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La sinfonia di papa Francesco in Iraq

La sinfonia di papa Francesco in Iraq

Tratto da: Adista Notizie n° 11 del 20/03/2021

Nella musica classica, la sinfonia si suddivide, di regola, in quattro movimenti. Il primo è un Allegro, il secondo un Lento, il terzo un Minuetto e l’ultimo una Sonata. È questa l’immagine che mi è nata seguendo il pellegrinaggio di papa Francesco nel martoriato Iraq, dal 5 all’8 marzo. Un viaggio che – da qui la motivazione dell’immagine musicale – non può essere disgiunto da altri due passaggi precedenti, che ne rafforzano il senso e lo rendono, oltre che davvero storico (come i commentatori hanno ripetuto continuamente), fondamentale per cogliere nel profondo il significato e le ragioni del pontificato di Bergoglio. Ma anche da un passo successivo, che ci chiama in causa tutti, facendoci uscire dalla comoda condizione di semplici spettatori di un grande e commovente evento.

Il primo – l’Allegro – è avvenuto il 4 febbraio 2019, nello scenario fiabesco degli Emirati Arabi Uniti, ad Abu Dhabi. Dove Francesco, che giocava, in gergo sportivo, fuori casa, e il grande imam (sunnita) di al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, hanno firmato insieme un documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, innovativo non solo sul piano del dialogo cristiano- islamico, ma anche nel proporre al pianeta intero la fratellanza fra tutti quale fattivo e praticabile criterio di convivenza. Chi ha introiettato, dall’11 settembre 2001, lo schema mentale dello scontro di civiltà, non ha potuto che trovarsi spiazzato, a fronte delle immagini, degli abbracci e delle parole di Abu Dhabi, che quel modello hanno reso obsoleto. Fino a superare persino la stessa metodologia del dialogo, per adottare quella, più impegnativa, della fraternità, termine strategico nell’esperienza di Francesco d’Assisi, che per primo chiamò i suoi compagni fratres.

Il secondo passaggio, un Lento, che necessita di tempo per essere introiettato a dovere: 3 ottobre 2020, il papa firma la sua terza enciclica, Fratelli tutti, sulla fraternità e l’amicizia sociale. Lo fa ad Assisi, sulla tomba del santo cui si ispira. La coraggiosa sfida che essa lancia è quella di tratteggiare un’inedita architettura del mondo e delle relazioni umane, con l’obiettivo di vincere l’inerzia cinica che nega qualsiasi possibilità di ordinamenti diversi rispetto a quello esistente. Tornando a sognare, come ripete a più riprese. Il terzo passaggio, qualche giorno fa, il Minuetto, l’abbiamo ancora negli occhi, insieme ai sorrisi dei bambini che attendevano l’arrivo di un uomo vestito di bianco e allo sguardo fisso di Al-Sistani, il leader sciita dei musulmani iracheni: un pellegrinaggio a mosaico che l’ha condotto – a dispetto di un incedere caracollante – fra città bibliche bagnate dal sangue di troppi martiri e rese macerie dalla coalizione multinazionale nella seconda Guerra del Golfo e poi dal Daesh, forte dell’unico ma straordinario tesoro rappresentato dalla nuda parola del Vangelo. A uomini e donne stanchi di guerra – cristiani di diverse confessioni, ma anche musulmani, yazidi, sabei – Bergoglio ha chiesto di imparare a fare due cose, solo apparentemente opposte: guardare il cielo, inebriandosi di bellezza ed elevando il capo al Dio della misericordia, e camminare sulla terra, uscendo dalle proprie più o meno solide certezze e aprendosi alle ragioni dell’altro riconosciuto come fratello. Il tutto, nel nome di una doppia paternità comune: il patriarca Abramo, il biblico e coranico padre di popoli, e lo stesso Dio, con qualsiasi nome si sia scelto di invocarlo. Ci sarà tempo di soffermarsi con calma sui discorsi papali, che nel loro complesso hanno definitivamente messo in soffitta ogni alibi a un presunto e inevitabile scontro di civiltà.

L’unico spazio aperto, ora, è quello del quarto movimento della sinfonia, la Sonata. Che sta a noi – come Francesco ha ripetuto otto volte nella sua riflessione a Ur dei Caldei – decidere come e se interpretare, con uno spartito giocoforza lasciato alla nostra capacità di farci travolgere dalla follia evangelica. Sta a noi, oggi, e a nessun altro.   

Saggista, esperto di dialogo ecumenico e interreligioso, Brunetto Salvarani insegna Teologia del Dialogo alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna  

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