
Sicurezza alimentare in Africa: da diritto a privilegio. "Nigrizia" commenta il Rapporto ONU
Anche Nigrizia, periodico dei missionari comboniani per vocazione attento al continente africano, commenta i dati emersi dal Rapporto SOFI “The State of Food Security and Nutrition in the World”, pubblicato delle agenzie delle Nazioni Unite FAO, IFAD, UNICEF, WFP e OMS lo scorso 28 luglio, in occasione del Summit sui Sistemi Alimentari di Addis Abeba (Etiopia).
La fame globale cala leggermente nel 2024, dello 0.3% sul 2023. Eppure, spiega Nigrizia, se già sembra esserci davvero poco per cui cantar vittoria, «dietro questi numeri si cela una realtà drammatica che colpisce in modo sproporzionato il continente africano». La fame in Africa continua ad aggravarsi rispetto a Regioni come America Latina e Sudest asiatico, le quali hanno registrato nell'ultimo anno progressi significativi. In Africa, infatti, «oltre il 20% della popolazione continentale soffre la fame». Percentuale che supera oltremodo la media mondiale. Inoltre, 4 dei 5 Stati più colpiti dall’insicurezza alimentare sono proprio africani (Nigeria, Sudan, Repubblica democratica del Congo ed Etiopia).
Oltre lo stato dell’arte, a preoccupare sono le drammatiche proiezioni sul futuro: «Secondo il rapporto, circa 512 milioni di persone saranno ancora denutrite alla fine del decennio, e di queste ben il 60% si troverà in Africa».
Questi dati elevano l’Africa a «epicentro globale di una crisi che va ben oltre la semplice carenza di cibo, intrecciandosi con conflitti, instabilità politica e cambiamenti climatici». In particolare la guerra, come dimostra la situazione del Darfur (da aprile 2024 sotto assedio delle Forze di Supporto Rapido che hanno ridotto la popolazione allo stremo, costringendola a nutrirsi con i mangimi degli animali). In Sudan, così come a Gaza e in altri conflitti, la fame è utilizzata dagli aggressori come arma di guerra, per ridurre allo stremo la popolazione locale.
Nigrizia punta il dito contro i drastici tagli agli aiuti umanitari voluti dall’amministrazione Trump, ma anche contro le continue sforbiciate agli aiuti pubblici allo sviluppo di UK e UE, che aggravano una situazione già disperata. A causa dei tagli, per esempio, il WFP (Programma Alimentare dell’ONU) si è visto “costretto” a sospendere gli aiuti a 1.3 milioni di persone nel nord-est della Nigeria.
L’articolo di Nigrizia approfondisce il nodo della fame usata come arma di guerra a Gaza, crimine orrendo di cui si è macchiato il governo israeliano, tanto da spingere la Corte Penale Internazionale «a emettere, alla fine del 2024, mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di aver privato la popolazione civile di Gaza di oggetti indispensabili per la sopravvivenza. Si tratta di un precedente storico: per la prima volta due leader politici vengono incriminati specificamente per aver usato la fame come arma». Un pronunciamento dall’impatto simbolico fondamentale, sottolinea la testata comboniana, perché «la fame come metodo di guerra non è un fenomeno nuovo. Ma la sua persistenza nel XXI Secolo dimostra come questa tattica rimanga terribilmente efficace. Negli ultimi dieci anni, l’affamamento deliberato è stato documentato in Ucraina durante l’assedio russo di Mariupol, in Siria dove il regime di Assad lo ha utilizzato “sistematicamente” contro le aree controllate dai suoi rivali, in Yemen, nel Tigray etiopico, in Sud Sudan e nel Nagorno Karabakh».
L’articolo si conclude con una riflessione sull’obiettivo "Zero Hunger", il secondo dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata dagli Stati ONU nel 2015. Purtroppo, dati alla mano, si va in direzione opposta a quella auspicata, e cioè «verso un 2030 di fame», ammette Nigrizia. «I dati del rapporto ONU sono chiari: l’obiettivo di eliminare la fame entro il 2030 appare oggi irraggiungibile» e «la comunità internazionale si trova di fronte a un fallimento annunciato». E «quello che dovrebbe essere un diritto umano fondamentale», il diritto al cibo, si sta lentamente trasformando «in un privilegio negato a centinaia di milioni di persone».
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