La Carovana della Pace delle Acli consegna al Parlamento europeo sette proposte raccolte nei territori in 100 giorni di viaggio
Con un viaggio durato 100 giorni, 78 tappe per 15mila chilometri, 500 testimoni incontrati, 250 istituzioni civile e religiose coinvolte, la Carovana della pace (Carovana Peace At Work) promossa dalle Acli (Associazione Cristiana dei lavoratori italiani), è giunta il 15 scorso all’Europarlamento a Strasburgo, oggi in sessione plenaria, per consegnare il Manifesto Peace at Work. Guidata dal presidente nazionale Acli Emiliano Manfredonia, accompagnata da una delegazione di aclisti, soprattutto giovani, e accolta dall’eurodeputato Marco Tarquinio, la Carovana ha presentato sette proposte concrete per rimettere la pace al centro della politica dell’Unione europea.
La consegna del Manifesto Peace at Work–Per un’Europa di pace al Parlamento europeo rappresenta il punto di arrivo di un viaggio che «ha attraversato l’Italia raccogliendo il lavoro silenzioso e quotidiano di chi costruisce pace nelle scuole e nelle fabbriche, negli ospedali e nei cantieri, nei servizi, nello sport, nella cultura e nelle comunità», è stato detto. «Da questo patrimonio di esperienze nasce un appello chiaro rivolto all’Europa: riconoscere e sostenere il contributo di chi, ogni giorno, fa della pace un lavoro concreto».
Preoccupati per il piano di riarmo europeo, che prevede investimenti in armi finanziati anche tramite debito (come lo strumento SAFE da 150 miliardi) e l’aumento della spesa per la difesa e per l'industria bellica, con obiettivi di spesa fino a 800 miliardi di euro, gli organizzatori dell’iniziativa hanno scelto di «ascoltare i territori» con una «declinazione davvero variegata, straordinariamente ricca anche di declinazioni della parola lavoro». «L'Italia del lavoro che costruisce la pace – ha detto a Vatican News (15/12) Pierangelo Milesi, vicepresidente delle Acli – si rende conto perfettamente che i colpi di coda di un secolo morente, che immaginavamo ormai quasi lasciato e consegnato alla storia, possono essere molto pericolosi. Comprendiamo bene che l'Europa debba dotarsi anche di una politica di sicurezza e di difesa comune, ma non ci sembra che in tale progetto di riarmo si arrivi a questo tipo di approdo».
Le sette proposte politiche, elaborate a partire dalle storie e dai territori visitati, sollecitano l’Unione europea a tornare a esercitare un ruolo guida nella diplomazia multilaterale attraverso una nuova Conferenza di pace sul modello di Helsinki, «per ricostruire dialogo, sicurezza cooperativa e legalità internazionale». Propongono di porre il lavoro dignitoso come primo strumento geopolitico dell’Unione attraverso un’Agenda europea del lavoro «che promuova qualità, sicurezza, dignità e protezione sociale». A seguire: riconoscere e diffondere le Case della pace, in quanto «luoghi comunitari dedicati alla mediazione, al dialogo e alla formazione alla nonviolenza, già presenti in molte realtà locali e oggi bisognosi di un sostegno europeo coordinato»; istituire Corpi civili di pace europei «per la prevenzione dei conflitti, la ricostruzione sociale e la diplomazia popolare»; che sia istituito un Commissario europeo per la pace che abbia la responsabilità della diplomazia preventiva, della cooperazione internazionale, dei diritti umani e della trasparenza nelle filiere degli armamenti»; che gli Stati membri valutino l’istituzione di Ministeri per la pace; che sia garantita «piena trasparenza sul commercio delle armi», sul modello della legge italiana 185/1990, «per consentire ai parlamenti nazionali ed europeo un controllo effettivo sulla coerenza delle esportazioni e dei transiti con i principi di pace e diritti umani»; e, settima proposta, che siano creati Corridoi lavorativi europei, percorsi regolari e sicuri per «l’ingresso lavorativo accompagnati da formazione nei Paesi d’origine, così da trasformare la mobilità umana in occasione di sviluppo, dialogo e crescita sociale, riducendo i conflitti generati da precarietà e irregolarità».
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