Papa Leone XIV: «È scandaloso riarmarsi per raggiungere la pace»
CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. È folle pensare che «si faccia la guerra per raggiungere la pace». Ed è «scandaloso» che i governi continuino a «incrementare le spese militari», arrivando a «considerare una colpa il fatto che non ci si prepari abbastanza alla guerra». Nel giorno in cui a Bruxelles è cominciato il Consiglio europeo che deciderà con quali risorse e in che modo debba proseguire il conflitto in Ucraina, dal Vaticano arriva un messaggio – il primo di papa Leone XIV per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio – che indica una direzione diametralmente opposta e critica la politica che sembra aver messo da parte «la via disarmante della diplomazia, della mediazione, del diritto internazionale» per puntare solo su riarmo, deterrenza e guerra.
È un messaggio religioso quello di Prevost, che denuncia la rimozione della luce della pace come orizzonte possibile, «cedendo a una rappresentazione del mondo parziale e distorta, nel segno delle tenebre e della paura», che spaccia come «realistiche le narrazioni prive di speranza». Ma è anche un messaggio politico: «L’aggressività si diffonde nella vita domestica e in quella pubblica, nel rapporto fra cittadini e governanti si arriva a considerare una colpa il fatto che non ci si prepari abbastanza alla guerra, a reagire agli attacchi, a rispondere alle violenze. Molto al di là del principio di legittima difesa, sul piano politico tale logica contrappositiva è il dato più attuale in una destabilizzazione planetaria che va assumendo ogni giorno maggiore drammaticità e imprevedibilità». Non è un caso, prosegue il messaggio del pontefice, che «i ripetuti appelli a incrementare le spese militari e le scelte che ne conseguono sono presentati da molti governanti con la giustificazione della pericolosità altrui. La forza dissuasiva della potenza, e, in particolare, la deterrenza nucleare, incarnano l’irrazionalità di un rapporto tra popoli basato non sul diritto, sulla giustizia e sulla fiducia, ma sulla paura e sul dominio della forza».
Insomma è il clima generalizzato di guerra – del resto diversi storici e analisti geopolitici parlano di un’atmosfera da 1914 – quello che papa Leone vede con preoccupazione. Determinato da un progressivo aumento delle spese militari a livello mondiale, che la Santa sede documenta utilizzando i dati del Sipri di Stoccolma, l’istituto indipendente di ricerche sulla pace: 2.718 miliardi di dollari nel 2024, quasi il 10% in più dell’anno precedente (v. Adista Notizie n. 18/25). Ma anche da un riallineamento delle politiche educative: invece «di una cultura della memoria, che custodisca le consapevolezze maturate nel Novecento e non ne dimentichi i milioni di vittime – si legge nel messaggio –, si promuovono campagne di comunicazione e programmi educativi, in scuole e università, così come nei media, che diffondono la percezione di minacce e trasmettono una nozione meramente armata di difesa e di sicurezza». Prevost introduce un elemento nuovo rispetto a Bergoglio – a cui è riconosciuta la capacità di aver visto in anticipo la «terza guerra mondiale a pezzi» – ovvero il ruolo centrale nei conflitti delle intelligenze artificiali, spinte dalle grandi aziende private che fanno pressioni su governi e stati maggiori: si va delineando «un processo di deresponsabilizzazione dei leader politici e militari», delegando «alle macchine decisioni riguardanti la vita e la morte di persone umane. È una spirale distruttiva, senza precedenti, dell’umanesimo giuridico e filosofico su cui poggia e da cui è custodita qualsiasi civiltà». Non manca il riferimento all’uso politico delle fedi religiose, come si vede ampiamente sia nelle parole d’ordine della destra messianica israeliana, sia nella guerra fra Russia e Ucraina, dove sono coinvolte anche le chiese ortodosse divise, fedeli a Mosca o a Kiev. «Fa sempre più parte del panorama contemporaneo trascinare le parole della fede nel combattimento politico, benedire il nazionalismo e giustificare religiosamente la violenza e la lotta armata», afferma papa Leone, che liquida la legittimazione religiosa dei conflitti come «blasfemia» che i cristiani – i quali nella storia «troppe volte si sono resi complici» – devono «smentire attivamente».
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