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Una lettera di p. Salonia in merito al suo caso

Una lettera di p. Salonia in merito al suo caso

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di p. Giovanni Salonia, sulla cui controversa vicenda scrivemmo nel 2017 e nel 2020, alla luce delle informazioni all’epoca in nostro possesso. Nel corso di questi anni, tuttavia, e anche nell’ambito della recente diffusione del podcast “La Confessione”, riguardante il caso degli abusi di don Giuseppe Rugolo di Enna su Antonio Messina e altri due ragazzi, è emersa un’altra verità. Secondo le registrazioni audio acquisite nel corso del processo penale, ormai nella disponibilità delle parti, con i genitori di Antonio il vescovo di Piazza Armerina (sotto cui Enna ricade), mons. Rosario Gisana, vanta un “credito” con papa Francesco. Il podcast ricostruisce così la vicenda: nel 2017 papa Francesco aveva incaricato Gisana di presiedere una commissione speciale ad hoc su p. Giovanni Salonia, accusato di abuso sessuale da una ex religiosa - con cui aveva avuto peraltro una relazione in passato, come egli stesso ha ammesso - all’indomani della propria nomina a vescovo ausiliare di Palermo da parte del papa. Gisana, incaricato dal papa, nella veste di giudice-inquirente per un «supplemento di indagine», proscioglie Salonia dalle accuse, ma la sua consacrazione viene ugualmente annullata sotto la parvenza di una rinuncia volontaria per non suscitare un “accanimento” dei media.

Sul fronte della giustizia civile, le cose stanno diversamente: il giudice, a fronte di due denunce per abusi sessuali, stabilisce un "non luogo a procedere" per tardività della querela: il fatto non può essere giudicato perché la querela è arrivata dopo i sei mesi previsti dall’ultimo episodio.

Di seguito il testo pervenutoci.

 

Gentilissima Dottoressa Eugenio,

sono Padre Giovanni Salonia. Credo che si ricordi di me. Tempo fa abbiamo avuto un significativo scambio di corrispondenza. Uno scambio breve ma importante almeno per me. Era il luglio del 2020 e io Le scrivevo per ringraziarla e farle i miei complimenti per il modo puntuale e corretto con cui aveva narrato la mia vicenda.

Spinto da questo ricordo, torno a scriverle in merito al testo da lei firmato sul numero 11 di Adista, l’altra settimana sul caso Rugolo. A un certo punto Lei dà conto delle voci che sostengono che il 6 novembre del 2023 il Santo Padre abbia elogiato Mons. Gisana solo per ricambiare il favore che don Rosario gli aveva fatto nel 2017, assolvendo il sottoscritto alla fine del supplemento di indagine amministrativa seguito alla mia nomina a vescovo ausiliare di Palermo. Mons. Gisana era infatti il presidente della compagine giudicante scelta dal Papa.

Mi verrebbe da dire in prima istanza: non sapevo di essere così importante! Il Papa dunque avrebbe chiesto un favore a un Vescovo a proposito di una vicenda come la mia! Ma, al di là della battuta, i fatti sono chiari. Nel febbraio del 2017 il Santo Padre, non convinto delle accuse sollevate contro di me, crea un processo amministrativo come supplemento di indagine. Nessuna accusa di abuso sessuale. I tre giudici ascoltano sia i due accusatori che la mia versione dei fatti. Alla fine non formulano una sentenza ma delle considerazioni. Il Papa legge le accuse, che sono state trascritte e firmate, e avalla le considerazioni dei tre giudici in merito al fatto che nulla ostacolava la mia consacrazione. Visto però il clima creatosi attorno a me, si concorda che sarebbe stato meglio evitare turbamenti alla comunità ecclesiale (e non costringermi a estenuanti battaglie mediatiche e giudiziarie: i giudici avevano parlato infatti espressamente di “calunnie”). Ne parliamo a lungo con il Santo Padre. Decido di rinunciare al mio diritto per non turbare il clima della comunità ecclesiale. La rinuncia, tra l’altro, non è mai stata accettata. Questi i fatti. I racconti contrari, privi di qualunque (e pur minima) prova, sono fantasie o teoremi. Che il Santo Padre in quella occasione abbia avuto modo di conoscere personalmente Mons. Gisana è l’ipotesi più ovvia.

Nel settembre 2018 viene data la notizia che una suora mi aveva denunciato per abuso sessuale in terapia. Le indagini durano due anni. Al termine il Giudice così si esprime: “Non luogo a procedere… perché l’azione penale non doveva essere iniziata per tardività della querela”, mettendo in crisi l’impianto accusatorio basato su una tardiva presa di coscienza della presunta vittima. Tale ipotesi non viene ritenuta credibile. La sentenza non viene appellata. Lei, cara Dottoressa, dà conto di tutto questo con grande precisione e nitidezza su Adista, mentre le testate che avevano dato spazio all’accusa in maniera unilaterale (in primis “Il Faro di Roma”) si scusano pubblicamente con il sottoscritto. (Tranne “Il Messaggero”, che il 6 luglio del 2020 titola: “Suora abusata. Per il prete psicoanalista scatta la prescrizione. Ora grana per il papa”, dove è chiaro che la confusione tra ‘non luogo a precedere’ e ‘prescrizione’ è frutto o di ignoranza giuridica o di malafede).

Gentilissima Dottoressa, so che nel recente articolo sulla vicenda di Mons. Gisana Lei ha semplicemente riportato il contenuto di una conferenza stampa. Ma almeno su questo punto specifico aveva ed ha elementi probanti per non sposare, e direi onestamente per contestare, la tesi sostenuta in quella sede senza alcuna prova. Mi verrebbe da dire: ex uno disce omnes, vista la disinvoltura con cui si sostengono tesi come quella relativa al mio caso. Le chiedo solo che vengano rispettati i fatti, gli stessi che Lei espose con nitidezza quasi quattro anni fa. Allora la ringraziai e continuo a ringraziarla per il servizio spassionato che Lei e la sua testata rendono con libertà alla verità. La saluto cordialmente.

 

** Foto di Kiban tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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