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In merito al caso Rugolo: lettera dell'avvocato della diocesi di Piazza Armerina

In merito al caso Rugolo: lettera dell'avvocato della diocesi di Piazza Armerina

In merito a quanto scritto da Adista sul podcast "La Confessione" riguardante il caso di don Giuseppe Rugolo, riceviamo e pubblichiamo:

Al Direttore Responsabile redazione del settimanale ADISTA

In relazione all’articolo pubblicato su Codesta Rivista dal titolo “Abusi: il caso Don Rugolo svela il sistema di insabbiamento della Chiesa italiana” mi preme offrire delle precisazioni che appaiono opportune per una corretta valutazione dei fatti che - sulla scorta della ricostruzione offerta da Antonio Messina, dal suo difensore e dai giornalisti che hanno condotto l’indagine giornalistica trasmessa tramite il podcast “La confessione” - appaiono non veritieri, decontestualizzati quando non apertamente travisati.

Cominciamo affermando con chiarezza che il Vescovo Rosario Gisana non ha mai “insabbiato” nulla, non avendo posto ostacoli di sorta all’accertamento dei fatti, anzi offrendo pronta ed immediata collaborazione alla Procura della Repubblica procedente.

Per prima cosa, nel rivolgersi al Vescovo, la famiglia Messina ha espressamente scelto un accertamento in sede canonica: il padre di Antonio Messina, appartenente alla Polizia di Stato, ben avrebbe potuto presentare immediata denuncia all’Autorità Giudiziaria, ma non ha ritenuto di farlo, preferendo quest’altra strada con espressa richiesta di massimo riserbo, a tutela del proprio figlio.

Il Vescovo Rosario Gisana non ha dunque precluso o osteggiato il ricorso all’Autorità Giudiziaria, ha solo dovuto prendere atto di una precisa volontà espressa dai Messina, quella della scelta del rito canonico e quella del massimo riserbo.

A seguito di questa scelta, l’investigatio previa fu condotta da due Giudici Rotali estranei alla Diocesi e nell’ambito della stessa quasi tutte le persone indicate da Messina come informate sui fatti non si presentarono. Nonostante ciò, pur a fronte cioè di un non pieno riscontro di quanto affermato da Messina, il Vescovo Rosario Gisana adottò nei confronti di Giuseppe Rugolo la sospensione dall’insediamento quale parroco e l’invio a Ferrara per un periodo di due anni, nell’autunno del 2019.

Assolutamente falsa è inoltre l’affermazione che il Vescovo Rosario Gisana abbia “offerto” la somma di 25.000,00 euro, per ottenere il silenzio della famiglia Messina. La richiesta di denaro al contrario fu avanzata dal sig. Michele Messina quale “ristoro delle spese sostenute dalla famiglia per terapie psicologiche” effettuate dal figlio Antonio. Tale richiesta è stata successivamente portata avanti dall’Avv. Federico Marti, legale nominato dalla famiglia, che ha condotto trattative sul punto, trattative che la famiglia Messina ha poi provato a negare, attribuendone la paternità ad autonoma iniziativa dell’avvocato. Questo dichiarato disinteresse è stato però clamorosamente smentito dalla dichiarazione resa dal sacerdote Fausciana nel corso della sua audizione come teste il quale riferisce: “Antonio mi disse che c'era l'ipotesi che sarei stato contattato per ricevere una valigia di soldi”. A completare tale contesto va segnalato che tanto il P.M. che la difesa di parte civile del Messina, in consueta e singolare armonia, hanno rinunciato all’escussione dell’avv. Marti, dagli stessi chiamato a deporre proprio “..sui rapporti intrattenuti con la Diocesi di Piazza Armerina ed il suo Vescovo”, rinunciando dunque a permettere un accertamento processuale su tale aspetto della vicenda.

La difesa della Curia ha fatto propria la richiesta di accertamento testimoniale ma l’avv. Marti ha comunicato di non volere deporre su tale questione, avvalendosi del diritto di mantenere il segreto professionale.

Nel processo non vi è stata dunque alcuna smentita, sul piano probatorio, di quanto riferito da Monsignor Gisana, sin dal primo interrogatorio, in ordine all’esistenza di una richiesta di denaro ed alla sua provenienza da parte di Michele Messina, dimostrando e documentando di avere successivamente ricevuto la formalizzazione della proposta transattiva dall’avv. Marti, esibendo e producendo anche la mail di trasmissione del relativo accordo.

Nonostante l’accertata evidenza di tale diverso svolgimento dei fatti, anche di fronte alla palese reticenza dei Messina ed alla clamorosa smentita della tesi “dell’offerta di denaro fatta per comprare il loro silenzio”, quest’ultima è stata sbandierata dagli stessi e data in pasto alla stampa nel contesto di una studiata e tendenziosa campagna mediatica, che ha continuato a ribadirla negli stessi termini nonostante le ben diverse risultanze istruttorie e dibattimentali, nell’evidente determinazione di creare un condizionamento mediatico rivolto all’opinione pubblica.

In tale contesto va collocata anche la famosa conversazione tra Rugolo ed il vescovo Rosario Gisana a proposito dell’ipotetico “insabbiamento”, quando Gisana riteneva che la richiesta dei Messina avrebbe in qualche modo definito la vicenda, che all’epoca - va pure chiarito - risultava riferibile in base ai riscontri fino a quel momento avuti, non una condotta abusante posta in essere dal Rugolo, ma piuttosto una relazione omosessuale, non caratterizzata da abusi, dalla quale il Rugolo dichiarava di avere ormai preso le distanze.

Questo colloquio è stato decontestualizzato come altri.

Come è noto la stampa ha male utilizzato ed irriso anche un altro brano del colloquio, nel quale il Vescovo Rosario Gisana ricopriva non certo il ruolo di giudice ma di guida spirituale ed in tale contesto invitava il Rugolo a fare chiarezza dentro di sé ed a rivedere la propria vocazione, ricordandogli che “il pentirsi dei propri peccati è la premessa che può divenire occasione di santità”. S.E. il Vescovo Gisana, ben lungi dal parlare di una condizione di santità, ricordava al Rugolo che anche alcuni di coloro che sono poi diventati santi, avevano prima attraversato momenti bui di sofferenza e di peccato per cui anche chi è colpevole non deve disperare.

Tale conversazione, chiara e limpida nel contesto e nei contenuti, viene trasformata non solo in una ridicola parodia di ciò che invece realmente rappresenta lo svolgimento di una delle più importanti e difficili espressioni della fede cattolica, la guida di un penitente verso la riconciliazione, ma viene addirittura radicalmente deformata ed utilizzata per dare corpo ad insinuazioni tanto infondate quanto gravemente diffamatorie.

avv. Gabriele Cantaro

*Foto del Duomo di Piazza Armerina da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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