Diaconato femminile /1. La gerarchia resta determinata a non ascoltare lo Spirito
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 45 del 27/12/2025
Il Documento finale del Sinodo sulla sinodalità (n. 60) afferma: «Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo». Tuttavia, le commissioni di studio sul diaconato femminile e l’approvazione da parte dell’attuale papa del rapporto dell’ultima commissione dicono il contrario.
Almeno il rapporto di questa seconda commissione, guidata dal cardinale Petrocchi, è onesto. Mostra che ci sono due punti di vista opposti, praticamente in parità (5 a 5). Per quanto riguarda gli argomenti a favore o contro la concessione del diaconato alle donne, alcuni lo sostengono perché è pienamente conforme alla fondamentale uguaglianza tra uomo e donna, attestata in molti passi della Sacra Scrittura, ma il rapporto fa riferimento a Gal 3,28: in Cristo Gesù, «non c’è più alcuna differenza tra uomo e donna». Però l’altro gruppo si oppone perché considera la mascolinità di Cristo non accidentale ma parte integrante della sua identità sacramentale.
Detto con parole più semplici, solo gli uomini possono rappresentare Cristo nell’esercizio dei ministeri ordinati proprio per questo, perché sono maschi. Inoltre, aggiungono che, se questa mascolinità non venisse mantenuta, il significato sponsale della salvezza verrebbe alterato. Questo gruppo dimentica che le metafore non possono essere prese come realtà; sono indicative. Se ci si appella alla mascolinità, si sta riconoscendo il sessismo nel piano della salvezza e questo è un affronto, un’esclusione, una violenza contro le donne – in breve, l’esatto opposto della fondamentale uguaglianza e inclusione di tutti e tutte, proprie del Regno di Dio annunciato da Gesù.
Il secondo punto rilevato dalla commissione riguarda la considerazione del diaconato per il ministero e non per il presbiterato, il che consentirebbe l’ordinazione delle donne. Tuttavia, il gruppo opposto sostiene che il diaconato è uno dei tre gradi dell’Ordine Sacro e, pertanto, concedere il diaconato alle donne aprirebbe immediatamente le porte al presbiterato e all’episcopato per le donne. Il numero di voti a favore o contro ciascuna posizione non è registrato, ma il timore clericale di perdere l’egemonia maschile nell’esercizio del ministero è chiaramente evidente.
Come «premio di consolazione» per le donne, la proposta chiede di «ampliare l’accesso delle donne ai ministeri istituiti per il servizio alla comunità». La cosa sorprendente è che, su dieci voti, uno era contrario. In altre parole, c’è qualcuno in questa commissione che non ha nemmeno preso in considerazione l’accesso delle donne ai ministeri laicali.
Nella relazione si afferma inoltre che «appare indispensabile, come condizione previa per successivi discernimenti, incentivare un rigoroso e allargato esame critico condotto sul versante del “diaconato in sè stesso”, cioè sulla sua “identità” sacramentale e sulla sua “missione” ecclesiale, chiarendo alcuni aspetti “strutturali” e pastorali che attualmente non risultano interamente definiti». I membri di questa commissione giustificano la loro posizione citando la necessità di continuare ad approfondire un argomento sul quale abbondano studi seri, fondati e inconfutabili.
È sorprendente considerare che le petizioni ricevute, pur essendo «numerose» e «abbondanti», non possano essere considerate come la voce del Sinodo, tanto meno dell’intero Popolo di Dio. In altre parole, la decisione di dieci persone in una commissione ha più peso di un materiale numeroso e abbondante e di un processo sinodale al quale innegabilmente è arrivata la petizione per la concessione dei ministeri ordinati alle donne.
Che vergogna! Che la Chiesa, che esige dalla società civile giustizia, equità, inclusione e uguaglianza, sia incapace di apportare al suo interno i cambiamenti necessari per renderli realtà, per quanto riguarda le donne. E che sproporzione! Il fatto di invocare la mascolinità di Gesù continua a essere un argomento valido per l’attuale coscienza teologica ed ecclesiale.
Il rapporto conclude affermando che «alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero della Chiesa», la valutazione data è «fondata», sebbene non consenta di esprimere oggi un giudizio definitivo, «come nel caso dell’ordinazione presbiterale». Quest’ultima frase ribadisce la loro certezza circa il rifiuto del ministero ordinato per le donne, una certezza che forse li ha portati a cancellare del tutto questa richiesta dal processo sinodale, come se non fosse stata una richiesta insistente avanzata al suo interno.
Nelle democrazie le maggioranze vincono e spesso queste maggioranze ritardano anche il progresso storico. Ma la Chiesa, che si vanta di non essere una democrazia e ha la missione di «ascoltare ciò che viene dallo Spirito», non sembra disposta ad ascoltarlo.
Consuelo Vélez è docente di Teologia presso alla Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro (Brasile), cofondatrice dell'Associazione colombiana delle donne teologhe e membro del Comitato teologico della Conferenza episcopale colombiana. L’articolo è stato pubblicato il 6.12.2025 nel Blog dell’autrice in “Religión Digital”. Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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