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Dire Dio uno e trino attraverso la liturgia. La 61ma sessione di formazione ecumenica del Sae

Dire Dio uno e trino attraverso la liturgia. La 61ma sessione di formazione ecumenica del Sae

CAMALDOLI (AR)-ADISTA. «Io credo che in questi primi giorni qui a Camaldoli una delle parole chiave che abbiamo sentito e vissuto sia stata quella della gioia. Gioia di accogliere il Signore, di vivere in sintonia con i fratelli e le sorelle, di compiere le nostre azioni con gioia. Gioia è anche una parola chiave per questo bellissimo inno che abbiamo cantato (Fos ilaron - Luce gioiosa), un inno molto antico della Chiesa cristiana d’Oriente alla seconda persona della santissima Trinità che viene innalzata. Dice un altro modo di manifestare la nostra fede nel Dio uno e trino». A parlare è padre Sergej Tikhonov al termine del Vespro ortodosso celebrato nella chiesa del Monastero. La sessione di formazione ecumenica del Sae non è solo studio ma è anche preghiera che segna il ritmo delle giornate: celebrazioni ecumeniche, Eucaristia, Santa Cena, Vespro. Il tema della fede nel Dio trinitario affermata a Nicea, affrontato nello studio in plenarie e laboratori, si riverbera pienamente in questo Vespro che dice la fede cristiana tramandata nei secoli attraverso la grammatica della liturgia.

Nel presbiterio si è riunita tutta la Comunità camaldolese con il priore dom Matteo Ferrari e l’abate del Monastero di Chevetogne (Belgio) dom Lambert Vos, che sta partecipando ai lavori. La presidente del Sae Erica Sfredda ringrazia i padri ortodossi – il vescovo Athenagoras Fasiolo, i presbiteri Stefan Andronache, Vladimir Laiba, Sergej Tikhonov – «che ci hanno fatto assaporare un po’ della loro spiritualità».

«Ringrazio la Comunità con il priore Ferrari e l’abate Vos per aver condiviso questo importante momento di preghiera serale, il Vespro dei Santi 318 Padri di Nicea che viene celebrato anche nella festa di Pentecoste» dice Athenagoras Fasiolo, vescovo ausiliare della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e amico del Sae da tempo. «Oltre che per questo momento di preghiera ringraziamo il Signore per tutto quello che ci dà. Poche volte ci rendiamo conto che ci offre non solo la nostra amicizia, il nostro incontro, il meditare insieme e anche avere pensieri diversi, ma anche i doni nella nostra vita quotidiana, il creato che ci circonda. Fin dai primi secoli la Chiesa ha pensato che il pane e il vino della Cena del Signore sono il dono più grande in assoluto, ma la Chiesa usa anche tutto ciò che Dio ci dà per ringraziarlo. Secondo la tradizione antica, la ricchezza di una famiglia era data dal grano, dal vino e dall’olio, elementi che hanno un loro significato. L’olio è un elemento importante. I Padri sottolineano il duplice significato che ha il termine greco: l’olio come alimento e come misericordia di Dio. Noi abbiamo bisogno della misericordia di Dio e dei frutti della terra». Il vescovo ha invitato tutti ad andare a prendere il pane augurale che viene distribuito al termine delle liturgie: «Per le vostre famiglie, per il Monastero, per il Sae e per chi si adopera per l’unità delle Chiese di Cristo». Il dono ultimo, alla fine del Vespro, è stata la colletta a favore di Neve Shalom Wahat al-Salam, l’oasi di pace tra Tel Aviv e Gerusalemme dove convivono israeliani e palestinesi.

 

Immagine da https://www.camaldoli.it/

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