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Nel Sudan lacerato dal conflitto e dimenticato dalla comunità internazionale: un Focus di

Nel Sudan lacerato dal conflitto e dimenticato dalla comunità internazionale: un Focus di "Africa"

Un focus di Africa – rivista fondata dai padri bianchi (Missionari d'Africa) oltre un secolo fa e dal 2020 edita dalla società Internationalia – accende i riflettori sulla crisi umanitaria in Sudan. L’approfondimento, datato 29 luglio e firmato da Valentina Giulia Milani, ricostruisce la situazione attuale del Paese africano, conteso e controllato a pezzi da due eserciti (quello ufficiale e quello paramilitare delle Forze di Supporto Rapido-Rsf); la più grande crisi umanitaria del pianeta, che si aggrava giorno dopo giorno producendo migrazioni dalle proporzioni bibliche; i silenzi della comunità internazionale, “distratta” da altre drammatiche crisi.

Le origini del conflitto

Tutto ha avuto origine con un regolamento di conti all’interno dell’apparato militare, tra i due comandanti al vertice del Consiglio Sovrano, istituzione che avrebbe dovuto guidare la transizione democratica dopo 30 anni di Omar al-Bashir, destituito dalle stesse forze armate l’11 aprile 2019. Una transizione fragile e precaria, la cui guida restava ambita dai vertici militari con l’intento di occupare posizioni di potere rallentando il previsto passaggio di consegne ai civili. Dopo mesi di tensioni e reciproche accuse, la violenza è esplosa il 15 aprile 2023 nella capitale Khartoum, tra il generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan (presidente del Consiglio Sovrano e comandante in capo delle Forze Armate Sudanesi-Saf) e Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti (vicepresidente del Consiglio Sovrano e comandante dei paramilitari delle Forze di Sostegno Rapido-Rsf).

A oltre due anni di combattimenti, il Paese è diviso, con le Saf che controllano le regioni orientali e quelle centro-settentrionali; con le Rsf che dilagano nelle regioni meridionali e occidentali, e assediano il Darfur, dove ormai si parla di genocidio; con la proliferazione di milizie di autodifesa, movimenti etnici, bande islamiste, sostenitori del vecchio regime, ecc., che rendono il quadro ancora più frammentato e fuori controllo. Intanto, la popolazione civile subisce crimini di guerra, abusi e violazioni dei diritti umani inenarrabili. Su 51 milioni di abitanti, la metà è ridotta alla fame; si contano decine di migliaia di morti e 13 milioni di sfollati (scopri di più sul conflitto in Sudan: qui, qui, qui e qui).

Lo stato attuale

Il 26 luglio scorso, spiega l’analista di Africa, le Rsf «hanno annunciato la formazione di un governo parallelo nelle aree sotto il loro controllo», definendolo “Governo di pace e unità”, con Hemetti a capo. In risposta, a Port Sudan (divenuta di fatto capitale amministrativa dopo il braccio di ferro su Khartoum) il primo ministro Kamil Idris ha rafforzato le istituzioni ufficiali e riconosciute dalla comunità internazionale, completando «la quasi totalità della squadra esecutiva con la nomina di cinque ministri e tre ministri di Stato all’interno di quello che viene chiamato “Governo della speranza” e che di fatto è il governo ufficiale di transizione».

Cosa si nasconde dietro l’attuale spartizione del Paese? Secondo l’analisi di Africa, «in gioco non c’è solo il potere politico, ma anche il controllo delle principali risorse economiche del Paese: l’oro, il petrolio (in particolare gli oleodotti che attraversano il Sudan trasportando il greggio dal Sud Sudan fino a Port Sudan) e la gomma arabica, di cui il Sudan è uno dei maggiori produttori mondiali. Queste ricchezze, anziché rappresentare un volano per la ricostruzione, sono oggi fattori centrali del conflitto e oggetto di spartizione tra le fazioni in guerra, con gravi conseguenze per la popolazione civile e per la tenuta dello Stato».

Al solito, mentre gli eserciti si combattono, conquistano e perdono fette di territorio, a pagare il prezzo più alto è sempre la popolazione locale: Spiega Milani nel suo approfondimento che, stando ai dati della agenzie ONU, sono oltre 7,7 milioni le persone sfollate nel Paese, 4 milioni quelle fuggite oltreconfine. 17 milioni di persone soffrano di grave insicurezza alimentare (3,6 milioni di bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione acuta). Istituzioni locali e sistema di aiuti umanitari sono al collasso, anche a causa dei tagli imposti dall’amministrazione Trump.

Leggi l'articolo integrale sul sito di Africa

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