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Interrogazione europarlamentare sull'omotransfobia in Polonia: intervenga l'Unione Europea

Interrogazione europarlamentare sull'omotransfobia in Polonia: intervenga l'Unione Europea

«Accogliamo con sollievo la notizia dell'interrogazione degli europarlamentari italiani Brando Benifei (del Gruppo Socialisti & Democratici) e Fabio Castaldo (del Gruppo dei Non Iscritti) sugli arresti arbitrari di alcuni attivisti e attiviste lgbti in Polonia»: lo dichiara il 26 agosto Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, che prosegue: «Ora però attendiamo una risposta chiara e netta, che espliciti una condanna fattiva ai provvedimenti smaccatamente omofobi del governo polacco. Perché l'omotransfobia in Polonia è diventata ormai programma di governo con la rielezione del presidente Duda e si manifesta sempre più spesso attraverso la violazione dei più elementari principi di uno Stato di diritto. L'Europa deve stare dalla parte delle persone ingiustamente arrestate in Polonia e deve fare la sua parte per tutelare i diritti fondamentali di tutti i cittadini e le cittadine europei. Servono quindi provvedimenti urgenti e servono sanzioni esemplari: bene hanno fatto i due europarlamentari a chiederle esplicitamente. Se così non fosse, saremmo di fronte a un paradosso inaccettabile nell'identità stessa dell'Unione Europea. Un fatto grave, che gonfierebbe le vele degli antieuropeisti, l'ultima cosa di cui l'Europa ha bisogno oggi».

Gli arresti cui si riferisce Piazzoni sono avvenuti il 7 agosto, durante una manifestazione svoltasi a Varsavia a sostegno dei diritti Lgbt e per protestare contro gli arresti di alcuni esponenti di spicco del movimento, alcuni condannati per direttissima a due mesi di reclusione.

Non è solo il presidente polacco Andrzej Duda (del partito ultraconservatore e populista Diritto e Giustizia, Pis), riconfermato alla guida del Paese con il ballottaggio elettorale del 12 luglio vinto di strettissima misura, a prendere di mira i gay, ma gran parte della cattolicissima società polacca: basta pensare che un terzo del territorio polacco si dichiara “Lgbt free zones”, un atteggiamento alimentato apertamente proprio dalla gerarchia della Chiesa cattolica. Basta ricordare le parole pronunciate il 3 agosto 2019 (v. Repubblica) dall´arcivescovo di Cracovia Marek Jedraszewski (nominato nel 2016 da papa Francesco) nell´anniversario dell'eroica insurrezione partigiana di Varsavia:  «Non esiste – ha fra l'altro detto – piú un'epidemia e piaga rossa (definizione negativa dei decenni della dittatura comunista serva della potenza coloniale occupante sovietica in Polonia, ndr), ma ne sta nascendo una nuova, quella creata dalla cultura degli Lgbt e delle bandiera arcobaleno, minaccia per i valori e per la solidità sociale e familiare della nostra nazione». E ancora: la «piaga Lgbt e arcobaleno» è come «un nuovo volto della minaccia bolscevica alla nostra nazione e ai nostri valori», perché «chiunque promuova o difenda l´ideologia Lgbt nega la dignità della società della famiglia e di valori e tradizioni della nazione, come in una nuova e ancor piú minacciosa sfida bolscevica alla nostra identità»; bisogna difendersi dalla «nuova minaccia comparabile al bolscevismo» per salvaguardare «il diritto alla vita e alla dignità di un uomo e di una donna che costruiscono una famiglia per fare figli per la patria».

*Foto della manifestazione Lgbt messa a disposizione da Arcigay

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