnamento e nella ricerca accademica: Alberto Annarilli dell’Università di Roma “Tor Vergata”, Graziella Graziano, insegnante a Torino, Marco Marchetti dell’Università di Roma “La Sapienza” e Donatella Pagliacci dell’Università Cattolica di Milano.
«A questo punto del cammino abbiamo voluto occuparci dell’io sul piano della nostra fede» ha detto, nell’introdurre le loro biografie, Donatella Saroglia del Comitato esecutivo del Sae. «Sono cristiane e cristiani che si trovano interpellati da Gesù. Hanno una splendida professionalità, sono credenti e non hanno incarichi ministeriali all’interno delle rispettive chiese e comunità di appartenenza. Molti di noi si troveranno rispecchiati in alcune delle suggestioni che ci porteranno».
Per Graziella Graziano, laureata in lettere, filosofia delle religioni, scienze bibliche e teologiche, 39 anni di insegnamento, predicatrice locale e membro del comitato editoriale dell’Editrice Claudiana a Torino, la dimensione comunitaria della vita è una conseguenza indispensabile della fede in Cristo. Della domanda di Gesù ha sottolineato il verbo “dire”: «Mi riconosco in una fede che si fa sentire, che testimonia sé stessa nell’esprimersi fuori». Graziano è grata alla sua Chiesa di averla guidata verso lo studio della Scrittura che ritiene fondamentale nella propria vita. Mai senza l’altro, però. L’altro che sono le parole del mondo. «Mi sono sentita sempre su un crinale: la Scrittura e la riflessione da una parte, e dall’altra le sollecitazioni e i disastri della storia». In una mano la Bibbia, nell’altra il giornale.
La Bibbia, per Graziano, è «la verità della mia vita, è casa mia, e alcune delle parole della Bibbia sono risuonate per me più di altre e sono la cifra del mio vedere». Tra quelle che ha esemplificato c’è la parabola dei talenti (Mt 25): «Ho sentito la responsabilità di questi doni, pochi e piccoli che fossero, e l’insegnamento come una risposta, soprattutto quando mi sono trovata ad insegnare a giovani adulti in situazioni di drop out e nel carcere in ci ho insegnato e nel corso di italiano per migranti». E poi l’invio in missione dei discepoli (Mt 10): «Gesù dice “andando, predicate che il Regno dei cieli è vicino”. Non precetti, discipline, ma la gioia del Regno, la cura dei malati, l’accoglienza della diversità. Anche questo l’ho sentito come responsabilità. Ho incontrato tanti giovani nei quali ho visto l’annientamento, la difficoltà e ho sentito come risposta a questa domanda il tentare di dire che sono lì per loro. Non so se ci sono riuscita ma la risposta per me è anche questo». E Matteo 14: Gesù sulle acque. In questi giorni credo che il “Non abbiate paura” sia importante anche come risposta. Gesù lo dice quando i discepoli non lo riconoscono. Questo mi ha fatto capire la necessità dello stare dentro alla fede, alla domanda. Cercare di tenere sempre la barra fissa della fede per riconoscere nel mondo intorno Gesù e la risposta a quella domanda».
Marco Marchetti, laureato in Scienze forestali, attualmente impegnato nella pianificazione ecologica del territorio e del paesaggio presso il Dipartimento di Architettura dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha intrecciato l’esperienza maturata in decenni di insegnamento e di ricerca ecologica e l’esperienza esistenziale, percorsi dal filo rosso della fede. «Il mio tentativo è di rispondere alla domanda che ci interpella come singoli che vivono una quotidianità che spesso si allontana dalla fede, che cercano con fatica quale spazio hanno dato nelle loro esistenze a Gesù. Insieme a tante desolazioni ho trovato anche una consolazione. Cerco di guardare a Gesù dicendo che è “l’unico riferimento del mio andare”, come diceva un canto del Gen verde. Mi piacerebbe trovare l’unità interiore tra le dimensioni della mia vita e l’unità tra cielo e terra. Gesù è colui che tiene insieme il cielo e la terra; mettere insieme le due dimensioni è la cosa più importante».
Marchetti è rimasto colpito dall’affermazione di papa Leone nel messaggio per la Giornata del Creato: «La giustizia ambientale ha il volto di Cristo» e ha commentato: «Distruggere la natura non colpisce tutti allo stesso modo. Questa è un’altra delle dimensioni terrifiche del futuro di cui dobbiamo acquisire consapevolezza. La frase di papa Leone è un “no” evidente alla via estrattivista, all’economia del turbocapitalismo. Non basta la risposta individuale. Giovanni Paolo II disse “Pace con la terra, pace con il creato, pace con i popoli”. Ma noi continuiamo a non rispondere. E Francesco nella Laudato si’ ha messo insieme tanti elementi del Concilio, della teologia della liberazione, della pastorale della terra. Un magistero ambientale e sociale insieme».
Marchetti ha segnalato i punti di non ritorno come il fatto che gli alberi non riescono più a sequestrare carbonio a sufficienza per compensare le nostre capacità di inquinamento, o la sparizione dei ghiacciai, ma vede anche segni positivi come l’amicizia e la fraternità sociale prospettati nella “Fratelli tutti” e azioni concrete locali. Mette in guardia dalla cultura tecnoindustriale che ci illude di essere liberi e ci rende schiavi. Prospetta «una conversione ecologica dal basso basata sul connubio imprescindibile tra protezione ambientale e contrasto alle diseguaglianze che ci aiuti a superare l’antropocentrismo senza cadere nel biocentrismo».
Di fronte a problemi che paiono insormontabili c’è però la risposta della fede: «L’ansia climatica cresce di giorno in giorno e questo può portare a rassegnazione e a perdita della speranza che non possiamo consentire perché Cristo ha trasformato sempre il male in bene e ricapitolerà tutto. Più si allarga il mistero più dovremmo dirci che questo mistero della vita è un mistero gaudioso, non un enigma irrisolvibile. Laudato si’ 12 è per me un viatico che ci fa cercare la presenza di Dio in mezzo agli uomini, il suo piano per la vita dell’universo. Per questo prego che Dio, da un lato, allontani da me il paradigma tecnocratico, e dall’altro l’ansia ecologica. Chiedo che mi aiuti a custodire in me la speranza, sobria e tenace, e non da solo».
Marchetti vive da trent’anni in una comunità di famiglie in cui «Gesù si rivela come colui che ci invita a portare la pace, a fare comunità anche come scelta politica e sociale. Viviamo in un casale nell’agro romano in cui abbiamo creato un punto di confluenza di tutti questi percorsi, un luogo che ha uno spirito da condividere con altri, come spazio accogliente, e una piccola comunità sociale e agricola».
La nuova domanda è: «Dove possiamo portare oggi la nostra testimonianza e la profezia visto che siamo nella prospettiva dell’estinzione di massa? Non vediamo la vittoria di Dio nella storia, però continuiamo a credere che il Regno è possibile qui, che un altro mondo è possibile e che, se teniamo lo sguardo su Gesù, questo farà discendere dignità della persona, destinazione universale dei beni, opzione preferenziale per i poveri, pace, giustizia e salvaguardia del creato. Cosa ci manca per essere annunciatori senza paura di questa dimensione?».
Foto di Laura Caffagnini
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