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Unioni gay in Chiesa? Il vescovo di Anversa propone un rito

Unioni gay in Chiesa? Il vescovo di Anversa propone un rito

Tratto da: Adista Notizie n° 36 del 22/10/2016

38715 ANVERSA-ADISTA. Le coppie cattoliche omosessuali, quelle divorziate risposate e i conviventi devono ricevere una qualche forma di benedizione da parte della Chiesa, in nome di una “diversità di rituali” che riconosca l’«esclusività e la stabilità» del loro legame. Lo ha affermato il vescovo belga di Anversa mons. Johan Bonny, in un libro appena pubblicato in Belgio dal titolo Mag Ik? Dank ye. Sorry (“Posso? Grazie. Scusa”; il riferimento è alle parole usate da papa Francesco in diverse occasioni per indicare il corretto di modo di comunicare tra le coppie sposate).

Il libro di Bonny è redatto in forma di intervista con il teologo morale Roger Burgraeve, favorevole lui stesso al riconoscimento delle unioni omosessuali. «Non è possibile - argomenta nel volume il vescovo – continuare a affermare che non vi possono essere altre forme di amore oltre al matrimonio eterosessuale. Lo stesso tipo di amore lo troviamo tra un uomo e una donna che vivono insieme, in coppie omosessuali e nelle coppie lesbiche». «La domanda è: dobbiamo cercare di comprimere tutto in un solo modello, sempre lo stesso?», si chiede Bonny nel libro. «Non dobbiamo piuttosto evolvere nella direzione di una diversità di rituali in cui sia possibile riconoscere la relazione d’amore tra persone omosessuali, anche dalla prospettiva della Chiesa e della fede?». 

Se il vescovo di Anversa riconosce che le coppie omosessuali non sono in grado di esprimere il legame profondamente simbolico tra alterità sessuale e fecondità, cosa che impedisce loro di pervenire a una vera unione sacramentale, egli però sottolinea che ogni tipo di relazione d’amore può mirare ad essere una «relazione esclusiva e durevole» e, in quanto tale, merita un pieno riconoscimento. «Posso io, in quanto vescovo – prosegue – offrire un rito che sia simile al piccolo segno di croce che i genitori tracciano sulla fronte del loro bambino, anche ai credenti che vivono insieme e che desiderano tutto il bene possibile l’uno per l’altro, alla luce della presenza di Dio? Un segno di croce non è un sacramento, ma appartiene alla categoria dei “segni e gesti sacri”. Non possiamo, nella Chiesa, creare differenti sfumature tra il “nulla” delle coppie conviventi non sposate e il “tutto” del matrimonio sacramentale, che dia pieno riconoscimento di ciò che è “già” presente, e allo stesso tempo lasci intravedere ciò che “ancora” non c’è?».

Per quanto riguarda le coppie divorziate e risposate, poi, il vescovo belga fa appello allo stesso genere di argomentazioni proposte dai vescovi argentini della regione ecclesiastica di Buenos Aires nel loro documento attuativo dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia di papa Francesco (v. Adista Notizie n. 32/16): «La questione della comunione ai divorziati risposati – scrive Bonny – deve essere soppesata attentamente. Non è questione di dire un “sì” o un “no” generali, ma di valutare con attenzione. Dobbiamo giudicare sulla base della situazione individuale delle persone coinvolte. O, per meglio dire, essi possono e devono partecipare a quel giudizio alla luce di certi criteri». Di qui la convinzione che la Chiesa possa, in alcuni casi, benedire una seconda unione. «Fin dai tempi più antichi, la Chiesa ortodossa ha conosciuto il riconoscimento di una seconda unione per ragioni di misericordia, laddove come coppia si abbia un nuovo posto all’interno della comunità. Questa nuova benedizione, tuttavia, non è affatto una ripetizione né una sostituzione del primo matrimonio sacramentale. Quello era e resta unico».

Bonny già in passato si è fatto conoscere per le sue significative aperture in materia di morale sessuale. Alla vigilia del Sinodo straordinario sulla famiglia svoltosi nell’ottobre 2014, è stato autore di una lunga riflessione in cui, esprimendo le proprie attese, non lesinava critiche al Magistero di Paolo VI e Giovanni Paolo II, in relazione all’Humanae vitae (1968) e alla Familiaris consortio (1981), ponendo l’accento sulla crescente distanza tra l’insegnamento morale della Chiesa sul matrimonio, la famiglia e la sessualità e la visione dei credenti, e indicando possibili piste di ricerca per superarla, invitando la Chiesa ad abbandonare il suo atteggiamento difensivo o antitetico rispetto al mondo e a riprendere la via del dialogo (v. Adista Documenti n. 34/14). Non solo: il vescovo di Anversa già in passato auspicava, in un’intervista al quotidiano in lingua fiamminga De Morgen, un riconoscimento da parte della Chiesa delle relazioni omosessuali (v. Adista Notizie n. 1/15). «Così come nella società esiste una diversità di quadri giuridici per le coppie, dovrebbe esserci una diversità di forme di riconoscimento anche all’interno della Chiesa», aveva affermato Bonny. Per il vescovo di Anversa, infatti, una relazione omosessuale può soddisfare i criteri di un matrimonio religioso.

Bonny ha manifestato posizioni di apertura anche rispetto al celibato ecclesiastico. Nel 2012 definì un arricchimento per il servizio pastorale l’eventuale possibilità di ordinare uomini sposati (v. Adista Notizie n. 15/12). Mons. Bonny non ne faceva una questione di abolizione del celibato sacerdotale, anzi: «In una società come la nostra, in cui la sessualità è a volte banalizzata, il celibato dei preti può rivestire un valore particolare come segno profetico». Ciononostante, proseguiva, «mi piacerebbe comunque ordinare uomini sposati, se fosse possibile». Quanto al sacerdozio femminile in quell’occasione affermò che se «ordinare uomini sposati è una questione di diritto canonico, l’ordinazione delle donne ha implicazioni teologiche: riguarda l’interpretazione della Bibbia e della tradizione. Nel nostro Paese – proseguiva – l’ordinazione femminile sarebbe accettata. Ma su scala mondiale la faccenda è complessa. Le donne chiedono, giustamente, di essere più coinvolte. Nella misura del possibile, cerco di nominare donne impegnate ai posti di responsabilità». 

Mons. Bonny era considerato un ottimo candidato a sostituire l’arcivescovo di Bruxelles-Malines mons. André Leonard. Gli è stato poi preferito il fiammingo mons. Jozef De Kesel, 68 anni, ausiliare del grande card. Godfried Danneels dal 2002 al 2010, quando quest’ultimo si è ritirato (v. Adista Notizie n. 40/15). Un primate comunque di orientamento non certo conservatore: nel settembre 2010 poco dopo la sua nomina a Bruges, si era fatto subito conoscere per le sue affermazioni sul celibato sacerdotale, quando aveva affermato (mostrando di trovarsi sulla stessa linea dei suoi confratelli Bonny e Patrick Hoogmartens di Hasselt) di ritenere che «la Chiesa debba chiedersi se sia appropriato conservarne il carattere obbligatorio. Possiamo dire che vi sono preti celibi, ma che anche le persone per le quali il celibato è umanamente impossibile dovrebbero poter diventare preti». De Kesel otterrà la berretta cardinalizia in occasione del prossimo Concistoro (v. tra le notizie precedenti).

* Immagine di ___GDM___!, tratta dal sito Wikimedia Commons. Licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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