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Capri espiatori e sovranismo. Datemi un nemico e vi dominerò il mondo

Capri espiatori e sovranismo. Datemi un nemico e vi dominerò il mondo

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 29 del 04/08/2018

Prima di riflettere sui singoli provvedimenti del governo Salvini-Di Maio è bene meditare sui criteri etico-politici che lo caratterizzano.

Un contratto privatistico

Anzitutto occorre dire che in Italia non c’è un governo del popolo ma quello dei migliori perdenti. Le forze di governo non hanno vinto le elezioni e non hanno vinto insieme. Se due forze, che durante la campagna elettorale si sono insultate pesantemente, si mettono insieme per governare vuol dire che sono spinte da una reciproca provvisoria convenienza, da una logica di potere. Il loro contratto mette insieme pezzi dei loro programmi, sommando richiesta a richiesta in un crescendo demagogico finanziariamente insostenibile. Un contratto simile ha un significato privatistico, volto a realizzare propositi di parte legati sia ad ambizioni di partito che ad aspirazioni territoriali.

Secondo Gustavo Zagrebelsky si basa su «una tregua consensuale» in vista del consolidamento temporaneo delle posizioni ma «la mera sommatoria di interessi è dissolutiva della Costituzione, come visione e concezione d’insieme della vita della polis». Il contratto contiene una doppiezza e si regge su «un equilibrio precario ma aggressivo sulle istituzioni costituzionali » perché tende a esautorare sia l’azione del Parlamento che quella del capo dello Stato (per un giorno minacciato di incriminazione). Si dirà che ogni governo è frutto di compromessi, osserva il costituzionalista, ma «una cosa è il programma steso in colloqui riservati e tra soggetti operanti in forma privata (come in effetti è stato) e poi presentato ultimativamente agli organi costituzionali per la sua ratifica ed esecuzione; un’altra cosa è se, secondo procedure consolidate nel sistema di governo parlamentare, si procede a partire dal presidente della Repubblica che individua il soggetto idoneo a formare un governo sostenuto da una maggioranza in Parlamento. Impossibile negarlo: la Costituzione arranca» (la Repubblica, 11/6/2018).

I due capri espiatori

Il governo di un contratto simile è necessariamente instabile. Ognuno sta usando l’altro per affermarsi. In un periodo così carico di problemi nonché di aspettative smisurate, ognuno aspetta il momento per smarcarsi attribuendo all’altro la causa di delusioni o fallimenti.

Per il momento il cemento unificante, per controllare e dirottare il disagio sociale, consiste nella diffusione costante e insistente della logica del nemico. L’unità dei contrari può coesistere solo scaricando sull’esterno le cause dei problemi, indicando il nemico, proponendo bersagli da colpire, cioè usando sistematicamente la logica sacrificale del capro espiatorio, anzi di due capri espiatori: l’immigrazione vista come invasione (realtà «insostenibile » si scrive nel contratto) e l’Europa che ha certo tante responsabilità (in questo il governo trova un forte motivo di condivisione), ma che viene vista come origine di ogni male economicofinanziario (e da cui si pensa di uscire in attesa del “cigno nero” o dello shock finanziario risolutivo).

La figura del nemico

Significativo l’uso di un linguaggio ostile tipico di una politica populista-sovranista. Lucidissimo al riguardo è il brano dello storico Andrea Baravelli proposto agli esami di maturità: «La figura del nemico ha sempre rappresentato un elemento indispensabile per il buon funzionamento dei sistemi di propaganda. Insomma, si tratta di un protagonista assoluto – se non unico – dell’argomentazione di tipo propagandistico; una figura dalla rilevanza tale da costringere l’intero spazio della politica a organizzarsi in sua funzione [...]. L’effetto della designazione di un nemico per l’opinione pubblica è infatti triplice. Da una parte essa conduce alla cristallizzazione della fedeltà dell’opinione pubblica a un dato progetto politico. Da un’altra, il concentrare il risentimento della collettività nei confronti di un nemico equivale a “compattare” quella stessa comunità con il pretesto dell’esistenza di un elemento irriducibile e pericoloso. Infine, il definire un nemico dona al potere la possibilità di deviare il risentimento popolare che, altrimenti, investirebbe il potere stesso […]. Nelle società contemporanee, caratterizzate da molteplici flussi d'informazione e dalla sempre maggiore incapacità di ricondurre in termini di comprensibilità la complessità dell'esistente, l'uso della categoria del nemico rimane indispensabile poiché fornisce una chiave ai fini della ricomposizione di una realtà frammentata e apparentemente incongruente» (rivista storica storica online Storicamente, n. 13).

Il mito dell’invasione

L’ideologia del nemico si accompagna sempre all’idea di una minaccia incombente, al mito di un’invasione imminente. Nella Lega, tra i 5 Stelle, nei gruppi dell’estrema destra europea e italiana, nell’area reazionaria cattolica (a volte anche nell’estrema sinistra) o nel trumpismo rampante («non ci lasceremo invadere» ha gridato Trump il 24 giugno 2018 davanti ai bambini centroamericani separati dai loro parenti alla frontiera) circola da tempo una spiegazione complottista della crisi dei migranti che unifica umori e fantasie di vario segno o il fangoso sottobosco delle fake news: l’arrivo di africani in Europa sarebbe parte di un piano architettato dalle élite politiche ed economiche del continente per importare milioni di lavoratori a basso costo e creare così un meticciato debole e manipolabile.

Secondo alcuni neonazisti, come Gerd Honsik, a ideare questo piano di sostituzione etnica dei bianchi europei sarebbe stato il filosofo conte di Coudenhove- Kalergi. Per molti il “Piano Kalergi” è diventato un tormentone politico-esoterico simile a quello del cosiddetto “complotto plutocratico-giudaico-massonico” raccontato nei famigerati Protocolli dei Savi di Sion, testo sacro per Hitler.

A farne le spese, oggi, è il finanziere George Soros, il quale non è certamente un filantropo, ma che è alquanto azzardato e ridicolo ritenere “il grande vecchio” del mondialismo devastatore o, addirittura, l’ispiratore di papa Francesco.

Le patrie carnali

Simili teorie semplificano all’estremo la realtà, allontanano dalle cause dei problemi, coprono le responsabilità dei «pianificatori del terrore», degli «organizzatori dello scontro», degli «imprenditori delle armi» (Francesco, 13 settembre 2014 a Redipuglia), di chi alimentando «sfrenate corse al riarmo» promuove «l’omicidio dell’indifferenza» (Francesco, 7 luglio 2018 a Bari).

Serve a poco dire che le invasioni sono ben altre: quelle delle organizzazioni mafiose, quelle dei corruttori e dei corrotti, quelle della finanza speculativa o dei “fondi avvoltoio”, quelle dei gruppi neonazisti che contano su varie realtà già affermate a livello sociopolitico. Il mito della sostituzione etnica è diventato un pregiudizio ossessivo che tenta di dare corpo all’idea delle “patrie carnali” (cittadinanza basata su sangue e suolo), oggi presentata come “Europa delle regioni, delle nazioni e dei popoli”.

Se ne fanno da tempo portavoce militante organizzazioni del genere di Forza Nuova, Casa Pound, Lealtà Azione, Veneto Fronte Skinheads, Fortezza Europa, Generazione identitaria. L’Osservatorio democratico sulle nuove destre segnala da anni presenze neonaziste in luoghi pubblici (autorizzate da amministrazioni comunali) che si stanno diffondendo e che stanno trovando nella Lega un decisivo punto di riferimento istituzionale (si veda il libro di Paolo Berizzi, NazItalia. Viaggio in un Paese che si è riscoperto fascista, Baldini e Castoldi).

 

Antieuropeismo pregiudiziale tra Trump e Putin

L’Europa (meglio dire la mancata Europa dei padri fondatori) ha certo molte responsabilità nella diffusione di violenze e ingiustizie. Ma chi nel governo (e altrove) pensa di affermare in questa maniera la propria sovranità contro i “poteri forti” dell’Europa, si illude o non vuole capire che un’Europa di Stati murati separati e concorrenti, balcanizzata, diventa preda di grandi potenze come Usa (significativo l’appoggio di Steve Bannon, il più scatenato dei sovranisti trumpiani, al governo italiano) e Russia (il legame tra Lega e il partito di Putin “Russia unita” è forte, cementato da un patto in dieci punti). Un documentato articolo del giornalista Eugenio Fatigante, basato su testi di Fabio Sapettini e Andrea Tabacchini, cita l’opinione di Nona Mikhelidze, analista dello IAI (Istituto Affari Internazionali): «Il Cremlino sa che l’Italia non può uscire da un giorno all’altro dall’UE. L’obiettivo per il momento è creare caos, ingovernabilità, aiutare quelle forze sovraniste che, per costituzione, chiedono meno Europa» (Avvenire 31/5/2018). L’incontro ad Helsinki del 16 luglio 2018 ha rivelato l’orientamento antieuropeo dei due “grandi”, apprendisti stregoni del disordine e della frantumazione europea al fine di “dividere per comandare”. Il giorno prima dell’incontro con Putin, il presidente statunitense ha dichiarato che «l’Europa è il nostro vero nemico». Oggi sovranismo non vuol dire isolazionismo più o meno autarchico, ma pratica unilaterale con alleati (o complici) in vista di un forte dominio geopolitico. Se ognuno grida “prima noi” arriva la “guerra di tutti contro tutti”. Per questo si chiedono continuamente aumenti nella spesa militare. Un sovranismo così inteso costituisce il volto peggiore della tanto vituperata globalizzazione. 

* Sergio Paronetto è presidente del Centro studi di Pax Christi Italia

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