Lo stretto di Messina tra Scilla e Cariddi
L'autore di questo articolo, saggista, fra i maggiori studiosi italiani del pensiero e dell'opera di Giorgio La Pira, è direttore editoriale dei Quaderni della Biblioteca Balestrieri.
Terrore sbiancò tutti in viso i compagni / Noi guardavamo Cariddi, temendo l’estrema rovina, / quando, d’un tratto, Scilla dal concavo legno mi tolse / sei dei compagni, quelli che aveano piú forza e piú cuore; / i lor piedi e le mani già in alto vidi io: ché per l’aria / li sollevava il mostro. Levaron la voce a chiamarmi: / ché mi chiamarono a nome, sgomenti per l’ultima volta.
(Odissea XIII, vv.241-245)
Vi sono nella nostra società nuove forme di persuasioni sottili e grossolane che producono un consenso spesso accompagnato da un battimano adulatorio e da una ovazione da palcoscenico.
Alcuni studiosi sostengono che è già iniziato il tramonto dell’Occidente pur in presenza di alcuni vantaggi di ordine puramente materiale. L’assenza di contatti veramente umani, il moltiplicarsi dell’indifferenza che causa un eccessivo individualismo e, infine, l’abbandono delle tradizioni che, se rivissute, sarebbero ancora capaci di offrire alla comunità il senso della stabilità e della crescita, sono le note negative che si registrano nelle grandi metropoli. A queste negatività se ne aggiungono altre potenzialmente in grado di distruggere uno spazio il cui equilibrio dinamico risponde a un ecosistema di relazioni naturali.
Mar Ionio e mar Tirreno stabilmente collegati
L’attraversamento dello Stretto di Messina mediante accorgimenti escludenti la navigazione marina appaiono incredibili. La prima ed unica impresa, di dubbia attendibilità, fu quella realizzata da Lucio Cecilio Metello intorno al 250 a.C. Lo storico Strabone riferisce che il console romano, al fine di trasferire dalla Sicilia alla Calabria le truppe e anche parecchi elefanti, fece costruire un ponte galleggiante fatto di botti e tavole. Molto più tardi, alla fine del diciannovesimo secolo, ci fu chi propose la costruzione di una galleria sottomarina, progetto ben presto abbandonato.
Luogo mitologico per eccellenza, questa stretta e pericolosa lingua di mare ha affascinato poeti e scrittori. Di quest’ultimi G. Simenon ha individuato un inconfondibile ed ineguagliata essenzialità nello scrivere che lo Stretto di Messina è – ed è sempre stato – «la limite de deux mondes…».
Questo confine tra i due mondi lo si vuole in parte annullare col progettare un ponte. È un ricorrente sogno, per alcuni ipnotico ma anche travolgente. Si potrà alfine realizzare grazie alla moderna tecnica delle costruzioni dei ponti marini?
Un progetto contestato
Il proposito della sua costruzione in grado di poter unire stabilmente le due sponde viene considerato complicato e disseminato da difficoltà. Alla domanda se il ponte sarà realizzato molti rispondono col ricordare il popolare e saggio proverbio siciliano secondo cui è inutile «Aspittari u suli a la menzanotti», (attendere che il sole sorga a mezzanotte è fatica sprecata!). Non mancarono progetti come quelli del1982, del 1984 e del 1994 (rispettivamente degli on.li A. Forlani, C. Signorile e S. Berlusconi). Finalmente nel 2023, un decreto governativo ha riacceso le speranze. Ma è fattibile e a chi conviene?
Nel 1908 un terribile sisma colpì Messina e Reggio Calabria. Le vittime della città dello Stretto, con un agglomerato abitativo di 140 mila abitanti, furono oltre 80 mila, mentre Reggio Calabria, che ne contava 45 mila, registrò 15 mila vittime.
È accertato che lo Stretto di Messina è situato in un’area complessa. Le criticità che questo singolare e unico stretto di mare è situato in un contesto geodinamico dominato da movimenti sismotettonici attivi, con faglie dirette e trascorrenti che attraversano lo Stretto e sollevamenti e subsidenze differenziali che testimoniano la persistente attività neotettonica.
A questi rilievi attinenti alla struttura sottomarina del sito bisogna anche tener conto di quelli di ordine ambientale come le condizioni atmosferiche e dell’idrografia marina. Classificato tra i “ponti a costruzione a fatica “, la inosservanza di alcuni requisiti di ordina ambientale potrebbero causare il cosiddetto “affaticamento” causandone, col tempo, il crollo.
La Corte dei Conti, nella qualità di organo di garanzia e controllo della legalità e correttezza della gestione finanziaria pubblica, ha respinto il progetto definitivo presentato dal governo sia per violazione di norme europee sull’ambiente che per quelle della legge sugli appalti come i cambiamenti contrattuali significativi non conformi alla legge.
Alla prevista bocciatura – un vero e proprio smacco subito e mal digerito – a chi maneggia disinvoltamente il denaro pubblico bisogna ricordare che l’Italia è obbligata a osservare i principi e la legislazione – circostanza che taluni ostinati capoccioni non riescono a digerire – dell’Unione Europea. Da non dimenticare che l’art. 191 del trattato sul funzionamento della UE (TFUE) prevede l’osservanza di alcune regole tutte riconducibili al principio “precauzione” che deve essere applicato quando comprende alcune condizioni che presuppongono una valutazione scientifica completa ed esente da incertezze come: 1) l'identificazione degli effetti potenzialmente negativi; 2) la valutazione dei dati scientifici disponibili; 3) l'ampiezza dell'incertezza scientifica e la partecipazione di tutte le parti interessate allo studio delle misure di precauzione Solo a queste condizioni un qualsiasi progetto può considerarsi idoneo all’esecuzione.
Ecologia e dottrina sociale della Chiesa
Esiste un’ecologia cattolica? Se leggendo i diversi documenti del Magistero sociale della Chiesa si riscontrano poche tracce significative, con papa Francesco l’argomento ecologico è stato uno dei temi che hanno caratterizzato il suo magistero. L’aver proposto, sviluppato e raccomandato la salvaguardia del creato ha avuto una risonanza ed accettazione da non sottovalutare. Papa Francesco ha ricordato che tre sono le relazioni con cui l’esistenza umana si sviluppa: a) quella con Dio; b) quella con il prossimo; c) quella con la terra. L’inosservanza dell’equilibrio integrale genera lo squilibrio del rapporto uomo-natura e, come si legge al n. 35 dell’enciclica Laudato sì, quando si analizza l’impatto ambientale di qualche iniziativa economica, bisogna tener presenti sia gli effetti sul suolo, sull’acqua e sull’aria, come anche l’habitat non solo umano ma anche quello delle popolazioni animali.
La costruzione del ponte non tien conto della salvaguardia dell’habitat! Ogni utile e necessaria attenzione progettuale finalizzata ad evitare rischi e rovine di ogni genere è stata disattesa con la conseguenza che il ponte, così come cocciutamente presentato per l’immediata realizzazione, causerebbe potenziali effetti negativi anche su fauna e flora. In pericolo la irreparabile distruzione dell’habitat di numerose specie marine e anche delle riserve naturalistiche come i laghi di Ganzirri. Legambiente, LIPU e WWF hanno presentato ricorsi al TAR del Lazio, contestando l'impatto ambientale e la mancanza di trasparenza nelle valutazioni.
Ogni mania di grandezza è fonte di rovina per chi la persegue e per coloro che la subiscono. In una democrazia i cittadini sono chiamati ad agire.
Cosa dovrebbero fare i cittadini e quali poteri hanno nel valutare un faraonico progetto che, ad oggi, appare un simbolo che una precisa fazione politica, belligerante e dalla incontrollata impulsività, vuole far bella mostra?
I cittadini hanno un’arma in mano: il referendum! Quello del ponte sullo Stretto di Messina rientra nel novero dei referendum ambientali. Già in passato i cittadini sono stati chiamati ad esprimere il loro parere su materie come quello sul nucleare, sull’acqua e sulle trivellazioni petrolifere.
Chiamarli alla consultazione è una condizione che qualifica la vita democratica. Ai cittadini l’onere di promuovere un referendum sì da proteggere questa nostra unica terra e, nel contempo, dimostrarsi protagonisti del proprio avvenire.
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