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Domani a Ginevra i colloqui sulla Siria. Forse

Domani a Ginevra i colloqui sulla Siria. Forse

GINEVRA-ADISTA. Staffan de Mistura, l’inviato speciale per la Siria delle Nazioni Unite, gli inviti li ha spediti, ma chi rappresenterà chi alla tornata dei colloqui ginevrini sul conflitto siriano è cosa ancora non nota, neanche a de Mistura. La composizione delle delegazioni della galassia del fronte anti-Assad è stata questione a lungo discussa, causa anche del ripetuto slittamento della conferenza, l'ultimo dei quali ha fatto rimandare l'apertura dei lavori a domani 29 gennaio. La presenza sia del governo, sia delle opposizioni – ad esclusione di al-Nusra, filiazione siriana di Al-Qaeda, e dell'Isis – è tuttavia già una conquista: è stato difficile metterli insieme ed è difficile tenerli insieme, tanto che l'inviato speciale dell'Onu ha definito la fase dei dialoghi in avvio «negoziati di prossimità» di natura indiretta, perché le parti non siederanno allo stesso tavolo e saranno de Mistura e mediatori da lui nominati a portare agli uni le parole degli altri. E comunque, oltre ad al-Nusra e al sedicente Califfato, pare che rimarrà fuori il Democratic Union Party, partito curdo-siriano, perché la Turchia ha minacciato di far saltare tutto se gruppi curdi, che la Turchia bolla di terrorismo, avessero preso parte al negoziato. Osserva Radio Vaticana del 27/1, che se tali «indiscrezioni» rispondono a verità, «il negoziato parte senza un soggetto cruciale del delicato mosaico siriano. Il gruppo curdo ha infatti il controllo di diverse città e villaggi strappati allo Stato Islamico nella parte settentrionale del Paese».

Non c'è neanche certezza sulle questioni che dovrebbero essere trattate. De Mistura ha messo in agenda un cessate-il-fuoco e l'assicurazione della consegna degli aiuti umanitari. Ma anche qui si naviga a vista.

Secondo mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all'Onu, intervistato da Radio Vaticana il 26 gennaio, «si sta tentando di giocare tutte le carte possibili per arrivare a un obiettivo molto specifico, che è il cessate-il-fuoco: cercare di avere una tregua, in modo che la popolazione civile, soprattutto, possa respirare un momento e si possa estendere a tutto il territorio della Siria l’aiuto umanitario di cui le persone hanno bisogno». «C’è un po’ di fiducia», ha detto manifestando cautela, «si spera che il prossimo 29 gennaio, qui a Ginevra comincino a dialogare, anche se non si tratta di un incontro diretto tra le due parti, ma attraverso l’Inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite». C'è d'altronde una grande incognita, ha rammentato: «al-Nusra e il cosiddetto Stato Islamico non sono parte né del dialogo, né rientrano nell’obiettivo di un cessate-il-fuoco tra i contendenti in territorio siriano; per cui la comunità internazionale, che sta appoggiando, specialmente attraverso il dialogo tra la Russia e gli Stati Uniti, questa nuova fase di mediazione per arrivare a un cessate-il-fuoco, viene disturbata naturalmente dal fatto che la violenza poi continua attraverso questi gruppi estremisti, che sono considerati dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu gruppi terroristici. In pratica rimane in piedi una dimensione di incertezza e di difficoltà nell’avanzare verso l’obiettivo della pace».

È la terza volta che la sede Onu in Svizzera ospita colloqui sulla Siria: “Ginevra 1” e “Ginevra 2” (v. Adista Notizie n. 6/14) si erano chiuse fra l'altro auspicando che si desse vita ad un governo di transizione per preparare una nuova Costituzione e libere elezioni. Obiettivo, insieme al cessate-il-fuoco, del negoziato di domani, stabilito per l'appuntamento di domani dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu il 18 dicembre scorso con la risoluzione 2254, ma anche obiettivo al quale le opposizioni hanno sempre posto la condizione previa dell'allontanamento di Assad, guadagnando l'appoggio degli Usa. La situazione è però mutata, e si considera alquanto rischioso lasciare la Siria senza un governo, destabilizzando una componente impegnata militarmente contro il nemico comune, l'Isis. Ecco perché, a quanto pare, la diplomazia di Washington sembra vedere con favore un “governo di unità nazionale” piuttosto che “di transizione”.

* La sede Onu di Ginevra. Immagine di MPD01605, tratta da Flickr.  Licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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