Oltre le bende che ci hanno mummificato l’anima
Note a margine sull’incontro organizzato da OIVD, con Francesca Nuzzolese e Paola Di Nicola per il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
“Mi sono firmata «il giudice» per vent'anni! Per vent'anni, non ho visto la violenza, quella sotterranea, che ferisce, umilia, opprime, traumatizza le donne”. … “Dovremmo sapere e denunciare che non sono considerati femminicidi le uccisioni delle donne che sono state prostituite.” Questi due passaggi fra i più significativi dell’incontro per il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, incontro realizzato dall’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (O.I.V.D.).
Francesca Nuzzolese, pastora battista e teologa docente alla facoltà valdese e Paola Di Nicola, magistrata della Corte di Cassazione, relatrice di recenti sentenze innovative sulla violenza maschile sulle donne, sono stare le ospiti dell’appuntamento, condotto da Ilaria Baldini, socia OIVD, operatrice del CADMI, attivista in Resistenza Femminista.
Arduo dare conto della ricchezza dell’evento, di sorprendente intensità e spessore, con punte di rara qualità di indagine condotta con le lenti sottili e affinate dal pensiero e pratica femminista. L’Appuntamento ha visto una partecipazione numerosa di donne e uomini che, nelle domande e nei commenti, hanno espresso autentico apprezzamento per aver ascoltato e interloquito con due relatrici che avevano offerto al pubblico argomenti assai stimolanti e lo avevano fatto con tonalità emotiva davvero rara, di cui qui non posso restituire il timbro, ma chi lo desidera potrà ascoltare la registrazione disponibile sul canale YouTube- dell’Osservatorio -https://www.youtube.com/@osservatoriointer.sullevio5615- e nel nostro sito https://www.oivd.it/
Provo a restituire quelli che, per chi scrive, sono i passaggi più rilevanti delle relazioni, che si sono intrecciate con maestria alle parole/interrogativi posti dalla conduttrice, Ilaria Baldini: con una sapiente regia Baldini ha condotto il dialogo, esordendo con una premessa sui vari ambiti di impegno dell’OIVD: la violenza maschile istituzionale, la violenza fisica, psicologica, morale, sessuale ed economica subita dalle donne; senza obliare le forme invisibili di violenza maschile che agiscono in maniera più sotterranea e più pervasiva proprio perché nascoste e considerate “naturali”. Ci riguardano anche le manipolazioni, i raggiri, gli abusi di coscienza e di potere all’interno delle istituzioni religiose compiuti ai danni di religiose e di donne impegnate nel mondo religioso.
Esordendo, Paola di Nicola ha punteggiato il suo intervento partendo da sé in maniera esemplare: “Io non ho mai visto per molto tempo la violenza maschile contro le donne nell'area della giustizia, semplicemente perché non mi è stato insegnato. La struttura giuridica, in quanto tale, è fondata sul neutro, su un linguaggio nel quale non esistono persone in carne e ossa, con un sesso o con connotazioni incarnate”. E continuava affermando che fino al fino al 1981, quindi decenni dopo l'approvazione della Costituzione Italiana, la parola "donna" non appariva mai nelle norme penali; la parola madre, la parola figlia, la parola sorella erano presenti, ma non donna. Pochi però sono stati coloro che hanno ritenuto di sollevare questioni di costituzionalità.
Con l’espressione “gabbia della Neutralità Giuridica”, Paola Di Nicola ha denominato la cosiddetta imparzialità che priva di individualizzazione soggetti sessuati, mentre la norma dovrebbe tenere conto delle differenze. E la differenza per eccellenza- sostiene la magistrata- è quella tra uomini e donne; ma nessun codice la riconosce. Le materie giuridiche e le facoltà di giurisprudenza non riconoscono la discriminazione sessuale: priva di statuto simbolico.
“Per anni non ho vista la violenza maschile sulle donne- continuava- per anni io personalmente ho vittimizzato le donne, perché per anni non ho avuto consapevolezza, non ho avuto strumenti culturali… La consapevolezza mi è stata consentita soltanto grazie all'avvocatura, grazie alle avvocate dei centri antiviolenza che mi hanno insegnato, portandomi per mano — anche con discussioni abbastanza accese — a capire quanto io fossi vittima di stereotipi e di pregiudizi”.
E procedeva nel racconto del suo processo di presa di coscienza, osservando che “le lenti di genere” all’inizio sono destabilizzanti. “Quando nel 2012 iniziai a firmarmi al femminile, molte colleghe non mi rivolsero la parola. Hanno fatto di tutto per farmi recedere. Ho percepito una forma gravissima di isolamento”. Quando si agisce aderendo alla propria “appartenenza sessuale “, si spalanca una frattura nelle relazioni professionali abituali.
***
“Gli episodi in cui mi sono trovata ad essere chiamata per svolgere un ruolo di cura nei confronti di donne -ha esordito Francesca Nuzzolese- sono divenute esperienze formative che hanno determinato un percorso vocazionale”. Anche la pastora ha ingaggiato un racconto a partire da sé , confessando di essersi sentita impaurita e incapace di comprendere la complessità delle situazioni; gli studi di teologia, non fornivano indicazioni. Era avvenuto un incontro con una ragazza che si prostituiva, la quale dichiarava che la sua era una scelta per sopravvivere, lo avrebbe fatto almeno per un po’, finché non fosse riuscita a raccogliere i documenti giusti. E poi si sono susseguiti altri incontri simili e le sono pervenute tantissime richieste di aiuto. Al momento del colloquio col suo supervisore riguardo i casi di abuso di cui era venuta a conoscenza- abuso ai limiti del consenso, ma sempre comunque traumatico e devastante - egli rimase stupito: “a lui non era mai capitato di vedere donne in tali situazioni….”.
Quell’uomo non aveva mai incontrato tali esistenze lacerate perché non aveva la capacità interiore di ascoltare, di cogliere quelle esperienze, di creare uno spazio sicuro dove una donna poteva ammettere certi tipi di disumanizzazione”. La violenza, continuava la pastora/teologa si impara in casa da bambini/e. Non è quella vistosa, dell'occhio nero” ma è soprattutto quella che è si percepisce con le antenne dei sensi e si trasmette senza parole, perché si è spugne che assorbono tutto e si interiorizzano modelli di comportamento. “L'uso della forza ci permette di ottenere ciò che si vuole. Anche l'assenza di conseguenze, non avere cioè nessuna punizione, nessun limite, rinforza l’uso della violenza”.
"Trent'anni fa anche lo stupro, la violenza domestica e l'incesto erano invisibili."
“E con grande fatica siamo arrivati a farli vedere- chiosava Ilaria Baldini -ma va detto che da nessuna parte si afferma che la prostituzione è violenza; la tratta poi è riconosciuta sì come violenza, ma inquadrata come un atto criminale, e non ricondotta allo specifico inflitto alle donne”.
La pastora ha esteso le sue argomentazioni affermando che questa violenza è anche influenzata dalle donne stesse. In una recente conferenza cui ha partecipato recentemente - Survivors dell’Alleanza Cristiana contro la Prostituzione -di cui è nel direttivo- numerose erano le donne che si considerano sopravvissute alla prostituzione e alla pornografia. Narravano del loro percorso di guarigione, una pratica che mette le donne in circolo per poter raccontare i loro vissuti. Analizzando gli psichismi e i modelli da loro introiettati a livello profondo, si approda alla presa di coscienza che apre ad un distanziarsi dai meccanismi pervasivi che hanno costellato la loro tragica esperienza. La maggior parte di loro parla di abusi e di incesti che si perpetuano per diverse generazioni, cioè una sorta di abuso storico, forse ancestrale, che si tramanda nella famiglia per generazioni e generazioni, in una totale assenza di consapevolezza del corpo come proprio corpo. La motivazione più diffusa: “Almeno posso avere il controllo di darlo a chi lo voglio e con un guadagno". “Smantellare questo tipo di pensiero - proseguiva la pastora/teologa- dissipare questa dissociazione traumatica è importante non solo a livello psicologico -per costruire il senso di dignità e di identità- ma anche a livello teologico. Sei fatta a immagine di Dio, non per venderti a pezzi”.
Il lettore/ la lettrice avrà colto da queste pagine di quanta ricchezza e fecondità di contenuti l’incontro è stato generatore. L’auspicio, prima del congedo, è stato una promessa: ritrovarci in presenza ad un convegno per sviscerare ed estendere a più voci il tema.
“Stiamo strappando le bende che ci hanno mummificato l’anima” ha affermato con la sua scrittura immaginifica Mary Daly; parole illuminanti che ci inducono ad agire come sentinelle nella notte che annunciano il tempo dello strappo delle bende mortifere e del liberarsi del desiderio.
Chi vorrà potrà ascoltare la registrazione, che si trova nel canale YouTube dell’Osservatorio. La raccomando caldamente.
* Immagine di Roszie da Pixabay, immagine originale e licenza
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!
