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La prima volta senza i Castro: Cuba ha votato per un parlamento che sceglierà il nuovo presidente

La prima volta senza i Castro: Cuba ha votato per un parlamento che sceglierà il nuovo presidente

Tratto da: Adista Notizie n° 11 del 24/03/2018

39300 L’AVANA-ADISTA. L’82,90% dei cubani domenica 11 marzo è andato a votare per l’Assemblea Nazionale del Potere popolare. Ha consegnato la scheda in bianco il 4,32% dei votanti. Le schede annullate assommano all’1,26%. Gli 8 milioni e 926 mila aventi diritto dovevano scegliere 605 deputati (di cui 322 donne) fra i candidati provenienti dalle Assemblee municipali, da organizzazioni sindacali e di studenti. I quali non dovevano necessariamente essere iscritti al Partito Comunista, pure se questo è l’unico esistente. D’altra parte, alle elezioni «non concorrono partiti politici – aveva detto con cubana fierezza il presidente Raúl Castro in occasione delle votazioni per le municipali realizzate il 26 novembre scorso – né si finanziano le campagne elettorali, il requisito per proporre ed eleggere i candidati è il merito, la capacità e l’impegno».

Quando si riunirà, il 19 aprile, l’Assemblea nazionale sceglierà tra i suoi membri i 33 componenti il Consiglio di Stato (il più alto organo di governo), che a loro volta nomineranno al loro interno il presidente della nazione. E per la prima volta nella storia di Cuba rivoluzionaria, dunque dal 1959, il presidente non sarà un Castro. Fidel è morto e l’86enne fratello Raúl, al governo dal 2006, per quanto i senta molto bene, non si è ripresentato per l’alta carica, avendo già ricoperto il mandato di presidente per due volte (elezioni 2008 e 2013). Il limite massimo di due mandati è d’altronde legge voluta da Raúl, insieme all’impedimento per i maggiori di 70 anni di ricoprire cariche ufficiali. Non che egli si ritirerà dalla politica: fino al 2021 resterà a capo del Partito comunista cubano e sarà risultato eletto deputato della provincia orientale di Santiago de Cuba per la quale si era candidato.

Al “gioco del toto-presidente” vince – ne sono convinti semplici cittadini quanto i politici – l’attuale primo vicepresidente, Miguel Díaz-Canel, 57enne uomo di partito. Il quale, già a novembre scorso, ha garantito pubblicamente la continuità: «A Cuba sarà sempre presidente chi difende la rivoluzione e ci saranno compagni di provenienza popolare». «Tuttavia – ha osservato l’argentino El Clarín (9/3/18) – si tratta di un personaggio nato dopo la rivoluzione che non fa parte degli “storici”». Fa cadere una pietra tombale su Díaz- Canel la blogger dissidente Yoani Sánchez, che ha scritto di lui: «È un fedele prodotto di laboratorio dei quadri politici», «uomo grigio, senza carisma né volontà propria». Dal canto suo, Rafael Hernández, direttore della prestigiosa rivista piuttosto allineata cubana Temas, ha detto parlando a BBC Mundo che «solo alla stampa di fuori Cuba viene in mente che il successore possa essere diverso da Díaz-Canel» e che comunque il prossimo presidente «dovrà costruire un suo consenso, perché l’autorità che hanno avuto Fidel e Raúl non la può ereditare nessuno». Questo porterà, secondo Hernández, ad «un processo di decentralizzazione del potere».

Quando fu nominato primo vicepresidente nel 2013, Castro sottolineò che Díaz-Canel «non è un ultimo arrivato», vantandone la «solidità ideologica». Recentemente è filtrato un video, riferisce BBC Mundo (12/3/18), in cui Díaz-Canel prometteva misure contro i mezzi di comunicazione «con contenuto sovversivo», irritando non poco l’opposizione.

La Chiesa cattolica, come suo stile, ufficialmente non ha proferito parola sul processo elettorale: secondo alcuni interventi ecclesiali ufficiosi, è perché in realtà nell’Isola non c’è libertà di espressione e alla Chiesa non è consentito intervenire nei media che, dicono, sono “asserviti allo Stato” (v. notizia seguente).  

Raúl Castro durante il vertice del 2016 dell'Associazione degli Stati caraibici AEC - foto [ritagliata] tratta da Flickr, immagine oriiginale e licenza. Fonte: Presidencia de El Salvador

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