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Il papa scrive ai cattolici cinesi: il bello e il buono dell’accordo con la Cina

Il papa scrive ai cattolici cinesi: il bello e il buono dell’accordo con la Cina

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 06/10/2018

 

39519 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Per dimostrare che il suo non è stato un passo avventato, che ha piena consapevolezza della problematicità sottesa, papa Francesco ha deciso di spiegarsi direttamente con i cattolici cinesi in merito all’«Accordo Provvisorio» siglato il 21/9 con il loro governo, e tramite il quale ha riconosciuto i sette rimanenti vescovi nominati non da Roma ma dalla Chiesa patriottica a guida governativa.

Sicché nel “messaggio”, datato 26/9, Bergoglio scrive: «Negli ultimi tempi, sono circolate tante voci contrastanti sul presente e, soprattutto, sull’avvenire delle comunità cattoliche in Cina. Sono consapevole che un tale turbinio di opinioni e di considerazioni possa aver creato non poca confusione, suscitando in molti cuori sentimenti opposti. Per alcuni, sorgono dubbi e perplessità; altri hanno la sensazione di essere stati come abbandonati dalla Santa Sede e, nel contempo, si pongono la struggente domanda sul valore delle sofferenze affrontate per vivere nella fedeltà al Successore di Pietro. In molti altri, invece, prevalgono positive attese e riflessioni animate dalla speranza di un avvenire più sereno per una feconda testimonianza della fede in terra cinese».

Un grazie di cuore ai cattolici “clandestini”

Ebbene, seguita, «desidero, innanzitutto, assicurarvi che siete quotidianamente presenti nella mia preghiera e condividere con voi i sentimenti che abitano il mio cuore», e che sono «sentimenti di ringraziamento al Signore e di sincera ammirazione (…) per il dono della vostra fedeltà, della costanza nella prova, della radicata fiducia nella Provvidenza di Dio, anche quando certi avvenimenti si sono dimostrati particolarmente avversi e difficili».

«Da parte mia, ho sempre guardato alla Cina come a una terra ricca di grandi opportunità e al Popolo cinese come artefice e custode di un inestimabile patrimonio di cultura e di saggezza». Tanto più è «mia convinzione che l’incontro possa essere autentico e fecondo solo se avviene attraverso la pratica del dialogo, che significa conoscersi, rispettarsi e “camminare insieme” per costruire un futuro comune di più alta armonia».

«In questo solco – spiega dunque Francesco – si colloca l’Accordo Provvisorio», «frutto del lungo e complesso dialogo istituzionale della Santa Sede con le Autorità governative cinesi, inaugurato già da San Giovanni Paolo II e proseguito da Papa Benedetto XVI. Attraverso tale percorso, la Santa Sede altro non aveva – e non ha – in animo se non di realizzare le finalità spirituali e pastorali proprie della Chiesa». «Proprio al fine di sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo in Cina e di ricostituire la piena e visibile unità nella Chiesa, era fondamentale affrontare, in primo luogo, la questione delle nomine episcopali. È a tutti noto che, purtroppo, la storia recente della Chiesa cattolica in Cina è stata dolorosamente segnata da profonde tensioni, ferite e divisioni, che si sono polarizzate soprattutto intorno alla figura del Vescovo quale custode dell’autenticità della fede e garante della comunione ecclesiale».

A Cesare quel ch’è di Cesare…

La responsabilità di tali “tensioni, ferite e divisioni” è dello Stato cinese, sostiene il papa quando scrive: «Allorquando, nel passato, si è preteso di determinare anche la vita interna delle comunità cattoliche, imponendo il controllo diretto al di là delle legittime competenze dello Stato, nella Chiesa in Cina è comparso il fenomeno della clandestinità».

Ma poiché una «tale esperienza (…) non rientra nella normalità della vita della Chiesa», «dopo aver attentamente esaminato ogni singola situazione personale e ascoltato diversi pareri», «riflettuto e pregato molto cercando il vero bene della Chiesa in Cina», «con serenità di giudizio, in continuità con l’orientamento dei miei immediati Predecessori, ho deciso di concedere la riconciliazione ai rimanenti sette Vescovi “ufficiali” ordinati senza Mandato Pontificio e, avendo rimosso ogni relativa sanzione canonica, di riammetterli nella piena comunione ecclesiale». «L’Accordo Provvisorio siglato con le Autorità cinesi, pur limitandosi ad alcuni aspetti della vita della Chiesa ed essendo necessariamente perfettibile, può contribuire – per la sua parte – a scrivere questa pagina nuova della Chiesa cattolica in Cina», introducendo, sottolinea Bergoglio, «elementi stabili di collaborazione tra le Autorità dello Stato e la Sede Apostolica, con la speranza di assicurare alla Comunità cattolica buoni Pastori».

Molteplici i livelli interessati dall’Accordo: «Sul piano pastorale, la Comunità cattolica in Cina è chiamata ad essere unita, per superare le divisioni del passato che tante sofferenze hanno causato e causano al cuore di molti Pastori e fedeli». «Sul piano civile e politico, i Cattolici cinesi siano buoni cittadini, amino pienamente la loro Patria e servano il proprio Paese con impegno e onestà, secondo le proprie capacità. Sul piano etico, siano consapevoli che molti concittadini si attendono da loro una misura più alta nel servizio al bene comune e allo sviluppo armonioso dell’intera società. In particolare, i Cattolici sappiano offrire quel contributo profetico e costruttivo che essi traggono dalla propria fede nel regno di Dio. Ciò può richiedere a loro anche la fatica di dire una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona». Infine, due parole al governo cinese: «Mi rivolgo con rispetto – scrive Francesco – a Coloro che guidano la Repubblica Popolare Cinese e rinnovo l’invito a proseguire, con fiducia, coraggio e lungimiranza, il dialogo da tempo intrapreso. Desidero assicurare che la Santa Sede continuerà ad operare sinceramente per crescere nell’autentica amicizia con il Popolo cinese». 

La cattedrale dell'Immacolata Concezione a Hong Kong (1897); autore ignoto, immagine oroginale e licenza, tratta da Wikimedia Commons; fonte: Ufficio del governo di Hong Kong 

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