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Celebrando il vero Romero. Note a margine della beatificazione

Celebrando il vero Romero. Note a margine della beatificazione

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 20/06/2015

DOC-2717. ROMA-ADISTA. Com'era prevedibile, del Romero “fatto popolo”, quello con cui, secondo le celebri parole di Ignácio Ellacuría, «Dio è passato per El Salvador», non c'erano molte tracce nella cerimonia di beatificazione del 23 maggio scorso (v. Adista Notizie n. 21/15). «La celebrazione non ha prodotto speranza», ha commentato il prete salvadoregno Rutilio Sánchez, una delle più significative figure della realtà ecclesiale centroamericana nonché, come direttore della Caritas diocesana di San Salvador, uno stretto collaboratore di mons. Romero (con il quale, in virtù delle sue posizioni assai avanzate, ha avuto un rapporto non privo di tensioni ma indubbiamente profondo e fecondo). Vero “prete fatto popolo”, al cui servizio si pone la sua intera, avventurosa traiettoria di vita - che lo ha visto miracolosamente sfuggire a svariati attentati - Rutilio Sánchez scelse, durante la guerra, di esercitare il ministero sacerdotale al fronte, tra i guerriglieri del Fronte Farabundo Martí, pienamente convinto che «la giustizia e la fedeltà» fossero lì dove si trovavano «i combattenti del Fmln» e deciso, come scrisse nel 1982 all’allora arcivescovo Arturo Rivera y Damas, a «seguire Gesù nei burroni, sulle colline, nelle trincee dove si vivono le beatitudini alla lettera e in spirito, creando le basi del Regno di Dio, un mondo in cui ci sia pane per tutti». Ed è oggi instancabile animatore della Sercoba (l'équipe di servizio alle comunità di base nata dopo gli accordi di pace del 1992; sercoba.blogspot.com) insieme alla missionaria laica Mariella Tapella, che lo ha accompagnato in visita in Italia per illustrare ai diversi gruppi di appoggio presenti nel nostro Paese (tra cui la Comunità Sant'Angelo a Milano, l'associazione Italia-Cuscatlan di Turbigo e il Gruppo di Volontariato “Solidarietà” di Potenza) le attività, i progetti, le speranze e le difficoltà dell’associazione (l'importanza della quale è ben riassunta dalle parole rivolte da una donna analfabeta alla missionaria laica italiana: «Grazie per avermi dato un motivo per continuare a lottare»). 

Nelle sue critiche al modo in cui è stata preparata e realizzata la beatificazione di mons. Romero, Rutilio Sánchez non è certamente solo, come chiaramente evidenzia, tra molte altre reazioni precedenti e successive alla cerimonia, l'ultimo numero della rivista della Uca Carta a las Iglesias (il n. 661 di maggio), in cui non mancano giudizi severi rispetto al lavoro della “commissione ufficiale per la preparazione della beatificazione” (a cominciare dal contestatissimo slogan “Romero, martire per amore”) e all'operato della gerarchia cattolica, fino al dubbio che mons. Romero non si sarebbe affatto riconosciuto nella celebrazione. Un dubbio espresso con grande vigore da Luis Van de Velde, coordinatore per l’America Centrale dell'ong belga Volens, già assai critico nei confronti del processo di “annacquamento” della figura dell'arcivescovo martire (tanto da sottolineare, in un recente articolo su “I peccati contro mons. Romero”, quanto sia fuorviante «dire che Romero è “di tutti i salvadoregni”», giacché, in realtà, «mons. Romero è dei poveri/e, dei perseguitati/e, di tutte le vittime dello sfruttamento»; sicsal.net/articulos2/node/428).

E a restituire un ritratto di San Romero d'America assai più fedele rispetto a quello emerso il 23 maggio è stata la tavola rotonda su “Oscar Romero: testimone delle Beatitudini”, promossa a Roma il 28 maggio, presso la Casa Generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane, dai Religiosi/e e Promotori di Giustizia, Pace e Integrità del Creato, con la partecipazione di Tonio Dell'Olio, responsabile del settore internazionale di Libera; della pastora valdese Ilenya Goss; di Alberto Vitali, responsabile dell'Ufficio per la pastorale dei migranti della diocesi di Milano, e di Luca Pandolfi, docente di antropologia culturale e sociologia della Pontificia Università Urbaniana e fondatore del Sal (Solidarietà per l'America Latina), il quale, dopo aver evidenziato la complessità e la pluralità della storiografia su Romero, denunciandone anche le ripetute manipolazioni, si sofferma sul significato del martirio di Romero e sulla figura dell'arcivescovo come «voce di coloro che gridavano».

Nella limitata ma estremamente densa e ricca rassegna che segue, riportiamo l'intervista che ci ha concesso Rutilio Sánchez durante la tappa romana del suo viaggio nel nostro Paese; l'intervento di Luca Pandolfi alla tavola rotonda del 28 maggio (tratto da registrazione e non rivisto dall'autore); e, in una nostra traduzione dallo spagnolo, gli articoli di Jon Sobrino e di Luis Van de Velde (quest'ultimo apparso per la prima volta su Religión Digital il 29/4), tratti da Carta a las Iglesias. 

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