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Il 10% della popolazione scolastica in Italia è straniera. E subisce le conseguenze delle politiche migratorie

Il 10% della popolazione scolastica in Italia è straniera. E subisce le conseguenze delle politiche migratorie

«In Italia 1 studente su 10 è straniero, ma in 2 casi su 3 è nato in Italia». Da questo dato parte il comunicato stampa del Centro Studi e Ricerche Idos sui dati della presenza degli studenti con cittadinanza straniera iscritti nelle scuole italiane anticipati dal Ministero dell’Istruzione. Si tratta di 857.729 alunni su un totale di 8.579.879» e mentre gli iscritti italiani in un anno sono diminuiti di quasi 85mila unità, quelli stranieri sono cresciuti di 16mila, arrivando a incidere per il 10,0% sulla popolazione scolastica complessiva.

I numeri, dunque – osserva il Centro Studi – attestano una presenza stabile e mostrano come l’Italia sia ormai un paese di immigrazione matura, con una seconda generazione sempre più numerosa: in pratica, ben 2 alunni stranieri su 3 (il 64,5%) sono nati in Italia. E di fatto gli unici ad aumentare di numero, nelle classi italiane, sono proprio loro. Come sarà messo in evidenza nel Dossier Statistico Immigrazione 2020, la cui uscita è prevista alla fine di ottobre p.v., di fronte a dati così eloquenti «stride ­– lamenta Idos – la lentezza della politica, che in 28 anni, di governo in governo, non solo non ha varato una riforma che li riconosca come cittadini italiani, ma li ha ulteriormente penalizzati nell’ottenimento della cittadinanza. Come è noto, infatti, il “Decreto sicurezza” del 2018 ha introdotto requisiti più rigidi, costi più elevati e, per alcuni tipi di richiesta, tempi di risposta più lunghi (fino a 4 anni, che vanno a sommarsi a quelli di residenza regolare e continuativa già richiesti al compimento dei 18 anni). In queste condizioni, regole e burocrazia diventano un ostacolo all’integrazione, tanto da far pensare a un uso politico delle stesse, con effetti che rasentano il razzismo istituzionale».

Do cnseguenza, il lockdown per il Covid-19 «si è inserito pesantemente in questo quadro già molto grave, amplificando le disuguaglianze e acuendo gli effetti emarginanti, a causa della “sovrapposizione tra gli spazi e le lingue” (l’italiano e la lingua materna) che la chiusura delle scuole ha determinato nelle case delle famiglie di origine immigrata, come lo stesso Ministero ha evidenziato nel recente documento È la lingua che ci fa uguali. Note per ripartire senza dimenticare gli alunni stranieri, diffuso dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura».

La povertà economica di queste famiglie rischia così di tradursi «in povertà educativa per i loro figli, soprattutto nei nuclei socialmente più isolati e culturalmente più fragili. In generale, l’Istat rileva che in Italia il 33,8% delle famiglie non dispone in casa di un pc o di un tablet e che il 41,9% dei minori vive in condizioni di sovraffollamento abitativo. In tali condizioni si trovano in particolare molte famiglie straniere, i cui figli studiano in case piccole, dove non dispongono di spazi adeguati e a volte neppure di una connessione internet che li aiuti a tenersi in contatto con i loro compagni, mentre le basse competenze linguistiche dei genitori (che in molti casi hanno peraltro continuato a lavorare fuori casa) non permette loro di supportarli nella didattica».

«La responsabilità principale – afferma Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS – è di una politica miope e anacronistica, da decenni paralizzata da un approccio ottusamente ideologico, la quale, unita a un sistema scolastico rivelatosi scarsamente attrezzato dinanzi all’emergenza e a dinamiche già ordinarie di emarginazione ed esclusione nei confronti degli stranieri, ha fatto esplodere, durante questa fase critica, tutte le gravi conseguenze della disparità sociale e di diritti che ha istituito. Né le recenti misure governative per il reddito delle famiglie e la cura dei figli rimasti a casa sono riuscite efficacemente a colmarla. Ne stanno facendo le spese, incolpevolmente, i giovani studenti che, volenti o nolenti, saranno la nuova generazione del paese. E quindi ne sta facendo le spese il futuro stesso dell’Italia».

*Foto tratta da pxere, immagine originale e licenza

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